“Chi vince a Istanbul vince in Turchia”: la frase che per anni è stata tra le preferite del presidente turco Recep Tayyip Erdogan descrive bene il clima in vista delle elezioni comunali previste oggi in Turchia.
L’appuntamento arriva a 10 mesi esatti dalla vittoria alle presidenziali di Erdogan. E il leader turco, seppur riconfermato alla guida del Paese, ha smesso di ripetere la sopra citata frase dal 2019, quando, dopo 25 anni, il partito conservatore Akp da lui stesso guidato ha perso la metropoli sul Bosforo, finita in mano al candidato Ekrem Imamoglu, rappresentante del partito repubblicano Chp. Cinque anni fa, un po’ a sorpresa e grazie ai voti del partito filo curdo Hdp, Imamoglu si impose sul poco carismatico candidato scelto da Erdogan, il fedelissimo Binali Yildirim, vincendo per poco più di 10 mila voti in una città in cui i votanti sono circa 11.5 milioni. Un risultato che fini’ nel mirino dell’Akp, al punto che il partito di Erdogan ando’ in pressing sull’Authority turca che controlla e certifica i risultati e riusci’ a ottenere la ripetizione delle elezioni. Ma la mossa si rivelo’ un boomerang per il leader turco: il candidato dell’Akp Yildirim fini’ sconfitto nella ripetizione e non per diecimila, ma per quasi un milione di voti. Un episodio che dimostra quanto il momento elettorale sia vissuto con trasporto e partecipazione in un Paese in cui l’affluenza e’ costantemente sopra il 90%, ma che allo stesso tempo ha lanciato il vincente Imamoglu di diritto nel novero dei papabili alla presidenza turca. Condannato a due anni e mezzo per concussione a novembre del 2022, su Imamoglu sarebbe calata la scure dell’interdizione dai pubblici uffici se la sentenza fosse passata in giudicato. Circostanza che non si è verificata, ma Imamoglu lo scorso anno non ha potuto sfidare Erdogan alla presidenza comunque, osteggiato dall’allora segretario e poi candidato (sconfitto) Kemal Kilicdaroglu. E’ tuttavia innegabile che se Imamoglu dovesse rivincere domani rilancerebbe con prepotenza la propria candidatura a guidare la Turchia nelle prossime presidenziali. La poltrona di primo cittadino di Istanbul è il trampolino naturale per guidare il Paese. Lo sa bene Erdogan, che proprio da sindaco negli anni ’90 pose le basi per un’ascesa che lo ha visto diventare premier e poi presidente. Il salto dalla metropoli sul Bosforo alla presidenza turca trova riscontro anche nei numeri di una città’ che, con 16 milioni di abitanti conta più’ abitanti di 20 dei 27 Stati dell’Unione Europea.
Dopo aver fallito nel tentativo di bloccare l’ascesa di Imamoglu con la ripetizione delle elezioni e con una condanna, Erdogan ci riprova ora con un candidato che lui stesso ha scelto: l’ex ministro dell’ambiente Murat Kurum. Anche lui fedelissimo del presidente, è uno dei rappresentanti più in vista della seconda generazione del partito, che pero’ sembra non avere il carisma e la capacita’ di conquistare il pubblico. Nato nel 1976 nella capitale Ankara, laureato in ingegneria edile, è stato a capo dell’azienda edilizia statale Toki, uno dei pilastri del potere di Erdogan. Ma come candidato non sembra aver scaldato i cuori degli elettori. I comizi non hanno fatto il pienone e nonostante la vittoria di Erdogan di appena 10 mesi fa i sondaggi mostrano grande equilibrio tra Kurum e Imamoglu, con un leggero ma significativo vantaggio per il sindaco uscente. La scelta di Kurum è stata dettata sia dalla scarsità’ di ‘delfini’ capaci di ripercorrere il percorso di Erdogan o di replicarne carisma e leadership, ma anche dalla paura che affligge Istanbul per un terremoto superiore al grado 7 che numerosi esperti indicano come imminente e inevitabile. Il candidato di Erdogan per anni è stato infatti il responsabile di programmi di rinnovamento edilizio nelle due più grandi città della Turchia; programmi mirati alla sostituzione di vecchi edifici con case costruite secondo i parametri antisismici previsti dopo il terremoto del 1999. Basterà a frenare l’ascesa di Imamoglu, attualmente sindaco di (almeno) 16 milioni di persone e, in un certo senso, già una sorta di capo di Stato, considerate le dimensioni della città? I sondaggi mostrano un grande equilibrio con Kurum, e anche il comizio con Erdogan di una settimana fa non passera’ alla storia per partecipazione popolare. Al contrario Imamoglu con carisma e passione ha continuato a rivendicare i risultati ottenuti negli ultimi 5 anni e a puntare sull’ostinazione mostrata contro accuse e procedimenti giudiziari apparsi da subito motivati politicamente.
A rendere la corsa a Istanbul ancora più intrigante è l’annuncio fatto da Erdogan poche settimane fa, con cui ha definito il proprio percorso politico alla fine. Parole che è difficile prendere per oro colato, anche se in base alla Costituzione vigente il leader turco, che ora ha 70 anni, non avrebbe la possibilità di correre per la presidenza nel 2028. Tuttavia la dichiarazione di Erdogan spalanca le porte a scenari legati alla successione su cui si addensano al momento solo punti interrogativi.
Le elezioni di domani sono destinate a dissipare alcuni dubbi e incertezze sul futuro di un Paese di 85 milioni di abitanti, che può contare sul secondo esercito all’interno della Nato, da sempre ponte tra Europa e Oriente e negli ultimi anni protagonista sul piano internazionale. Se a Istanbul vince Kurum quelli di fronte saranno anni in cui l’Akp di Erdogan rafforzerà ulteriormente la propria posizione, il controllo su politica economica e società e punterà a preparare il terreno a un futuro comunque firmato Akp. Al contrario una riconferma di Imamoglu a sindaco di Istanbul spianerebbe la strada a un sistema più pluralistico, ma anche a una candidatura alla presidenza che a questo punto diverrebbe inevitabile. Se Imamoglu dovesse vincere nel 2028 la corsa alla presidenza partirebbe da uno scenario completamente diverso rispetto allo scorso anno: questa volta infatti sarebbe l’Akp del presidente a dover cercare un candidato, mentre Imamoglu sarebbe il leader naturale dell’opposizione. Uno scenario che vedrebbe l’attuale sindaco di Istanbul strafavorito a guidare il Paese, soprattutto se Erdogan dovesse davvero dar seguito alle proprie parole e ritirarsi dalla scena politica. (AGI)
TUY/RED