AGI – “Mi ero ripromessa di non piangere ma quando siamo saliti sul palco, io, mio padre e mia sorella, mi sono accorta che loro piangevano tutti e non ce l’ho fatta a trattenermi quando mi hanno consegnato l’assegno da 40mila euro”. “Loro” sono i colleghi della mamma commercialista di Giorgia Cassata, 21 anni, morta un mese fa “lavorando fino alla fine, giorno e notte, con 10 ore di flebo al giorno, per completare gli adempimenti fiscali dei suoi clienti” e che sui social raccontava di “usare la carta igienica dell’ospedale per fare le liquidazioni”.
Giorgia è diventata il simbolo della lotta del Centro Fiscal Focus perché venga approvata una legge in esame che consenta ai commercialisti e ai consulenti del lavoro di posticipare le scadenze dei propri clienti in caso di malattia, infortunio o decesso.
I colleghi della signora Anna Imbrucé, 53 anni, sfiancata da un tumore che dalla diagnosi le ha lasciato pochi mesi di vita, hanno messo insieme 40 mila euro che la ragazza, assieme ai familiari, si è vista consegnare sotto forma di un assegno ‘gigante’ a Pianopoli, in provincia di Catanzaro, nella regione dove ha sede il Centro Fiscal Focus. “Quando siamo arrivati da Palermo – racconta all’AGI – ci siamo guardati negli occhi, pieni di tristezza: era la prima volta che uscivamo dalla nostra città senza di lei. Però poi ho visto dal palco la commozione dei suoi colleghi e ho pensato che c’era una luce nel buio in cui ero precipitata”. Antonio Gigliotti, direttore di Fiscal Focus, è andato oltre l’assegno invitando Giorgia a terminare gli studi alla facoltà di Economia, abbandonati per assistere la mamma, e promettendolo poi di farla entrare nel suo staff. “Dopo Natale ho promesso che mi rimetterò sui libri” assicura.
“Quando a febbraio 2021 è stato diagnosticato un tumore al colon con metastasi al fegato a mia mamma – ricorda la ragazza – c’è crollato il mondo addosso ma lei, subito dopo essere stata operata, ha voluto portato in ospedale il pc per non mancare alle scadenze fiscali dei clienti e, durante il ricovero di un mese e le sue chemioterapie, invece di riposarsi e curarsi continuava con l’attività perché sapeva che nessuno l’avrebbe tutelata. Soprattutto nella sua ultima settimana mia madre non ha mollato neanche un secondo anche quando aveva la flebo al braccio, con continue videochiamate era in contatto con lo studio”.
“La storia di Anna Imbrucé è emblematica – considera Gigliotti -. A volte quello che non capiscono altri lavoratori è che se si fa male un barista, per esempio, non alza la saracinesca e finisce lì ma se si ammala un professionista non soltanto non lavora lui ma mette in difficoltà anche a livello sanzionatorio i suoi clienti. Per questo chiediamo la possibilità di sospendere gli adempimenti durante il periodo di malattia. Non è che chiediamo dei soldi allo Stato, solo la possibilità di potersi curare come chiunque. La prossima settimana, siccome è stato inserito un emendamento in questo senso nella bozza di bilancio, scriveremo a tutti i membri della Commissione bilancio spiegando quello che abbiamo fatto”.
Tante le testimonianze raccolte dal Centro tra cui i casi di professionisti che hanno dovuto lavorare col coronavirus anche in condizioni estreme. “Ho avuto il Covid da novembre fino a marzo, ma ho sempre lavorato anche con la bombola dell’ossigeno a bordo del letto”; “Tutto lo studio col Covid e abbiamo lavorato lo stesso. Mio fratello si è fatto la malattia in studio dormendo su una brandina per portare avanti quello che non si poteva fare a distanza”. “Appena la febbre scendeva pc sul letto e lavoro senza tregua”.
Source: agi