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Un museo ricorda i 20 mila ebrei salvati da Shanghai

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AGI – La salvezza dall’Olocausto nel cuore di Shanghai: la metropoli cinese rappresentò un porto sicuro per gli ebrei in fuga dalle persecuzioni naziste tra il 1933 e il 1941. In 20mila vi sbarcarono dalle città europee sotto il controllo del terzo Reich, sfuggendo ai campi di concentramento. 

Un museo da poco ristrutturato ricorda questa pagina poco nota della Seconda Guerra Mondiale, quando i rifugiati ebrei – che potevano entrare a Shanghai senza bisogno di visto come “rifugiati senza patria” – strinsero rapporti di amicizia e solidarietà con i cinesi, condividendo con loro le avversità della resistenza all’invasione giapponese.

Riaperto al pubblico a dicembre, il museo sorge a Tilanqiao, il quartiere del ghetto ebraico di Shanghai, sullo stesso terreno della sinagoga di Ohel Moshe, costruita nel 1927 dagli ebrei russi che abitavano nella città già prima dell’arrivo dei rifugiati europei: ampliato e arricchito di nuovi reperti, il museo presenta dalle sue pagine web una Shanghai che è stata “una moderna arca di Noè”, in cui ebrei e cinesi “si sono aiutati a vicenda nelle avversità e prevalendo insieme sulle difficoltà”.

Una metropoli moderna

Ad accogliere gli ebrei in fuga dal nazismo, prima dell’invasione giapponese, era una metropoli moderna e multiculturale, in cui i nuovi arrivati poterono ricostruirsi una vita come commercianti al dettaglio o gestori di caffetterie, oppure continuando, come nel caso dei medici, a svolgere le loro professioni.

La loro storia è raccontata alla Bbc da Dvir Bar-Gal, giornalista israeliano che ha studiato la storia degli ebrei rifugiatisi nella metropoli cinese per sfuggire ai campi di concentramento.
Gli ebrei arrivati a Shanghai “cercarono di mantenere uno stile di vita ebraico, mantenendo tradizioni come il teatro e la musica. Guadagnavano molto poco, ma Tilanqiao prosperava di vita ebraica negli anni Trenta”.

Il ruolo di alcuni di loro nella storia di quegli anni non è stato dimenticato dalla Cina. Jacob Rosenfeld, medico, aveva lasciato l’Austria nel 1939 per rifugiarsi a Shanghai: fu al fianco delle truppe comuniste contro i giapponesi, e si guadagnò medaglie e riconoscimenti come medico sul campo. Rosenfeld partecipò anche alla marcia su Pechino, e poche settimane dopo che Mao Zedong proclamò la nascita della Repubblica Popolare Cinese, nel novembre del 1949, rientrò in Austria, per ricongiungersi con i familiari scampati alla persecuzione nazista.

Un altro ricordo di quegli anni è quello di Jerry Moses, che a sei anni, nel 1941, fuggì con la famiglia dalla Germania e sbarcò a Shanghai. “Se non fossero stati così tolleranti, la nostra vita sarebbe stata orribile”, lo cita la Bbc.

“Se in Europa un ebreo scappava, doveva nascondersi; qui a Shanghai potevamo danzare, pregare e fare affari”.

L’arrivo degli invasori giapponesi

Le condizioni di vita si deteriorarono rapidamente con l’invasione della città da parte delle truppe giapponesi. Gli ebrei di Shanghai vennero confinati a Tilanqiao, e molti di loro condivisero la stessa sorte dei cinesi rinchiusi nel carcere locale. Più di 18mila hanno vissuto nel ghetto (18.578, secondo le ultime stime) negli anni Quaranta, ma il loro numero potrebbe superare quota ventimila.

 Tilanqiao, “da quartiere povero divenne estremamente povero”, prosegue Bar-Gal, segnato da condizioni igieniche precarie e dalla malnutrizione. “Molti non avevano lavoro e vivevano in case comuni con molti letti, e con bagni e cucine in comune. Nessuna privacy e quasi nulla da mangiare”. Agli ebrei era vietato lasciare il ghetto, anche per lavoro: potevano farlo solo dietro autorizzazione delle forze occupanti, che raramente veniva concessa.     

Gli ebrei di Shanghai, però, sfuggirono allo sterminio e in molti sopravvissero: non erano obiettivo primario dei giapponesi, e con il ritiro dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, poterono tornare in Europa o cercare una nuova vita altrove.

Oggi 4.000 ebrei in città

Oggi sono circa duemila gli ebrei che vivono a Shanghai. Il loro numero si è dimezzato dopo lo scoppio dell’epidemia di Covid-19: nessuno di questi, a quanto si sappia, è imparentato con i 20mila sfuggiti alla barbarie nazista, spiega ancora Bar-Gal, ma Tilanqiao è ancora oggi meta dei discendenti di coloro che in questa zona di Shanghai hanno trovato la salvezza dalle persecuzioni e dai campi di sterminio. 
 

Source: agi


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