Nikki Haley ha superato per la prima volta Ron DeSantis nei sondaggi in Iowa e si candida a diventare la sfidante di Donald Trump, dominatore nei rilevamenti locali e nazionali sulle primarie repubblicane. Tra meno di quarantotto ore le indicazioni demoscopiche faranno posto ai dati reali: lunedì notte partirà ufficialmente negli Stati Uniti la stagione delle primarie per scegliere il candidato alle presidenziali 2024 in vista dell’Election Day in programma il 5 novembre. L’attenzione è concentrata soprattutto sui Repubblicani con i “caucus”, assemblee elettive a cui accedono gli iscritti al partito e che dagli analisti politici sono considerate “riunioni di quartiere”, per il loro numero circoscritto.
I “caucus” valgono anche per i Democratici, ma in questo caso si potrà votare, per posta, fino a marzo, scelta nata dal compromesso dopo la decisione del partito progressista di cambiare il calendario delle primarie. E’ stato inserito al primo posto il South Carolina, Stato in cui Joe Biden è forte, lasciando all’Iowa simbolicamente il suo primato, per non scontentare la base; si parla comunque sempre di “caucus”, cioè di assemblee circoscritte.
In altri Stati valgono le primarie classiche, a cui partecipano, a seconda dei regolamenti statali, tutti i potenziali elettori, o quelli iscritti alle liste di partito a cui si aggiungono gli indipendenti. Si tratta di un indicatore dell’umore più generale dell’elettorato. Il New Hampshire, per esempio, dove votano tutti e lo faranno il 23 gennaio, sarà ancora più indicativo, ma l’Iowa sarà il primo a esprimersi ufficialmente, per questo avrà tutta la visibilità nazionale. Centinaia di giornalisti e troupe televisive sono da giorni nello Stato per seguire il conto alla rovescia. Si voterà in una giornata polare – a Des Moines oggi la temperatura segna 16 gradi sotto zero – ma sarà molto importante, in chiave Repubblicana, perché lo Stato rappresenta quell’America rurale, religiosa e a prevalenza bianca che forma la base conservatrice. Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato dal Suffolk University Political Research Center, l’ex presidente Trump, sull’onda del sostegno degli evangelici, ha il 54 per cento dei consensi, ma alle spalle, in grande crescita, c’è l’ex ambasciatrice Usa all’Onu Haley con il 20 per cento, sette punti in più del governatore della Florida DeSantis, che sembra pagare il suo essere una copia sbiadita del tycoon. In Iowa gli iscritti si riuniranno alle 7, ora locale, corrispondente alle 2 di notte in Italia. Nel giro di un’ora gli iscritti daranno la loro indicazione di voto e si passerà subito al conteggio delle preferenze.
In Iowa chi ottiene più voti vince; verranno eletti i quaranta delegati che parteciperanno alla convention nazionale di partito, in programma dal 15 al 18 luglio a Milwaukee, nel Wisconsin, dove verrà proclamato il candidato repubblicano alle presidenziali. Trump appare nettamente favorito, ma se Haley dovesse confermarsi al secondo posto sarebbe un segnale negativo per DeSantis, che sull’Iowa ha puntato tutto per accendere la propria campagna elettorale. A conferma di quanto sia importante l’appuntamento basta un dato: un dollaro ogni due e mezzo – più di cento milioni di dollari su 258 milioni fin qui spesi – è stato investito dai candidati in spot di 30-60 secondi trasmessi su radio e tv in Iowa, da Des Moines a Cedar Rapids, ma soprattutto a Sioux City, comunità che si trova nella parte più conservatrice dell’Iowa e considerata area chiave per conoscere l’umore della base. Non sempre, però, chi ha vinto in Iowa ha ottenuto la candidatura e poi ha conquistato la Casa Bianca. Nel 2016 il senatore texano Ted Cruz vinse in Iowa ma perse la sfida con Trump. Quattro anni prima Rick Santorum fece lo stesso: venne eletto qui ma perse il duello con Mitt Romney. Nel 2008 Mike Huckabee batté Romney ma il nominato dal partito fu John McCain, che in Iowa era arrivato quarto. George W. Bush è un caso opposto: nel 2000 conquistò il voto di evangelici e moderati in questo Stato del Midwest, poi ottenne la nomination e infine andò alla Casa Bianca. Tra i Democratici l’ultimo a vincere nel 2020 è stato Pete Buttigieg, che poi ha finito per appoggiare Joe Biden e entrare nel suo governo da ministro. In precedenza, nel 2008, Barack Obama aveva battuto Hillary Clinton per un pugno di voti. Nel 2004 John Kerry aveva battuto John Edwards e conquistato la nomi