Circa dieci anni fa, Timon Malloy si è trovato alle prese con un problema comune alle famiglie che cercano di crescere due figli a New York: il loro appartamento iniziava a sembrare troppo piccolo.
Molti newyorkesi, di fronte a un simile dilemma, se ne sono semplicemente andati verso lidi più economici. Malloy ha scelto una strada più lussuosa: ha comprato l’appartamento sotto il suo, ha fatto un buco nel pavimento, ha sistemato una scala e così ha ingrandito il suo appartamento nell’Upper West Side.
“Sono fortunato a potermelo permettere”, ha detto Malloy, 62 anni, che non a caso lavora nel settore immobiliare commerciale. La ristrutturazione è costata “milioni”, ma la sua nuova casa è “molto confortevole”.
L’evoluzione di una città viene spesso misurata osservando la crescita degli appartamenti di lusso o il crollo degli edifici più vecchi. Meno evidenti sono i cambiamenti che avvengono dietro le facciate e il modo in cui potrebbero influenzare una delle maggiori sfide della città: la carenza di alloggi.
Attraverso l’unione di appartamenti, come quella fatta da Malloy, e la conversioni di edifici con più unità in case unifamiliari, New York ha perso più di 100.000 appartamenti dal 1950. Una analisi del catasto cittadino fatta dal New York Times rivela che negli ultimi 73 anni il numero di appartamenti in città è cresciuto, ma il ritmo delle nuove costruzioni non ha tenuto il passo con la crescita della popolazione e della domanda.
Il tasso di ‘fusioni’ è aumentato negli anni ’90 quando la città è uscita dalla crisi economica. Il fenomeno ha riguardato soprattutto i quartieri più ricchi come l’Upper East Side e il West Village a Manhattan o Park Slope a Brooklyn, che secondo gli esperti immobiliari sono i quartieri ‘perfetti’, per il facile accesso ai trasporti pubblici e ai posti di lavoro. E sono anche quelli in cui sarebbe più logico avere a disposizione un maggior numero di alloggi.
In alcune strade, molti edifici costruiti un secolo o più fa come case unifamiliari sono state divise nel corso del 1900 in più unità, ma sono tornate a essere case unifamiliari. Nelle case a schiera sulla West 88th Street tra Amsterdam Avenue e Columbus Avenue, ci sono circa 173 unità. Secondo Brodheim, che è anche membro di Open New York, un’organizzazione no-profit che sostiene un maggiore sviluppo, negli anni ’50 e ’60 nella stessa strada c’erano più di 400 unità.
Talvolta le ‘riunificazioni’ sono state celebrate come un restauro, come nel caso della casa del Greenwich Village dove vive l’attrice Brooke Shields. Era stata divisa in otto appartamenti prima che lei la acquistasse e la restaurasse per trasformarla in una casa unifamiliare.
In un’intervista con il New York Times l’anno scorso, l’attrice ha detto di voler offrire alle sue figlie un’esperienza simile a quella che ha vissuto crescendo nell’Upper East Side.
“Volevo che i miei figli avessero quello che avevo avuto io: un senso di vicinato e lo spazio che è così difficile da trovare e così costoso a New York”, ha detto al Times.
Poi ci sono situazioni come quella al 12 East 72nd Street, che circa 20 anni fa aveva 23 appartamenti diversi. Nel 2002, Steve Croman, un imminbiliarista spesso criticato per il suo atteggiamento aggressivo nei confronti degli inquilini, acquistò l’edificio di sei piani per 5,5 milioni di dollari.
Nel corso di quattro anni, il signor Croman convinse alcuni inquilini ad andarsene, ne sfrattò altri e trasformò l’intero edificio in una casa unifamiliare per sé e i suoi figli. La storia operò non ha un lieto fine come quelal di Brooke Shields: Croman non si è goduto la sua magione perché è finito in prigione nel 2017 dopo essersi dichiarato colpevole di furto aggravato e altri reati. Uno dei suoi ex inquilini, Toby Thompson, uno degli ultimi ad andarsene, non piange la sorte toccata al suo ex padrone di casa: l’appartamento in cui ha vissuto per 13 anni era “l’appartamento dei sogni”, prima che Croman lo costringesse a lasciarlo. (AGI)