DI REDAZIONE
Uno studio del Censis e della Fondazione dei dottori commercialisti stima in 460 mila piccole imprese, pari alll’11% del totale, destinate alla chiusura per effetto dei provvedimenti restrittivi legati per l’emergenza sanitaria in atto, con diverse modalità da una regione all’altra, nel Paese.
La pandemia e la sospensione dei vincoli di stabilità europei stanno anche cambiando le regole del gioco tra imprese e pubblica amministrazioni, permettendo, almeno in un caso specifico, di risolvere un annoso problema.
Per evitare di mettere a rischio l’intero sistema economico con un numero spropositato di fallimenti di imprese, è stato approvato in fase di conversione del un emendamento inserito in fase di conversione in legge del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, che reca misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19, un importante emendamento.
La norma, inserita dalla Commissione affari costituzionali del Senato in sede referente, elimina l’obbligo di pagare tutti i debiti fiscali e contributivi per potere accedere al concordato preventivo o accordo di ristrutturazione dei debiti. Viene meno, in tal modo, il principale ostacolo che impediva l’accordo tra Pubblica Amministrazione e contribuente in difficoltà, che portava il più delle volte alla dichiarazione di fallimento.
Fino ad oggi il concordato preventivo ha richiesto un lungo e complesso iter, molto costoso per il contribuente. Alla fine della procedura, spesso, finivano per non venire soddisfatti né creditori privati né gli interlocutori pubblici.
Le imprese candidate al fallimento, cioè quelle che negli ultimi tre anni, avendo accumulato 500 mila euro di debiti e che non hanno raggiunto, anche per uno solo dei tre anni, 300 mila euro di attivo e 200 mila di ricavi, potranno adesso accedere al concordato preventivo, in continuità o liquidatorio, oppure all’accordo di ristrutturazione dei debiti, se dimostrano al giudice che questo conviene anche ai creditori. In pratica il fallimento potrà essere evitato
offrendo a tutti i creditori, compresi l’Agenzia delle entrate o l’Inps o l’INAIL, il soddisfacimento del 60, del 30 o anche del 20% dei loro crediti. I creditori,
pubblici o privati, solo in questo modo riusciranno a incassare almeno una quota del loro credito.
La modifica alla legge fallimentare può sembrare modesta, ma in realtà elimina un difetto di fondo della vecchia procedura che, fino a questo momento, ha impedito l’omologazione dei concordati in presenza di debiti, anche recenti e di lieve entità con il fisco o con l’Inps.
Con le nuove disposizioni, tranne che non si riscontrino comportamenti fraudolenti, sarà possibile consentire all’imprenditore di uscire dalle strette trovando nuovi soci disponibili a proseguire l’attività previa liquidazione dei debiti, oppure liquidando personalmente i beni aziendali o, in definitiva, cedendo in blocco l’azienda.