AGI – Si è concluso a Roma il terzo round dei colloqui di pace del Sud Sudan, mediati dalla Comunità di Sant’Egidio, con la firma di un nuovo accordo di cessate il fuoco e l’adesione a una Dichiarazione di principi politica in vista delle prossime tappe del lungo negoziato tra il governo di unità nazionale di Juba e il fronte delle opposizioni riunite nell’Alleanza dei movimenti di opposizione del Sud Sudan (Ssoma). Questa è l’ultima tappa di un lungo cammino di pace iniziato oltre 3 anni fa.
Il 9 luglio 2011, a seguito di un referendum passato con il 98,83%, il Sud Sudan accede all’indipendenza dal Nord Sudan, diventando anche Paese membro delle Nazioni Unite, dell’Unione africana e dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad). Il Sud Sudan, Stato più giovane al mondo, è anche uno dei Paesi maggiormente frammentati dell’Africa centrale e comprende piu’ di 60 gruppi etnici che seguono diverse religioni locali.
Nel dicembre del 2013 scoppia un conflitto etnico tra alcuni militari fedeli al presidente Salva Kiir Mayardit, di etnia dinka, e quelli legati all’ex vicepresidente Riek Machar, di etnia nuer, accusati di preparare un colpo di Stato. I due leader, in lotta per la guida politica del neo Stato indipendente, erano già in disaccordo durante la guerra per l’indipendenza dal Sudan in merito al controllo del governo e del loro partito, il Movimento per la liberazione del popolo sudanese (Splm).
Il 5 Agosto 2018 Kiir e Machar firmano un cessate il fuoco e concludono un accordo per la condivisione del potere. Tuttavia, il 28 agosto, Machar e i capi di altri gruppi ribelli si rifiutano di firmare l’ultima parte dell’accordo, asserendo che le dispute sulla divisione del potere e sull’adozione di una nuova Costituzione non sono state gestite in modo efficiente.
Il 12 settembre 2018, dopo 15 mesi di negoziati con le mediazioni di Etiopia, Sudan, Uganda e Kenya, viene finalmente siglato l’Accordo di Pace di Addis Abeba tra Kiir e Machar, ma in pratica non viene attuato: continuano violenze e violazioni dei diritti umani sulla popolazione. L’accordo in questione prevede che Machar ricopra nuovamente il ruolo di vice-presidente, ma di fatto non risolve le cause profonde dei conflitti nel Sud Sudan, a cominciare dal modello di “condivisione del potere” che incoraggia le parti a contrattare posti e percentuali di potere, invece di lavorare per il bene del Paese. Inoltre alcune parti firmatarie dell’accordo affermano di non essere state consultate in merito per cui non si sentono vincolate a rispettarlo mentre alcuni gruppi non hanno proprio aderito.
Il 12 Gennaio 2020, presso la Comunità di Sant’Egidio viene firmata la “Dichiarazione di Roma”, alla quale aderiscono anche i gruppi dell’opposizione che erano rimasti fuori dagli accordi di Addis Abeba del 2018, riunendo per la prima volta tutte le parti politiche del Paese. Insieme siglano un accordo di cessate il fuoco e nel meccanismo di verifica del cessate il fuoco in Sud Sudan vengono inseriti tutti i movimenti di opposizione senza esclusione. L’accordo di pace siglato a Sant’Egidio di fatto pone fine al conflitto etnico e politico che potrebbe aver causato fino a 400 mila vittime – molte fonti confermano 50 mila morti – e tra 2 e 4 milioni di rifugiati. Su 12 milioni di abitanti rimasti, più della meta’ sopravvive grazie agli aiuti internazionali.
Il 15 Febbraio 2020, a seguito della “Dichiarazione di Roma”, sempre a Sant’Egidio si tiene il primo round negoziale. Alle trattative partecipano una cinquantina di delegati in rappresentanza del governo del Sud Sudan, di tutte le forze politiche dell’opposizione (SSOMA, SPLM/IO, NDM, OPP, FDS) e di alcuni osservatori internazionali, tra cui l’Igad, le Nazioni Unite e l’Unione Europea. L’incontro sancisce l’ingresso del SSOMA – sigla che riunisce tutti i movimenti di opposizione che non hanno aderito all’accordo di pace di Addis Abeba del settembre 2018 – nel meccanismo di verifica e monitoraggio del cessate il fuoco.
Il 21 Febbraio 2020, una delegazione di Sant’Egidio si reca in Sud Sudan per la firma dell’Accordo politico di Juba, frutto dell’intesa tra il presidente Kiir e il leader dell’opposizione Machar, aprendo la strada alla formazione di un governo di unita’ nazionale, lungamente atteso. Il documento, risultato di un lungo lavoro di mediazione tra le parti, si basa su tre cardini:
La Dichiarazione viene firmata dai membri della delegazione del governo centrale del Sud Sudan, dai rappresentanti dei Movimenti di opposizione sud sudanesi che non hanno aderito all’accordo di pace rivitalizzato del 2018 ad Addis Abeba (Ssoma) e da quelli delle opposizioni firmatarie dell’accordo.
Tra marzo ed agosto 2020 si verificano più violazioni del cessate il fuoco e rinnovate violenze, in particolare nella storica provincia dell’Equatoria. A complicare le annose rivalita’ e tensioni tra comunita’, la pandemia di Covid-19 che rende pressoche’ impossibile la consegna di aiuti umanitari internazionali oltre a devastanti alluvioni che nella regione del Grande Nilo Superiore, per il secondo anno consecutivo, aggravano l’insicurezza alimentare di almeno 1 milione di persone.
9-12 Ottobre 2020 a Roma, con la mediazione della Comunità di Sant’Egidio si svolgono i colloqui di pace che portano alla firma di un nuovo cessate il fuoco e alla stesura di una Dichiarazione di principi politica per affrontare nei prossimi round i nodi della crisi. Dal 9 al 12 Novembre sono in agenda incontri tra i vari capi militari sud sudanesi parte del meccanismo di verifica del cessate il fuoco. I negoziati politici dovrebbero invece riprendere il 30 novembre, pandemia permettendo.
Vedi: Tutte le tappe del lungo cammino verso la pace in Sud Sudan
Fonte: estero agi