AGI – Armi, munizioni, aerei e altri equipaggiamenti Usa, per un valore di miliardi di dollari, sono ora nelle mani dei talebani, che con il crollo lampo delle forze di sicurezza afghane si sono impossessati di un arsenale moderno e diversificato, ma senza la necessaria formazione di cui aveva goduto l’esercito locale. Lo conferma l’advisor per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, diventato il volto della crisi in Afghanistan dell’amministrazione di Joe Biden.
A riprova del fatto che i talebani siano riusciti ad accaparrarsi del tesoro militare, frutto di anni di collaborazione tra forze Usa e afghane, ci sono le foto scattate nei giorni scorsi: i miliziani appaiono armati di carabine M4 e fucili M16 al posto dei fucili d’assalto russi AK-47s, utilizzati per l’avanzata nel territorio nazionale. Gli estremisti islamici sono stati avvistati anche con veicoli militari da ricognizione dell’esercito americano, gli Humvee, e altri protetti da imboscate resistenti alle mine. Tra gli equipaggiamenti sequestrati dai talebani ci sono poi elicotteri Black Hawk e aerei d’attacco A-29 Super Tucano.
Sebbene sia praticamente impossibile utilizzare velivoli avanzati senza addestramenti – quelli che le truppe afghane hanno ricevuto negli ultimi anni – il sequestro dell’hardware dà ai miliziani una notevole spinta propagandistica, sottolineando l’entità di fondi investiti da Washington in 20 anni di guerra e andati sprecati. Un ulteriore duro colpo all’immagine e alla popolarità del presidente democratico Joe Biden, scesa per la prima volta sotto il 50%.
Secondo i calcoli dei media statunitensi, in due decenni, gli Stati Uniti hanno speso circa 83 miliardi di dollari in equipaggiamenti e addestramenti delle forze di sicurezza afghane. Secondo un rapporto del Government Accountability Office del 2017, tra il 2003 e il 2016, gli States hanno trasferito alle forze afghane 75.898 veicoli, 599.690 armi, 162.643 apparecchiature di comunicazione, 208 aerei e 16.191 mezzi di intelligence, sorveglianza e ricognizione. Il rapporto dell’Ispettore generale speciale per la ricostruzione dell’Afghanistan (Sigar) dello scorso anno, segnala che dal 2017 al 2019, tra le altre attrezzature fornite dagli Stati Uniti alle forze afghane, 7.035 mitragliatrici, 4.702 Humvee, 20.040 bombe a mano, 2.520 bombe e 1.394 lanciagranate. Al 30 giugno scorso, dell’inventario delle forze afghane facevano parte anche 211 aerei consegnati da Washington. Almeno 46 di questi aerei sono ora in Uzbekistan, dopo che più di 500 soldati afghani li hanno usati per fuggire, quando il governo di Kabul stava crollando lo scorso fine settimana. Per giunta, mentre le forze armate statunitensi si stavano ritirando dall’Afghanistan, il mese scorso Washington ha continuato a fornire aerei agli afghani, con piani per il trasferimento di 35 elicotteri Black Hawk e tre A-29.
“Non è chiaro esattamente quante e quali armi siano cadute nelle mani dei talebani, ma l’amministrazione Biden ha già riconosciuto che si tratta di una discreta quantità”, ammette Sullivan, in risposta alle dure critiche in patria e all’estero per il ritiro delle truppe Usa. Sullivan ha tenuto a precisare che “quei Black Hawk non sono stati dati ai talebani. Sono stati dati alle forze di sicurezza nazionali afghane per potersi difendere su specifica richiesta del presidente Ghani, che è venuto allo Studio Ovale e ha chiesto, tra le altre cose, capacità aeree aggiuntive”. Anche il portavoce del Pentagono, John Kirby, ha affermato ieri che c’è stato un processo “molto deliberato” mentre le forze statunitensi si sono ritirate nel decidere quali attrezzature distruggere, dare alle forze afghane o ridispiegare altrove in Medio Oriente.
Sulla scia di queste imbarazzanti rivelazioni, 25 senatori repubblicani, guidati da Marco Rubio, hanno inviato una lettera al Segretario alla Difesa, Lloyd Austin, chiedendo un “rendiconto completo” dell’equipaggiamento militare statunitense ceduto alle forze afghane negli ultimi 12 mesi, di ciò che è stato sequestrato dai talebani e dei piani per recuperare o distruggere l’equipaggiamento.
“È inconcepibile che l’equipaggiamento militare ad alta tecnologia pagato dai contribuenti statunitensi sia caduto nelle mani dei talebani e dei loro alleati terroristi” hanno scritto i senatori nella missiva. “Quando un gruppo armato mette le mani su armi di fabbricazione americana, è una specie di status symbol. È una vittoria psicologica”, ha analizzato Elias Yousif, vicedirettore del Security Assistance Monitor del Center for International Policy.
Secondo Yousif, la principale fonte di preoccupazione in merito all’arsenale militare nelle mani dei talebani riguarda l’ingente quantità di piccole armi in circolazione in Afghanistan. “Sono beni durevoli, dalla manutenzione facile, dall’utilizzo relativamente semplice, che possono essere trasportati, ceduti e venduti molto facilmente” ha sottolineato l’esperto. Appare, invece, molto meno probabile, che i talebani riescano a utilizzare alcune delle armi statunitensi più avanzate, inclusi gli aerei, senza alcun addestramento, a meno che obblighino ex piloti afghani a volare per loro. Oltre al pantano afghano, il catastrofico ritiro delle truppe Usa “scredita il settore della cooperazione alla sicurezza in altri scenari in cui sono maggiormente coinvolti, quali Medio Oriente, Africa subsahariana e Asia dell’Est” ha concluso Yousif.
Source: agi