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Usura Criminale: Facciamoli arrestare. Non possono distruggere la vostra vita. Chiamate Confedercontribuenti 3701219988

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Fateli arrestare. Lo Stato non vi abbandona. La Confedercontribuenti è al vostro fianco. Non consentite di distruggere la Vostra vita e quella della vostra famiglia. CHIAMATE IL 3701219988. L’USURA SI COMBATTE E LE FORZE DELL’ORDINE SARANNO ACCANTO A VOI. Una diversa consapevolezza e un diverso approccio al fenomeno usuraio, da parte di tutti, permetterebbero di incidere positivamente in quei territori e in quei comparti economici devastati dalla crisi economica e dalla presenza della voracità criminale, e consentirebbero di ripristinare le condizioni ottimali di un sano sviluppo economico, libero da qualsiasi tipo di condizionamento sociale e criminale. Disoccupazione, fallimenti di imprese, perdita del potere di acquisto delle famiglie, crollo dei consumi e conseguente recessione economica sono i sintomi più evidenti con cui abbiamo quasi imparato a convivere quotidianamente. Ma anche una crescita delle attività criminose, soprattutto per quanto riguarda alcune fattispecie di reato.
Quest’ultimo aspetto, ovvero un legame forte tra crisi economica e criminalità, non è certamente una novità per gli studi sociali, e, il più delle volte, l’aumento dei fatti di reato vengono spiegati con una riduzione delle opportunità nel mercato del lavoro, e il conseguente allargamento dell’area della povertà, che spingerebbe molti alla commistione di un reato.
Lo conferma anche l’ultimo bilancio del Ministero dell’Interno del giugno scorso, che mostra un aumento soprattutto di furti (+15,5%) e scippi (+13%), in un quadro di aumento complessivo dei delitti pari all’1,3%. Affermare, però, sic et simpliciter, che si tratta dei tipici reati legati alla crisi economica, rappresenta solo una spiegazione parziale, che può giustificare solo i reati di tipo predatorio, come, appunto, i furti e le rapine, ma che può essere lacunosa per molti altri reati, soprattutto se questi hanno un particolare radicamento in alcune aree del Paese, e in particolare nel Sud Italia.
Ci riferiamo soprattutto al racket delle estorsioni e all’usura, da sempre esistenti soprattutto nel Mezzogiorno, ma che di fronte alla crisi economica hanno subito un’evoluzione sia quantitativa, sia qualitativa. E rappresentano, oggi più di ieri, un peso non più sopportabile per le imprese e per l’intero contesto economico del Paese. Criticità che colpiscono soprattutto la piccola impresa e il commercio, costretti a confrontarsi, oltre che con una perdita netta in termini economici, anche con la zavorra di ciò che definiamo le tasse delle mafie.
In particolare, i dati che registriamo periodicamente evidenziano un’accentuazione della pressione usuraia, mentre i fenomeni estorsivi continuano a ricattare pesantemente le attività economiche. Questi ultimi si manifestano in linea con un ruolo sempre più imprenditoriale delle mafie e con modalità diverse, come l’imposizione di merci e manufatti, di servizi, di manodopera, e soprattutto attraverso l’infiltrazione negli appalti pubblici. Anche dal punto di vista territoriale le nuove forme estorsive avanzano prepotentemente da sud vero nord, dove trovano terreno fertile nella corruzione del sistema economico e politico.
Inoltre, sempre a causa della crisi economica, lo Stato è stato costretto a ridurre drasticamente i propri costi, e la cosiddetta spending review, che dovrebbe migliorare l’efficienza e l’efficacia della macchina statale, di fatto ha portato a disincentivare le attività di prevenzione e repressione, dilatando i costi della giustizia, allungando i tempi dell’esercizio dell’azione penale, e provocando un clima di sfiducia nei confronti dell’azione di contrasto alla criminalità e alla corruzione da parte dello Stato. Anche di fronte agli importanti risultati raggiunti da Magistratura e Forze dell’Ordine, e testimoniati da una serie di arresti eccellenti e dal sequestro di beni per diverse centinaia di milioni di euro, non si può negare che le recenti inchieste rappresentano un duro colpo per la lotta al crimine nel suo insieme e per la ripresa economica del Paese.
Sempre sul fronte della situazione economica generale l’OECD (1), fa notare che il reddito medio in Italia ha subito una diminuzione di circa 2.400 euro rispetto al 2007, arrivando ad un livello di 16.200 euro por capite nel 2012. Si tratta di una delle riduzioni in termini reali più significative dell’Eurozona. Una riduzione che riflette il peggioramento delle condizioni nel mercato del lavoro per tutte le fasce di età, e per i giovani in particolare. Non a caso più di un quinto dell’aumento totale della disoccupazione nell’Eurozona è dovuta all’Italia (2).
Dati che trovano una conferma anche per nei Bollettini della Banca d’Italia che calcola, per il 2012, una diminuzione del valore della ricchezza netta complessiva rispetto all’anno precedente dello 0,6% a prezzi correnti; la flessione del valore delle attività reali (-3,5%), dovuta al calo dei prezzi delle abitazioni (-5,2%), che è stata solo in parte compensata da un aumento delle attività finanziarie (4,5%) e da una riduzione delle passività (-0,4%). In termini reali (utilizzando il deflatore dei consumi) la ricchezza netta si è ridotta del 2,9% rispetto al 2011. Dalla fine del 2007 la flessione a prezzi costanti è stata complessivamente pari al 9%. Secondo stime preliminari, nel primo semestre del 2013 la ricchezza netta delle famiglie italiane sarebbe ulteriormente diminuita, dell’1% in termini nominali rispetto allo scorso dicembre (3).
Crisi, disoccupazione e politiche di austerity hanno causato il crollo della spesa delle famiglie italiane – scrive la Confesercenti – nel solo biennio 2012-2013 i consumi di beni da parte delle famiglie italiane hanno subìto una contrazione di 28,5 miliardi. Un calo proseguito anche nel primo trimestre di quest’anno (-1,2 miliardi). Alla fine nel 2014 la spesa dovrebbe comunque tornare positiva, anche grazie al bonus fiscale di 80 euro a favore dei redditi dipendenti, che genererà più 3,1 miliardi di consumi nel 2014 e +5,1 nel 2015 (4).
Il 2013 è stato anche l’anno del boom di fallimenti che hanno toccato un nuovo record. Nei primi nove mesi dell’anno, infatti, secondo i dati forniti dal Cerved, la banca dati della società specializzata nell’analisi delle imprese e nella valutazione del rischio di credito sono stati quasi diecimila (esattamente 9.902) in aumento del 12% rispetto allo stesso periodo del 2012, mentre la crescita del solo terzo trimestre è del 9%. In crescita anche le aziende che hanno cessato la propria attività, giunte a più di un milione negli ultimi tre anni. 342.660 (2011), 355.570 (2012), 356.784 (2013), cui dobbiamo aggiungere i fallimenti. Inoltre, nel secondo trimestre del 2013 i dati relativi ai protesti offrono un quadro tra luci e ombre, con segnali solo parzialmente positivi che ancora non indicano una chiara svolta di tendenza nelle condizioni economico finanziarie delle società italiane, che rimangono difficili.
L’inasprimento del fisco e la crisi del mercato interno continuano a farsi sentire sui comparti del commercio e del turismo, diminuendo ricavi e redditi medi e accelerando l’emorragia di chiusure. Nei primi cinque mesi del 2014, secondo i dati dell’Osservatorio Confesercenti, in questi settori hanno cessato l’attività 53.037 imprese: nello stesso periodo, le nuove aperture nel commercio e nel turismo sono state solo 32.230, per un saldo finale negativo di -20.807 unità (5).
E, purtroppo, a questi numeri dobbiamo aggiungere anche il triste dato dei suicidi. Nel 2013 sono state complessivamente 149 le persone che si sono tolte la vita per motivazioni economiche, rispetto agli 89 casi registrati nel 2012, di cui il 40% solo nell’ultimo quadrimestre. E sono raddoppiati anche il numero dei tentati suicidi (86 contro i 48 casi registrati nel 2012). Un suicida su due è un imprenditore, ma cresce anche il numero delle vittime tra i disoccupati. Il numero dei suicidi per ragioni economiche è salito subito dopo i mesi estivi e
il fenomeno non conosce differenze geografiche. Alla base del drammatico gesto vi è, però, sempre la crisi economica, intesa sia come mancanza di denaro o come situazione debitoria insanabile, sia come incapacità lavorativa .

Usura: vittima tenta suicidio, 5 arresti a Messina
07:41 28 APR 2014 (AGI) – Messina, – La squadra mobile di Messina ha eseguito cinque misure cautelari nei confronti di altrettante persone accusate di estorsione e usura. L’indagine ha preso spunto dal tentativo di suicidio di un artigiano che era stato trovato privo di sensi a bordo della sua auto. Una volta ripresosi l’uomo raccontò agli agenti della squadra mobile di essere finito nella morsa degli usurai. Gli investigatori sono così risaliti agli strozzini che lo taglieggiavano.

Un giro di usura dietro il triplice omicidio avvenuto in Sardegna
Tempio Pausania, 18 mag. 2014 – (…) Il triplice omicidio avvenuto nel capoluogo Gallurese, è stato scoperto intorno alle 23.30 da un familiare che, allarmato per non aver ricevuto risposta alle diverse telefonate effettuate, si è recato nell’abitazione di Giovanni Maria Azzena, 50 anni, trovandolo morto insieme alla moglie, Giulia Zanzani, 48 anni e al figlio Pietro, dodicenne.
(…) Nel 2008 Giovanni Maria Azzena, esponente di una famiglia di commercianti molto nota a Tempio, fu arrestato per usura, insieme ad altre due persone. Tra le piste che stanno seguendo gli inquirenti, ci sarebbe anche quella legata all’usura.

Due brevi note di cronaca in cui non solo il suicidio, ma anche l’omicidio, possono avere come sfondo il dramma dell’usura.
Infatti, come abbiamo sempre sottolineato, l’usura e il credito illegale non sono fenomeni estranei o marginali allo stato di benessere del Paese.
Ogni volta che giornali, radio, televisioni e web ci rimandano notizie, dove Capi di Governo e autorevoli Ministri cercano affannosamente di trovare una soluzione che coniughi rigore e crescita, davanti ai nostri occhi vediamo scorrere le immagini più amare di ciò che abbiamo descritto con la razionalità e la freddezza dei numeri, e con le formule consumate della discrezione di un “fatto di nera”.
E così le razionali analisi che descrivono la depressione economica, la caduta della produzione, il calo dei consumi, i fallimenti, la diminuzione degli investimenti e del credito, la tassazione record sulle imprese e le famiglie, s’intrecciano con il numero dei suicidi per lavoro, di tanti operai e impiegati, ma soprattutto piccoli e medi imprenditori, con la violenza che può accompagnare l’usura, quasi sempre contro le vittime, qualche volta gli stessi aguzzini
Sono storie di uomini e donne strangolati dalla crisi, ignorati dalle banche, impoveriti per i ritardi dei pagamenti della PP. AA, soffocati dalle cartelle di Equitalia, su cui ancora nessuno ha tentato di comprendere i costi anche sociali, a fronte dei ricavi che si ottengono nella lotta all’evasione con simili metodi.
Le nostre analisi sulla crisi economica e le previsioni di quanto sarebbe accaduto, oggi trovano un’autorevole conferma negli studi della Banca d’Italia e, in particolare, nel Rapporto Annuale dell’Unità di Informazione Finanziaria, presentato il 9 luglio scorso, nel quale si afferma:
La pubblicazione e l’aggiornamento costante di alcuni schemi di comportamento anomalo già diffusi dalla UIF hanno accresciuto la consapevolezza in merito alla molteplicità e alla complessità di tali fenomeni illeciti e hanno contribuito a un maggior arricchimento quantitativo e qualitativo delle relative segnalazioni. Sono quasi raddoppiate rispetto al 2012 le segnalazioni riconducibili al fenomeno dell’usura (oltre 2.000), in connessione anche alla grave crisi economica e finanziaria di questi anni, che ha reso più permeabile il tessuto sociale ad infiltrazioni di tipo criminale. A tale ambito possono ricondursi anche molte delle segnalazioni relative ad attività di “compro-oro” o all’utilizzo di polizze pegno.
E’ la faccia amara della crisi, quella che vediamo nei cartelli vendesi di appartamenti di cui non si riesce più a pagare il mutuo, nelle fabbriche inesorabilmente chiuse che trascinano dietro di se alla chiusura di tutto l’indotto, fatto di piccole imprese, spesso a conduzione familiare, nell’aumento del lavoro nero, sottopagato e senza alcun riconoscimento di diritti o di norme di sicurezza, nel proliferare dei compro-oro. Su questo ultimo punto la UIF è ancora più precisa:
Le segnalazioni hanno messo in evidenza la possibilità che alcuni “compro-oro” contattino potenziali clienti, che sanno essere in possesso di polizze di prestito su pegno, per proporre loro di delegare il ritiro degli oggetti affidati in pegno a persone indicate dal “compro-oro” stesso. L’operazione, in caso di assenso, viene effettuata semplicemente con la consegna della polizza a fronte di una ricevuta. I “compro-oro” si rendono anche disponibili ad acquistare direttamente dal cliente, a un prezzo di norma più vantaggioso, l’oggetto disimpegnato detraendo dal prezzo corrisposto quanto inizialmente anticipato. Questa pratica, che si risolve in un vero e proprio commercio di polizze, per le sue caratteristiche può essere terreno fertile per attività illecite sottostanti, con possibili connessioni con pratiche usurarie.
E non è solo la compravendita di polizze di prestito su pegno a preoccupare. Dietro al boom dei compro-oro, +30% nel solo biennio 2010-2011, con forti concentrazione a Roma e Napoli, per un giro di affari di circa 2,1 miliardi di euro all’anno, si consumano diversi illeciti, dalla ricettazione al riciclaggio di denaro sporco, dall’usura all’estorsione. Un fenomeno commerciale altamente redditizio su cui si concentrano gli interessi della criminalità economica e mafiosa.
Vittima quasi predestinata dell’usura è l’impresa, soprattutto quella minore, ma senza l’esclusione di quelle di medie e grandi dimensioni, che sta pagando il prezzo più alto della crisi. Le conseguenze sono ristrettezza del credito, fallimenti, licenziamenti, disoccupazione e accumuli di debiti.
Nell’ultimo triennio, sono state oltre un milione le attività commerciali al dettaglio, della ristorazione e dei piccoli artigiani costrette a chiudere i battenti. Di queste un robusto 40% deve la sua cessazione all’aggravarsi di problemi finanziari, a un forte indebitamento, all’usura. Anche i tentativi di salvataggio della propria attività avvengono in un circuito di marginalità economica, su cui l’usura allunga le sue mani. Un terzo di questi, spostano la propria attività verso un altro settore commerciale e, in particolar modo, la ristorazione, considerata ancora la più remunerativa. E proprio in questi settori le aziende produttrici fungono da banca per i nuovi gestori. Un altro terzo, cambia la propria denominazione sociale e l’ultimo terzo chiude definitivamente la propria attività.
Il fenomeno colpisce in larga parte persone mature, intorno ai cinquant’anni, che hanno sempre operato nel commercio e che hanno oggettive difficoltà a riconvertirsi nel mercato del lavoro e, quindi, tentano di tutto per evitare il protesto di un assegno e il fallimento della loro attività.
Sovraindebitamento e usura, insomma, si è insinuata in tutti gli strati sociali, rendendo particolarmente rischiosa l’attività della piccola impresa commerciale al dettaglio, dell’artigianato di vicinato, dei ceti più poveri, ma anche di quei soggetti una volta ritenuti immuni da questa piaga. In queste aree, accanto all’usura strettamente intesa, emerge, infatti, un’area vasta di sovra-indebitamento che colpisce soprattutto le famiglie di medio reddito.
Un fenomeno preoccupante perché per molti può rappresentare l’anticamera del girone infernale del mercato clandestino del denaro, nel quale il prestito a strozzo è la sua componente patologica distruttiva di vite e di futuro.
Oggi è sufficiente una segnalazione di cattivo pagator
e per essere emarginato dal sistema del credito legale ed essere condannato nel girone dantesco dei senza diritti. In questa situazione vivono circa cinque milioni di italiani. Cittadini che non godono di accesso al credito legale, o peggio, ne sono stati espulsi. Eppure vivono, lavorano, consumano, incrementano un vorticoso giro di denaro fuori dai circuiti bancari e finanziari legali, un mercato a nero alimentato da contante che costituisce la grande città del sommerso.
Una società border line visibile e invisibile, che sfugge alla rilevazione statistica, ed ha una dimensione tipicamente illegale, ma anche una domestica di sopravvivenza, di tirare a campare.
Dentro questo quadro l’usura non è più una questione personale, tra un malcapitato che se l’è andata a cercare e un altro soggetto, moralmente discutibile, che si è reso disponibile a prestare, sebbene a tassi altissimi. L’usura non può essere considerato un contratto privatistico nel quale le Istituzioni intervengono solo nel caso di una degenerazione criminale, ma una questione sociale, dai costi altissimi.
L’usura moderna alimenta il sommerso, spinge milioni di cittadini verso la devianza e l’illegalità, è crocevia di altri reati economici e fiscali, dalle truffe al riciclaggio, è il grimaldello che consente alla criminalità organizzata di entrare nel mercato legale, di reinvestire nel territorio le sue enormi risorse, cambiando il volto economico e sociale delle nostre città. Per queste ragioni deve scattare un interesse generale a combattere l’usura, come uno dei più gravi fenomeni economici, sociali e criminali.
La repressione di questi reati è imprescindibile, ma rischia di apparire una fatica di Sisifo se viene a mancare l’attività di prevenzione, soprattutto in un Paese come il nostro caratterizzato da una presenza secolare delle mafie, e da un alto livello di corruzione e di evasione fiscale.
Per questi motivi, oltre al giusto plauso all’attività inquirente, appare non più rinviabile una profonda rivoluzione culturale, che porti ad una maggiore collaborazione e fiducia con le Forze dell’Ordine e la Magistratura, per vedere aumentare il numero delle denunce di un fenomeno che rimane, in modo preoccupante, sostanzialmente sommerso.
Una diversa consapevolezza e un diverso approccio al fenomeno usuraio da parte di tutti permetterebbero di incidere positivamente in quei territori e in quei comparti economici devastati dalla crisi e dalla presenza della voracità criminale, e consentirebbero di ripristinare le condizioni ottimali di un sano sviluppo economico, libero da qualsiasi tipo di condizionamento sociale e criminale.
Unirsi, fare gruppo, costellare il territorio di avamposti di legalità, prevenire, educare, convincere, testimoniare con i fatti che non c’è alternativa alla denuncia, malgrado tutto, senza se e senza ma. Per questo occorre un investimento politico del Governo che guardi agli imprenditori che hanno denunciato, per sostenerli nella fase della denuncia, nelle aule dei tribunali e nel reinserimento nella vita sociale e lavorativa.


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