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Via da Spotify le canzoni di neil Young. Ma non è finita…

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AGI – “O me o Joe Rogan, non entrambi” questo è il bivio dinanzi al quale Neil Young ha piazzato Spotify. Joe Rogan è uno dei più ascoltati podcaster degli Stati Uniti, un paese dove i podcast già da anni hanno un’influenza particolarmente incisiva sul popolo, e negli ultimi due anni si è più volte espresso in maniera favorevole nei confronti del movimento No-Vax.

Ed è per questo che Neil Young, uno dei più importanti musicisti della storia del rock, ha deciso di prendere in ostaggio il proprio repertorio per combattere quella che, come ha scritto in una lettera al manager resa pubblica tramite i propri canali social (dai quali poi è stata eliminata), considera “disinformazione”.

Spotify ha presto spiegato al Wall Street Journal quanto sia dura mantenere l’equilibrio tra la sicurezza per gli ascoltatori e la libertà degli autori e che dall’inizio della pandemia ha già rimosso oltre 20mila episodi di podcast che raccontavano in maniera evidentemente distorta la crisi sanitaria in atto; certo che la situazione si fa più complessa quando ha prendere posizione è un influencer del calibro di Joe Rogan.

Al momento comunque sia “The Joe Rogan Experience” sia la discografia di Neil Young, restano a disposizione degli utenti di Spotify, ma resta significativo il fatto che il cantautore classe 1945 abbia ancora la volontà di prendere una posizione su temi di scottante attualità. Significativo, ma non una novità, nel corso della sua carriera infatti sono tante le battaglie che quello che è considerato il padrino del crunge e il precursore del punk ha intrapreso.

La partecipazione a Woodstock insieme con il mitico quartetto Crosby, Stills, Nash & Young doveva restare lì, su quella collina, incisa esclusivamente nella memoria dei presenti, infatti si rifiutò di essere ripreso. 

Con il gruppo Young incide il singolo “Ohio”, brano composto all’indomani del massacro alla Kent State University del 4 maggio 1970, e divenuto in seguito un classico degli inni antimilitaristi degli anni ‘60/’70.

Quell’anno incide “After the Gold Rush”, dentro il quale si trovano “Alabama” e “Southern Man”, due canzoni nelle quali Young critica ferocemente il razzismo ancora ai tempi ampiamente vivido negli stati del sud.

Alle accuse di Young rispondono per le rime i Lynyrd Skynyrd, forse la più importante delle band del sud degli Stati Uniti, con quello che sarà considerato per sempre un capolavoco, la road song per eccellenza: “Sweet Home Alabama”, cui un verso del testo recita “Spero che Neil Young lo ricordi, un uomo del sud non ha bisogno di lui”.

Point, Game, Set. Perfino lo stesso Young alza le braccia e nella sua autobiografia del 2013 intitolata “Il sogno di un Hippie” scrive: “La mia canzone Alabama si è largamente meritata la stoccata che mi diedero i Lynyrd Skynyrd con quel loro grande disco.

Quando la sento oggi, non mi piace il testo. È accusatorio e sussiegoso, non pienamente ponderato e troppo facile da fraintendere”.

Neil Young continua comunque per tutta la vita a vivere da libero pensatore e artista con l’attivismo nel sangue, nel 1981 sente la necessità di una totale libertà di sperimentare in musica, una cosa che suonava male alla sua etichetta, la Reprise, così decide di cambiare aria e di firmare per la Geffen Records e comincia a pubblicare dischi nei quali spazia dalla musica elettronica di “Trans” e “Landing on Water” a quelli rockabilly di “Everybody’s Rockin’” fino al country tipicamente nashvilliano di “Old Ways” al “Rhythm and Blues” di “This Note’s For You”; una sperimentazione forse troppo azzardata o forse troppo confusa o forse semplicemente troppo lunga, tant’è che Young viene abbandonato da pubblico e critica e la Geffen Records arrivò perfino ad intentare causa al musicista accusandolo di produrre volontariamente musica “non rappresentativa” della sua arte.

Nel 2006 torna a farsi sentire nell’arena politica grazie a “Living with War”, album che rappresenta un urlo rabbioso contro il presidente Bush, la sua politica e la guerra in Iraq. Ma non sarà l’ultima volta che attacca un inquilino della Casa Bianca, nel 2017 infatti pubblica “Promise Of The Real”, brano smaccatamente anti-trumpista.

Una vera passione quella del cantautore canadese (ma dal 2020 ha anche il passaporto a stelle e strisce) per la musica di impegno sociale, sul proprio sito si trova infatti la sezione “Songs of the Times” all’interno della quale pubblica brani di artisti di tutto il mondo che si oppongono alla guerra.

 

Source: agi


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