E’ una specie di “fronte popolare” alla francese ma in stile americano, riunisce progressisti, attivisti dei diritti civili, noprofit, ex repubblicani e gruppi d’opinione conservatori e liberali. L’obiettivo è unirsi e organizzare incontri pubblici per fermare il rischio che Donald Trump possa tornare alla Casa Bianca e instaurare, sostengono, un regime autoritario. Il New York Times spiega questo fenomeno in un lungo articolo in cui parla di “passi straordinari” intrapresi negli ultimi tempi per fermare l’avanzata della destra. A rischio, dicono, non c’è solo l’agenda democratica ma la stessa democrazia.
“Trump non rispetta la legge – spiega Joanna Lydgate, presidente di States United Democracy Center, organizzazione indipendente che lavora con entrambi i partiti – e sta mettendo alla prova i limiti del nostro sistema. Quello a cui stiamo assistendo è estremamente inquietante”. Mentre la Corte Suprema ha respinto un tentativo della destra di bloccare l’uso della pillola abortiva, i liberali temono che una nuova amministrazione Trump potrebbe reintrodurre restrizioni a livello nazionale, ribaltando l’indicazione dell’alta corte e bloccando la commercializzazione della pillola.
I governatori degli Stati liberal si stanno organizzando per fare scorta da utilizzare in futuro, nel caso dovesse esserci un blocco delle forniture.
Se dovesse tornare alla Casa Bianca, sostengono i suoi avversari, Trump imporrebbe cambiamenti radicali e dai toni autoritari, quelli che nelle ultime settimane sono diventati tema di dibattito sui social e che si rifanno al “Project 25”, un manifesto politico eleaborato da un think tank della destra, e che prevede epurazioni di massa tra i dipendenti federali “non fedeli” al tycoon, la messa al bando totale dell’aborto, le restrizioni dei diritti per la comunità lgbtq+ e deportazioni dei migranti illegali. Il dipartimento di Giustizia verrebbe usato come strumento in mano al potere per perseguire i “nemici”.
Ian Bassin, direttore esecutivo di Protect Democracy, sostiene che opporsi a un’agenda simile non dovrebbe essere visto come un tentativo di opposizione politica ma come strumento di difesa per fermare a una “deriva autocratica”. A questo “fronte popolare” all’americana hanno aderito organizzazioni moderate, di centro, non legate ai Democratici. Il portavoce di Trump, Steven Cheung, ha respinto le accuse e parlato di strumentalizzazioni politiche per bloccare la “legittima agenda” del tycoon. “Sono le azioni deviate di Joe Biden e dei suoi compari – ha commentato – a rappresentare una minaccia per la democrazia”.
All’inizio della scorsa settimana, rappresentanti di una cinquantina di organizzazioni in difesa dei diritti degli immigrati si sono riuniti in un hotel alle porte di Phoenix, in Arizona, per discutere delle conseguenze di una potenziale vittoria di Trump a novembre e in alcuni Stati progressisti si studiano i possibili ricorsi legali per fermare la temuta “caccia all’immigrato” promessa dal tycoon in caso di vittoria. Il prossimo mese il gruppo conservatore Principles First organizzerà una conferenza alla New York University incentrata sul rischio di svolta autoritaria. Al convegno verranno invitati docenti e attivisti. (AGI)
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