Roma, 23 ott. – Dopo l’ingresso di un secondo convoglio di camion nella Striscia di Gaza, la Casa Bianca ha promesso un “flusso continuo” di aiuti umanitari. Ma intanto Israele, che continua a preparare l’operazione di terra, ha continuato a bombardare l’enclave assediata fino alle prime ore dell’alba. L’esercito israeliano, che si prepara dall’inizio del conflitto a lanciare un’offensiva per “annientare” Hamas, domenica ha intensificato i suoi attacchi contro la Striscia e le postazioni di Hezbollah in Libano. Secondo un portavoce sono stati uccisi “decine” di miliziani e colpite 320 postazioni di Hamas e Jihad Islamica. Il ministero della Sanità di Hamas sostiene che ci sono state vittime civili a Deir Al-Balah, Khan Younis e Rafah. Secondo al-Jazira, è stata “la più sanguinosa” notte di bombardamenti dal sanguinoso attacco di Hamas il 7 ottobre: i caccia israeliani hanno intensificato il livello e la portata dei raid, prendendo di mira diverse: uno degli attacchi è avvenuto nel campo profughi di Jabalia, un’area densamente popolata dove vivono più di 120 mila palestinesi. Bombardate anche le vicinanze degli ospedali di Al Shifa e Al Quds. Un bagno di sangue: secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, sono stati almeno 400 i morti nelle ultime 24 ore, con attacchi alle case dei civili senza alcun preavviso.
Mentre Israele continua a preparare, e rinviare, l’operazione di terra, la regione è in fermento. Gli Stati Uniti hanno aumentato la loro presenza militare in Medio Oriente (ora è la più consistente da quando formò la coalizione per combattere l’Isis nel 2014). Anche l’Iran sta attivando le sue milizie mentre Hezbollah continua a infastidire Israele al confine libanese. E cresce dunque il timore di un conflitto regionale. Il regime a Teheran, alleato di Hamas e Hezbollah, ha avvertito Washington e Israele che la situazione potrebbe andare fuori controllo se non “metteranno immediatamente fine ai crimini contro l’umanità e al genocidio a Gaza”. Il segretario alla Difesa americano, Lloyd Austin, ha reagito avvertendo qualsiasi “organizzazione” o “Paese” che potrebbe essere tentato di “espandere” il conflitto in Medio Oriente, sostenendo che gli Stati Uniti non esiterebbero ad “agire” se i loro interessi fossero presi di mira. La Cina si dice molto preoccupata dal rischio di un allargamento del conflitto e aggiunge che è pronta a fare “tutto il necessario” per promuovere il dialogo.
Quanto all’operazione di terra, i tempi rimangono incerti; ma secondo il New York Times, la Casa Bianca ha consigliato a Israele di ritardarla in modo da guadagnare più tempo per i negoziati sul rilascio dei 212 ostaggi.