Nota a Cass. Civ., Sez. I, 29 dicembre 2023, n. 36404.
Massima redazionale
Nella specie, la Corte territoriale, pur riconoscendo il principio di omnicomprensività, aveva erroneamente ritenuto che la commissione prevista dal contratto di mutuo per l’anticipata estinzione del rapporto non fosse cumulabile con gli interessi corrispettivi ai fini del rispetto dei tassi soglia, vero, al contrario, che il predetto principio esige che il TAEG, al netto delle sole imposte e tasse, contempli tutti i costi legati all’erogazione del crediti originariamente pattuiti nel contratto a qualsiasi titolo, sicché anche la penale per l’anticipata estinzione del rapporto deve concorrere alla verifica del carattere usurario o meno di esso.
Il motivo non ha pregio. Come si è di recente affermato[1], con riferimento all’analogo problema che si era posto in ordine alla cumulabilità della commissione de qua con gli interessi moratori, il principio di omnicomprensività, in ragione del quale ai fini di stabilire se l’operazione risulti in linea o meno con i tassi soglia occorre avere riguardo alle “remunerazioni a qualsiasi titolo” (ex art. 644, comma 4, c.p.) o “a qualunque titolo” (ex art. 1, comma 1, D.L. n. 394/2000) previste dal regolamento pattizio – principio che ha consentito di affermare che anche la componente degli interessi moratori, pur se chiaramente distinta da quella degli interessi corrispettivi, concorre a determinare l’usurarietà dell’operazione[2] – deve correlarsi al principio di simmetria, di guisa che non sono accomunabili, nella comparazione necessaria alla verifica delle soglie usuraie, voci del costo del credito corrispondenti a distinte funzioni[3], come si è da tempo chiarito con riguardo alla cumulabilità tra interessi corrispettivi, che hanno una funzione remunerativa, ed interessi moratori, che, per converso, hanno una funzione di penale per l’inadempimento[4].
Deriva da ciò l’impossibilità di cumulare, ai fini in esame, la commissione di estinzione anticipata con gli interessi corrispettivi, atteso non solo, che, come bene ha detto la Corte d’Appello, vi è alternatività tra l’una e gli altri, postulando la prima l’estinzione del rapporto la cui continuità è invece presupposta dai secondi, ma perché è proprio la natura di penale per il recesso, che incarna la commissione di estinzione anticipata, ad escludere che essa possa computarsi ai fini della verifica di non usurarietà. «La commissione in parola», si legge esaustivamente nel precedente richiamato, «non è infatti collegata, se non indirettamente all’erogazione del credito, non rientrando tra i flussi di rimborso, maggiorato del correlativo corrispettivo o del costo di mora per il ritardo nella corresponsione di quello, sicché non si è di fronte, cioè, a “una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente” (arg. D.L. n. 185 del 2008, ex art. 2- bis, quale convertito), posto che, al contrario, si tratta del corrispettivo previsto per sciogliere gli impegni connessi a quella».
Fonte: Diritto del Risparmio