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Terzo condono edilizio col silenzio-assenso

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Perché possa formarsi il silenzio-assenso su un’istanza di condono edilizio, il termine di ventiquattro mesi decorre dalla presentazione della medesima domanda, a condizione che la stessa risulti completa in ogni sua parte, ma è necesario anche che la domanda di sanatoria presentata possegga i requisiti soggettivi e oggettivi per essere accolta.
Il terzo condono edilizio (DL 269/2003) è assolutamente quello più gettonato, essendo l’ultimo dei tre (gli altri due risalgono al 1985 e al 1994) previsti dalla normativa italiana, che consentono di regolarizzare specifiche opere abusive completate entro una determinata data, e che si distingue – sempre meglio ricordarlo – dalla sanatoria ordinaria, ex art.36 del Testo Unico Edilizia, che prevde l’accertamento di conformità (cioè la doppia conformità urbanistica).
Stavolta, con la sentenza 1991/2024 del TAR Lazio, ci imbattiamo nel ricorso di un privato che aveva presentato un’istanza di condono per la realizzazione di un manufatto ad uso di deposito agricolo, della superficie utile non residenziale di 17 metri quadrati e del volume di 53 metri cubi, e che sosteneva si fosse formato il silenzio-assenso, cioè la non risposta del comune entro una determinata data che, per certi tipi di procedimento, fa scattare automaticamente l’accettazione di un’istanza amministrativa.
Secondo la ricorrente:
in seguito della propria istanza di condono presentata l’11 febbraio 2004, si sarebbe perfezionato il silenzio-assenso dell’amministrazione comunale (non avendo quest’ultima adottato alcun provvedimento espresso entro i termini di legge), con conseguente illegittimità del successivo diniego di condono qui impugnato;
la disciplina condonistica applicabile al caso di specie (DL 269/2003) renderebbe possibile la sanatoria anche delle nuove costruzioni a destinazione non residenziale, quale quello oggetto di causa (consistente in un manufatto agricolo).
Terzo condono edilizio: si applica solo per le nuove costruzioni a destinazione residenziale
Purtroppo per il ricorrente, non ci sono le condizioni perché le sue rimostranze siano accolte.
Prima di tutto, il TAR ricorda i paletti fissati dall’art. 32, comma 25, del DL 269/2003 convertito in legge n. 326/2003, il quale dispone che «Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi».
Quindi, come precisato dalla giurisprudenza amministrativa, il Terzo condono edilizio si applica unicamente in presenza di nuove costruzioni che abbiano destinazione residenziale, non essendo ammissibile, tra l’altro, in presenza di una normativa eccezionale, postulare una sua interpretazione analogica (cfr. Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 12 dicembre 2012, n. 6381).
Il TAR reputa di non doversi discostare da tale approdo ermeneutico, rispettoso della lettera legislativa che riferisce la norma condonistica – e dunque di carattere eccezionale – alle «nuove costruzioni residenziali», escludendo per tal via, a contrario, le nuove costruzioni non residenziali come quella a carattere agricolo pacificamente realizzata dalla ricorrente.

Condono edilizio: le prove sull’epoca di realizzazione dell’abuso sono a carico del richiedente
L’onere di provare l’esistenza dei presupposti per il rilascio del provvedimento di sanatoria straordinaria – condono edilizio, tra cui, in primis, la data dell’abuso grava sul richiedente. Ecco perchè.
Condono edilizio per silenzio-assenso: ecco quando
In merito alla questione del silenzio-assenso, il TAR osserva come, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza amministrativa, perché possa formarsi il silenzio-assenso su un’istanza di condono edilizio, il termine di ventiquattro mesi decorre dalla presentazione della medesima domanda, a condizione che la stessa risulti completa in ogni sua parte (Consiglio di Stato, sez. VI, 15 marzo 2022, n. 1813).
Inoltre, il titolo abilitativo tacito può formarsi per effetto del silenzio-assenso soltanto se la domanda di sanatoria presentata possegga i requisiti soggettivi e oggettivi per essere accolta, in quanto la mancanza di taluno di questi impedisce in radice che possa avviarsi il procedimento di sanatoria, in cui il decorso del tempo è mero co-elemento costitutivo della fattispecie autorizzativa (cfr.: Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3661).
Nel caso di specie, come visto sopra, la domanda di sanatoria presentata dalla ricorrente in data 11 febbraio 2004 è priva di uno dei presupposti legali per il rilascio della sanatoria edilizia, atteso che il manufatto consiste in una nuova costruzione non residenziale.

Di Matteo Peppucci – fonte: https://www.ingenio-web.it/articoli/terzo-condono-edilizio-le-regole-per-ottenerlo-grazie-al-silenzio-assenso/