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Stranezze e misteri che trovi (solo) in Sicilia: un viaggio tra i luoghi più assurdi dell’Isola

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Un viaggio in Sicilia offre l’opportunità di vedere alcuni posti che sono davvero fuori dal comune per originalità, storia, architettura e luoghi che lasciano a bocca aperta
Un viaggio in Sicilia offre l’opportunità di vedere alcuni posti che sono davvero fuori dal comune per originalità, storia, architettura e luoghi dove si trovano all’interno o all’esterno lasciano a bocca aperta.
Di questi ne raccontiamo solo alcuni scelti tra altrettanti che rappresentano un’ideale viaggio della bellezza che viene fuori dalla “curiosità”.
Avete mai sentito l’eco in un ambiente chiuso e affrescato come una sala da ballo? Allora iniziamo da qui da un luogo che è un vero sunto di curiosità, custodito nel cuore di uno dei gioielli liberty simbolo di Palermo che risponde alla mole del Teatro Massimo.
La sala Pompeiana è uno dei luoghi più fuori dal comune visitabili a Palermo: originariamente riservata solo ai nobili di genere maschile viene detta anche la “Rotonda del Mezzogiorno”, ma anche i suoi affreschi si ispirano al Tempio di Vesta di Tivoli ed è stata progettata sui multipli del numero sette: quattordici porte che si aprono sulla sala, ventotto medaglioni con teste maschili e femminili, quattordici figure allegoriche, un eptagramma culminante in un lucernaio diviso in 7 spicchi.
La simbologia riporta ai sette pianeti e ai sette giorni, ma anche alle sette virtù e ai sette peccati capitali, alle sette note ed alle sette corde della lira.
E’ detta anche Sala dell’eco per via della particolarità acustica: il riverbero che si produce parlandovi all’interno va sempre più aumentando man mano che ci si avvicina verso il centro, un effetto ottenuto tramite una leggera asimmetria della sala, posizionandosi infatti al centro è come se si parlasse davanti a un microfono, mentre man mano che ci si allontana dal centro il suo tutto diventa incomprensibile.
Il lavatoio medievale di Cefalù è il posto perfetto per fare un salto all’indietro nel tempo – fino al Medioevo – in uno dei centri storici più famosi dei borghi marinari siciliani, dove si asconde un angolo magico tra le antiche case originariamente abitate dai pescatori e un palazzetto nobiliare.
Si raggiunge dalla via Vittorio Emanuele, dove è segnalato scendendo da una scalinata in pietra lavica e lumachella, che conduce fino a questo luogo di forte impatto suggestivo.
Qui scorre da secoli l’acqua di una sorgente che, secondo una leggenda, narra che il fiume Cefalino sorge dal dolore di una ninfa tradita dal suo amante che dopo averlo ucciso annegò pentita nelle sue lacrime.
Le lavandaie andavano per pulire il bucato, tra grida e canti siciliani, utilizzando le apposite vasche per strofinare i panni, un atto della vita quotidiana rituale di un tempo antico di cui rimane questo tesoro della memoria della storia della cittadina normanna.
Lunego le pareti di questo gioiello, sotto delle basse volte, si possono ammirare le ventidue bocchette in ghisa, alcune con effige di teste leonine, da dove scorre ancora l’acqua che finisce fuori ad appena pochi metri dentro il mare che lambisce la costa.
Da non perdere per la sua unicità, lo stato di conservazione e l’atmosfera.
Ci trasferiamo a Trapani li dove i due mari si incontrano e si mescolano tra loro, dove tramonta il sole su una costa meravigliosa e densa di storia: da secoli la Torre di Ligny assiste silenziosa a questo tumultuoso incontro monumento iconico di Trapani dove avviene il ribollente abbraccio tra il mar Tirreno e il canale di Sicilia.
Venne edificata alla fine del seicento con una forma tronco-piramidale ed ebbe da subito un ruolo fondamentale come punto di d’osservazione e difesa della città contro l’invasione delle milizie turche ai tempi della dominazione spagnola.
Il suo nome si deve al Principe di Ligny Claude Lamoral, viceré di Sicilia militare spagnolo di origine belga che fu nominato a viceré dal 1670 al 1674, rimasto famoso perchè dedicò parte della sua vita contrastare la dominazione turca.
Spettacolare la sua visione nel paesaggio marino all’estrema punta della costa, costruita interamente in tufo, estraendo la pietra dalla vicina isola di Favignana, è raggiungibile tramite le vie dell’adiacente centro storico e regala albe e tramonti indimenticabili.
Dietro la torre, percorribile tramite una ringhiera perimetrale si osserva uno scoglio lungo e stretto famoso per il suo appellativo: è detto “scoglio del mal consiglio” o in dialetto “scogghio du malu cunsigghiu”.
Qui anche un altro aneddoto ricondotto ai Vespri Siciliani dell’anno 1282 poiché, si pensa che fu proprio qui che i rivoluzionari su questo scoglio si incontrarono per preparare la rivolta, di notte provenienti da direzioni differenti per non destare sospetti.
Torniamo nel palermitano e andiamo a Villa Palagonia, a Bagheria, qui si erge un dei luoghi davvero più curiosi dei beni culturali siciliani.
Un giardino decorato con statue ed effigi “mostruose”, un salone da ballo ricoperto di specchi che riflettono ovunque: stiamo parlando della celebre, originale e più singolare delle ville nobiliari in Sicilia ovvero Villa Gravina di Palagonia, conosciuta come la Villa dei Mostri progettata intorno il 1715 che prese queste sembianze grazie al Principe Francesco Ferdinando Gravina e Alliata.
Un personaggio stravagante e bizzarro, non a caso detto il “ il Negromante”, che intraprese i lavori di questa villa edificata dal nonno come residenza di villeggiatura e renderla così “inquietante” da meritarsi l’appellativo di “Villa dei Mostri”.
Figure antropomorfe con deformi corpi umani, serpenti con due teste, musici caprini e nani deformi, fauni e gnomi, nobili trasfigurati in suini che danzano: queste le effigi in pietra arenaria che alloggiano sui muri esterni, figurazioni fantastiche pietrificate che si uniscono alla bizzarra e straordinaria sala degli specchi.
Ubicati in diverse angolazioni sulle pareti compresi soffitto e pavimenti, lasciavano e lasciano tutt’oggi stupefatti i visitatori e sono il frutto di una “interpretazione della vita” intesa dal principe che voleva dimostrare nel riflesso degli specchi la fragilità della vanità dell’essere umano.
Ci spostiamo nell’entroterra e andiamo in un luogo sperduto ma facile da raggiungere sulla SS24 per Sciacca, direzione Roccamena. Saliamo, letteralmente, sul Ponte del Diavolo.
In realtà il suo nome è Ponte di Calatrasi, chiamato così perché nella contrada dove è ubicato nella valle al di sotto del monte Maranfusa.
Attraversa il ramo destro del fiume Belice per collegare il complesso abitato ad un mulino ancora presente in uso dagli abitanti della vicina Roccamena il sito è davvero affascinante e vale la pena visitarlo, costruzione della seconda metà del XII secolo con la tipica e riconoscibile architettura saracena, un enorme arco unico a sesto acuto a schiena d’asino come era caratteristico dei ponti dell’epoca.
Il ponte oggi è in ottimo stato e percorribile – attenzione perché non ha parapetto – oggetto di diversi restauri effettuati nel corso degli anni che lo hanno preservato, rimane in una atmosfera veramente magica soprattutto nel periodo della primavera quando il fiume è in piena, per lo spettacolare passaggio dell’acqua e della vegetazione che lo nasconde nonostante la sua imponenza.
Origine sinistro del soprannome “ponte del diavolo” sarebbe stata la sua costruzione, come racconta anche il Pitrè, che vuole che il ponte sia stato costruito in una sola notte dagli spiriti, chiamati fati, ma anche un’altra leggenda che vuole legare il ponte alla fata Maranfusa, da cui ha origine la contrada.
A Catania non si può perdere una dimora dove si respira la personalità straordinaria di uno degli scrittori più innovativi e d’ispirazione per una generazione di autori: la Casa Museo Giovanni Verga
Qui si entra nella casa in cui visse per gran parte della sua esistenza e dove morì nel 1922 il grande scrittore catanese che segnò un epoca della scrittura romanzesca con il suo verismo.
All’interno si trovano custoditi oggetti e cimeli, manoscritti e momenti della sua vita vissuta dello scrittore in questo palazzetto ottocentesco, si trova intatto il mobilio e gli arredi come le opere d’arte e i manoscritti, libri e anche abiti che rimandano allo scrittore ed alla sua quotidianità.
Entrando si può rivivere l’atmosfera del novecento attraverso tutte le camere occupate dalla famiglia come il salotto e la biblioteca, la sala d’ingresso e le camere da letto, la sala da pranzo collegata alla cucina al piano superiore mediante uno scendi vivande.

Di Giovanna Gebbia – fonte: https://www.balarm.it/