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Ue: cento giorni a voto, sfida maggioranza futuro

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Mancano cento giorni alle elezioni europee del 6-9 giugno. Una sfida elettorale con un peso ben più importante rispetto al passato. Con un’Europa che si trova in mezzo a due guerre e con lo spettro del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. La sfida si giocherà sulla formazione della nuova maggioranza che guiderà il Parlamento europeo e che dovrà approvare la futura Commissione. Il Partito popolare europeo, principale forza politica all’emiciclo vuole dettare le carte. E la prima carta è quella di Ursula von der Leyen come Spitzenkandidat per il secondo mandato alla guida dell’esecutivo europeo. La maggioranza di partenza è quella già consolidata con i liberali e i socialisti. Ma sarà tutt’altro che semplice, facendo i conti con i sondaggi e l’esperienza di cinque anni fa (quando von der Leyen ottenne la fiducia per soli nove voti). Ed era un Parlamento con una destra – e un’estrema destra – più marginali rispetto a quelle che probabilmente le urne di giugno consegneranno. “Il nostro candidato alla presidenza della Commissione è Nicolas Schmit. Ma se il Partito popolare dovesse arrivare primo, il nostro sostegno a von der Leyen sarà basato sui progetti. Vediamo quanto sarà green. Perché la von der Leyen del Green deal della Commissione non è la stessa von der Leyen del Ppe”, ha chiarito Pedro Marques, vice presidente del Gruppo dei socialisti (S&d).
Dall’altra parte, i popolari ben consapevoli del clima all’interno della maggioranza attuale, guardano anche più a destra. E’ esclusa un’alleanza ufficiale con il gruppo dei conservatori dell’Ecr (quella con Id è impossibile da considerare). La strategia è però di attirare quante più delegazioni possibile verso il Ppe, strappandole proprio all’Ecr. “Quel gruppo vive pesanti lotte interne, in particolare dopo l’ipotesi dell’ingresso di Viktor Orban. Ad esempio le delegazioni di Svezia, Finlandia e Repubblica Ceca se ne andrebbero”, aveva spiegato il presidente del Ppe, Manfred Weber. Il grande obiettivo sarebbe però ottenere il sostegno di Fratelli d’Italia, che sarà la prima delegazione del Gruppo e con cui il Ppe già dialoga apertamente.
Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, interrogato in merito – nel corso della presentazione del libro di Enrico Giovannini – non ha escluso che effettivamente le delegazioni che esprimono un premier (quindi anche Fratelli d’Italia) possano sostenere von der Leyen, come fecero la scorsa volta Movimento cinque stelle (era il Governo Conte I) e il Pis polacco di Mateusz Morawiecki. Sostenere la presidente della Commissione vuol dire avere più campo nelle politiche di legislazione. In tutto questo i Verdi restano in sospeso. Non è difficile prevedere che dopo l’exploit del 2019 i risultati saranno più deludenti. Secondo i sondaggi è il gruppo che perderà più delegati. Ma dal Ppe viene criticata soprattutto la poca affidabilità. Specie dopo il rifiuto a sostenere – due anni fa – la popolare maltese, Roberta Metsola, alla presidenza dell’emiciclo.
I nodi sono tanti. E verranno al pettine dopo il 9 giugno. Ci sarà un mese per costituire i nuovi gruppi. La prima plenaria si terrà il 16-19 luglio e in questa verrà votato il nuovo presidente del Parlamento europeo. Nel frattempo a giugno si terranno anche due vertici dei capi di Stato e di Governo per riempire le caselle della presidenza della Commissione e dell’Alto rappresentante per la Politica estera. Se von der Leyen dovesse andare alla prima, alla seconda probabilmente ci sarà un liberale. E i socialisti potranno ottenere la presidenza del Consiglio europeo.
Il voto di approvazione della nuova Commissione si terrà nella plenaria del 16-19 settembre. Tra ottobre e novembre ci saranno invece le audizioni della nuova squadra di commissari. Da dicembre dovrebbe entrare in vigore il nuovo esecutivo. (AGI)

BRA