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Un'altra vita è possibile, in barca a vela

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AGI – In fondo, a un certo punto della vita, lo abbiamo sognato po’ tutti: mollare la scrivania, i capi, i colleghi, il traffico, lo stress, lo smart working che tanto smart non è, chiudere baracca, insomma, per andarsene in giro per il mondo, in fuga da ritmi sempre più asfissianti.

C’è chi ci è riuscito davvero, e pure sul mezzo che più simboleggia l’idea di libertà, una barca a vela, trasformandosi da impiegata della ditta di famiglia in una donna finalmente ‘Scalza, spettinata, abbronzata’ titolo del libro (Giulio Perrone editore) in cui Raffaella Marozzini, romana, neocinquantenne, racconta il suo mezzo giro del mondo interrotto dal Covid: cinque anni tra dalla Grecia a Australia, più di15mila miglia tra due oceani, atolli, delfini, mareggiate e incontri che nutrono l’anima condivisi con il suo compagno Giovanni, un collaudato amore a distanza Roma-Livorno uscito indenne da una prova che sarebbe stata complicata per chiunque, un avvio di convivenza sui 12 metri del loro Obiwan, omaggio all’Obi-Wan Kenobi il guerriero jedi di “Guerre Stellari”.

Vivere a contatto con il mare, era, fin dall’adolescenza e dall’imprinting di un corso di vela, l’obiettivo di Marozzini, assecondato con uscite in barca, un diploma da istruttrice e, quindi con un’attività di noleggio barche, tappa intermedia tra il lavoro ventennale nella ditta di famiglia e il giro del mondo. La sua svolta esistenziale la racconta così: “In sei mesi ho lasciato il lavoro in ufficio, ho svuotato e dato in affitto la mia casa, venduto macchina e scooter e mi sono trasferita a bordo da Giovanni, insegnante di yoga, che già ci viveva per più di metà dell’anno”.

Il libro, dedicato a velisti, appassionati di viaggi e a tutti quelli che sognano ad occhi aperti, è nato quasi come terapia letteraria all’astinenza da mare, scoppiata ferocemente quando il Covid ha interrotto il viaggio di Raffaella e Giovanni, a metà del loro giro del mondo: “A gennaio 2020 avevamo portato la barca a terra in Australia ed eravamo andati prima a Roma a visitare i parenti e quindi in Nuova Zelanda”. Erano lì quando i confini si sono chiusi, rendendo impossibile raggiungere l’Australia e rimettere a mare la barca: “Siamo rimasti bloccati per sei mesi in Nuova Zelanda, e una volta a corto di soldi abbiamo deciso di tornare in Italia”.

Ora lavorano su una barca altrui in Toscana, in attesa di riprendere il loro viaggio e la loro Obiwan, ormai casa, chiarisce, visto che le loro sono affittate, proprio per potersi permettere la nuova vita. Il libro è corredato da un Qr Code che porta a un video suddiviso in capitoli che seguono l’indice del libro, in modo che il lettore possa seguire la rotta vedendo anche foto e video dei luoghi raccontati. Tutti da sogno, dai Caraibi alle Galapagos, dalle Fiji alle isole Cook, e arricchiti da personaggi che nel tragitto casa-ufficio raramente si incontrano, o dei quali non ci accorge causa immersione nei propri smartphone.

Le immersioni, in mare e nelle vite degli altri, invece qui sono tante: “Quello che ci ha davvero colpiti nel nostro viaggio è stato soprattutto il rapporto con le persone” racconta Marozzini all’AGI. Su un atollo della Polinesia hanno conosciuto un uomo che, stile Tom Hanks in ‘Cast away’ vive da solo raccogliendo cocco, in un ristorantino di Capoverde  una signora dimessa con le sportine della spesa che una volta indossata la sua camicia porpora e afferrato il microfono si è trasformata in una wonder woman del canto. E poi ad Almerimar l’incontro con Carlo protagonista di quaranta traversate atlantiche e un giro del mondo in solitario, uno dei tanti italiani conosciuti per mare: ‘Quando abbiamo deciso di compiere il giro del mondo ci sentivamo fighi, pensavamo di fare qualcosa di unico ma ci siamo resi presto conto che le persone che affrontano questa scelta di vita sono tante e non è neanche un’impresa da supereroi: la maggior parte degli equipaggi è formata da coppie di coniugi anche parecchio avanti negli anni”.  Rare crisi di nostalgia di casa a parte  (“nel mezzo di una tempesta nel Pacifico ho rimpianto il divano cittadino”), un’altra vita, insomma, è possibile.

Source: agi


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