Street food Palermo, il podcast che racconta le pietanze più buone da gustare e dove mangiarle: panelle, pane ca meusa e stigghiole.
Il profumo delle panelle fritte lo senti a decine di metri di distanza. Per non parlare del soffritto di cipolla dello sfincione e del fumo delle stigghiole che ti inebria quando passi dentro la nube che ne annuncia la cottura. Se c’è una capitale mondiale dello street food, certamente Palermo sale sul podio. L’abbondanza e la qualità delle sue pietanze fa della città un vero e proprio santuario del gusto.
Senza pensare al fatto che, tra l’altro, queste prelibatezze si possono mangiare davanti a scenari da favola, come la spiaggia di Mondello, porticcioli turistici come quello della Cala o davanti a chiese e costruzioni tutelate dall’Unesco. Facciamo allora un tuffo alla scoperta delle bontà che dovete assolutamente assaggiare durante la vostra permamenza in Sicilia.
A dire il vero non c’è un orario preciso e una pietanza con cui iniziare la scorpacciata. Anche se già intorno alle undici del mattino, basta fare un giro fra i mercati per sentire i primi profumi invitanti.
Potremmo iniziare dal più classico sapore di mare del polpo bollito, da gustare in spiaggia o fra le balate, i lastroni di marmo, del mercato della Vucciria. Oppure potremmo passare direttamente a qualcosa di più sostanzioso e dal gusto deciso.
La frittola, ecco. Immaginate di trovarvi nella piazza del quartiere della Kalsa, davanti al mare di Palermo riparati dai bastioni della città antica. Lo stesso angolo di strada che per il festino di Santa Rosalia, il 14 luglio, si riempie di gente che aspetta di gustare le famose lumachine pepate che chiamiamo babbaluci. Sarete straniti nel vedere un uomo in grembiule che affonda il braccio dentro un cesto di vimini coperto di stracci.
Dentro è custodita tiepida una delle pietanze più segrete che conosca la città. Frattaglie di pollo cotte, salate e piene di spezie che possono essere gustate su un foglio di carta che funge da piatto o, per i più temerari delle colazioni forti, anche dentro a un panino.
C’è solo un rivale degno di nota, e si chiama panino con la milza. Si può mangiare con caciocavallo o al naturale, maritato o schietto, ovvero con o senza ricotta. Il panino con la milza va assaporato al sole, dopo che la carne calda cotta in pentoloni ricolmi di strutto che ne amalgamano i sapori è stata tirata fuori e adagiata sulla pagnotta.
Una birra prendetevala pure. E che sia ghiacchiata, il modo da equilibrare la goduria cui saranno sottoposti il vostro palato, il vostro stomaco e infine la mente. Si, perché un panino con la milza davanti alle barche a vela ormeggiate nel porticciolo della Cala, è un’immagine difficile da scrollarsi di dosso.
A salvarci da questa bontà e a farci immergere in un’altra sarà il panino con le panelle o anche con le crocché, se volete. Se il primo è imbottito di sottili sfoglie di pasta di ceci, le seconde sono pallottole di patate dalla forma allungata ripiene di prezzemolo.
Le panelle andrebbero gustate al naturale, sulla spiaggia di Mondello così come davanti ad una delle innumerevoli friggitorie sparse per la città. Ditelo ai ragazzi che per la ricreazione delle 11 al liceo si fanno imbottire panini con le une e le altre insieme, se non è una delizia.
Sarà raro trovarle ma potete chiedere, qualcuno le fa ancora. Si chiamano rascature e nascono dalla crosta di farina di ceci e patate rimaste nella teglia durante la preparazione di panelle e crocché. Un po’ di cipolla e via nell’olio bollente per una frittura croccante.
Lo so che avete già lo stomaco pieno. Ma non pensiate che lo street food Palermo abbia sempre avuto tutta questa quantità di grassi e frittura.
Se amate tuffarvi nel mondo della letteratura gastronomica e amate i racconti gialli, ecco a voi “Cous Cous Blues”. Un libro che raccoglie tre gialli in salsa siciliana di cui uno interamente ambientato tra i sapori e i profumi di Palermo. S’intitola “Le panelle di Tanino Speciale” e potete sfogliarlo da qui.
Fino agli anni Sessanta, una delle pietanze più apprezzate d’estate fra i mercati era la zucchina bollita con aglio e assaporata fredda. La vendevano gli ambulanti nelle giornate d’estate, quando uccidere la calura è davvero difficile. E dal racconto di mio nonno pare che, non solo la zucchina verde andasse a ruba, ma che fosse davvero rinfrescante.
Al pari, ma come bevanda, c’era solo l’acqua e zammù, l’acqua con qualche goccia d’anice. Era una professione. Si chiamavano acquaioli ed erano gli ambulanti che offrivano acqua e anice rinfrescante quando ancora non esistevano i frigoriferi.
Infine, ma erano gli anni della seconda guerra mondiale c’erano le castagne. “Allessi cavuri” gridavano gli ambulanti. E i ragazzini che andavano a lavorare di mattina presto le compravano per riscaldarsi lo stomaco e trovare forza prima di dover resistere anche agli inevitabili bombardamenti.
Lo avevamo anticipato, apri una porta e ti trovi dentro a un labirinto che ha le sembienze di un self service in cui puoi assaggiare di tutto e di più. Con la differenza che l’itinerario è composto dalle strade di Palermo che trasudano di storia e che ti impregnano la maglietta di sapori mentre stai passeggiando.
Pensate ai cardi, ai carciofi e ai broccoletti in pastella, lo stretta cugina della tempura, che riempiono i vassoi delle friggitorie del Capo e di Ballarò nei giorni della Madonna, che si festeggia l’8 di dicembre. E con loro il rosso sgargiante dello sfincionello che viene portato a spasso dagli ambulanti sull’apecar che annunciano al megafono quanto sia cavuru e bello (ovvero caldo e buono).
Pochi spiccioli per portarsi a casa un pranzo da re, almeno in termini di gusto e sazietà. Perché lo street food è anche questo, un piatto frugale e saporito che non svuota mai le tasche.
In questa carrellata di sapori non può mancare il simbolo culinario che è riuscito a dividere la Sicilia per colpa di una vocale. Arancino o arancina che sia, questa palla di riso fritta con dentro il ragù, è l’emblema del cuore caldo dell’isola e dei suoi abitanti. “Vieni, ti offro un’arancina”. E come dir di no a questo guscio croccante che ti fa venir voglia di coccole quando ne senti la morbidezza dell’interno.
C’è un’altra cosa, a parte il prezzo contenuto, che fa dello street food di Palermo e della Sicilia in generale un vero imperatore. È il fatto che ovunque andiate, dal più improbabile degli ambulanti ai panifici e alle friggitorie gourmet, sarà davvero difficile restar delusi. Si certo, chi vive in città, ha la propria classifica e anche all’interno dei singoli mercati e quartieri c’è chi si sfida a fare la panella più buona. Ma se siete semplicemente a passeggio, fiondatevi pure davanti alla bancarella che incontrate per strada. Lo street food è buono ovunque.
In questa carrellata di sapori, dobbiamo giungere al tramonto per poter dire davvero di aver fatto un assaggio completo dei principali cibi di strada da assaggiare a Palermo. Il richiamo è sempre lo stesso dalla notte dei tempi. Gli indiani d’America devono avercelo insegnato in qualche strano modo. È il segnale di fumo che si leva dagli angoli più impensabili della città. L’indicatore di temperatura, il simbolo del vero aperitivo da strada: le sigliole o stigghiole.
Sono interiora di vitello, ma ne esiste una ottima versione d’agnello col cipollotto dentro. Vengono cotte alla brace, affettate e mangiate con le dita agli angoli delle strade. Se per caso sei solo di passaggio, con buona probabilità abbasserai i finestrini per inebriarti del profumo che emana questa pietanza una volta poggiata sulla graticola.
Vengono vendute a stecche le stigghiole e, mangiata la prima, verrà voglia di prenderne un’altra e un’altra ancora. Birra ghiacciata al fianco e quello che doveva essere solo un aperitivo, si trasformerà facilmente in una cena saporita che non dimenticherai più.
Un ottimo modo per salutare Palermo o dare un arrivederci alla prossima bontà.
Fonte: Siciliaweek