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Strage Georgofili: mafie si combattono anche con la normalità

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Ci sono tanti studenti di scuole medie e superiori nella sala Pegaso di Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze per il ricordo della strage dei Georgofili che trentuno anni fa, alle 1.04 del 27 maggio 1993, svegliò il capoluogo toscano con il tritolo della mafia. Studenti che non sono solo spettatori ma anche protagonisti del racconto. Ed è un segno di speranza. Perché la memoria, per essere incisiva e non solo rituale, ha bisogno di essere viva. Deve camminare anche sulla gambe delle giovani generazioni e non può essere solo un ritratto da appendere alle pareti o una pagina da mandare a memoria: ha bisogno di quell’attenzione che spesso ci è stata rubata e di cui la criminalità organizzata si nutre. Morirono in cinque quella notte: Caterina, appena cinquanta giorni di vita, la sorella Nadia di nove anni, i genitori Angela Fiume e Fabrizio Nencioni, lo studente universitario di ventidue anni Dario Capolicchio. Cinque vite strappate, quarantotto feriti e danni ingenti al patrimonio artistico del centro storico e degli Uffizi, che potevano essere anche maggiori se l’autobomba fosse stata parcheggiata pochi metri più là come in effetti era nei piani. Serve il cuore e serve la mente per combattere le mafie, si ripete più volte durante l’iniziativa a Palazzo Strozzi Sacrati. Occorre conoscere ed essere curiosi, nel senso di prendersi cura di qualcosa ed approfondirlo, facendosi domande ed anche dubitando. E poi soprattutto, è il messaggio che risuona forte per tutta la mattinata, serve la normalità: quella normalità capace di illuminare. Perché, Giovanni Falcone, il giudice ucciso dalla mafia l’anno prima dei Georgofili, non era un supereroe, come a volte viene dipinto sui murales. Era una persona normale, ricordano il giornalista antimafia Giacomo Di Girolamo e la la magistrata in pensione Maria Monteleone, ed anormale e marcio era il mondo e quello che accadeva attorno a lui. Normale dovrebbe essere opporsi all’illegalità. Normale dovrebbe essere uno Stato che funziona, un posto di lavoro garantito, una risposta per ogni bisogno. Purtroppo non sempre accade. Normalità dunque. Responsabilità anche. Non sottovalutare: mai. E poi giustizia, memoria e verità. Se dovessimo riassumere per temi il ricordo della strage dei Georgofili voluto stamani dalla Regione e dall’associazione “Tra i familiari delle vittime”, queste sarebbero le cinque o sei parole chiave. L’iniziativa si apre con i saluti. Il presidente della Toscana ricorda come sia fondamentale trasmettere ai giovani i valori e i sentimenti di legalità e di contrasto ad ogni forma di criminalità organizzata: un terreno su cui la Regione è fortemente impegnata e su cui si è spesa per tanti anni, da quando è nata nel 2001, anche l’associazione “Tra i familiari delle vittime”, a cui – anticipa il presidente – sarà prossimamente consegnato il Pegaso della Toscana. A margine si commenta la notizia dei giorni scorsi sull’avviso di garanzia e a comparire ricevuto dalla Procura di Firenze dall’ex generale dei carabinieri Mori riguardo le complicità esterne all’attentanto. “La ricerca di verità e giustizia – commenta Luigi Dainelli, presidente dell’associazione dei familiari – era fin dall’inizio uno dei nostri scopi. Purtroppo siamo ancora qui ad aspettarle, nonostante i processi, gli ergastoli e la condanna degli esecutori”. “Già nel 1993 subito dopo la strage – prosegue – alcuni procuratori dissero subito che non era solo mafia, che c’era qualche mente più raffinata che aveva suggerito l’attentato”. Nelle aule giudiziare quelle menti non sono finora mai state individuate. Ma, come ricorda anche l’assessore alla cultura della legalità della Toscana, non si può risolvere tutto attribuendo la sola responsabiltà di quei fatti alla mafia e per questo ringraziare la magistratura che continua ad indagare. Anche l’assessora alla memoria e alla legalità di Firenze auspica che prima o poi si arrivi ad una verità a tutto tondo. Per Avviso Pubblico, associazione di amministratori pubblici impegnati contro mafie e corruzione, commozione e rabbia si placheranno solo quando si conosceranno i nomi dei burattinai. Nell’attesa la Regione porta avanti, come istituzione, il proprio compito: quello di investire sui giovani e sull’educazione alla legalità, azione non banale ed importante in una regione dove le mafie non controllano certo il territorio, non fanno più stragi ed attentati, ma investono, trafficano e fanno affari, tra connivenze e colpevoli indifferenze. Da Livorno e Firenze passa, attraverso l’’ndrangheta, la cocaina diretta in tutta Europa. La Regione da diversi anni studia il fenomeno delle mafie, con rapporti a cui si è aggiunto quest’anno uno studio di Irpet, l’istituto di programmazione economica, sull’impatto della malavita sull’economia della regione. Serve un’azione di contrasto ancora più netta e decisa, dice il presidente della Toscana. Si parla anche dei beni confiscati alle mafie, dalla rinascita rappresentata da il loro ritorno ad un uso comune, purtroppo spesso dopo percorsi di acquisizione eccessivamente lunghi (anche dieci o dodici anni), e del sostegno della Regione ai Comuni che li gestiscono. Intanto sul grande schermo di Palazzo Strozzi Sacrati scorrono le immagini: la paura di quella notte, le sirene, i volti insanguinati dei tanti feriti che venivano soccorsi, sorretti e portati in ospedale, lo sgomento e la paura dipinti in faccia, i dubbi sull’origine dell’esplosione nelle prime ore attribuita ad una fuga di gas per poi velocemente farsi strada la certezza di un attentato portato a compimento con un’autobomba. Scorrono anche le immagini dell’intervista a Maria Grazia Mangani, maestra di Nadia nel 1993: un inno, anche il suo, alla normalità e responsabilità, ma anche lo sconforto di chi, pur vivo, si è sentito sprofondare nel cratere di quell’esplosione. Giacomo Di Girolamo, giornalista siciliano impegnato, fotografa la mafia dopo Matteo Messina Denaro, che non è cambiata, dice, sempre vicina al potere, silente ed impegnata a fare soldi dove i soldi si possono fare. E forse, si sofferma, proprio questo è il problema, che non la sappiamo più vedere perché magari non è più davanti a noi ma di fianco a noi ed a volte non ce ne accorgiamo. C’è anche un tributo a Ma Giovanna Maggiani Chelli, instabile presidente dell’associazione “Tra i familiari” scomparsa nel 2019. “Aspetto che la verità della strade venga scritta sui libri di storia” disse una volta davanti al Parlamento riunito. La giornalista Valeria Scafetta e la magistrata Maria Monteleone parlano dell’antimafia oggi, raccontando le donne in prima linea. Alla fine la parola passa agli studenti. Più di duecento scuole, aveva ricordato il direttore dell’ufficio scolastico Pellecchia, hanno partecipato al progetto sulla cultura della legalità e la cittadinanza attiva promosso quest’anno dalla Regione. Sul palco, con un assaggio di quello che hanno fatto, salgono gli studenti dell’istituto comprensivo di Gallicano in provincia di Lucca, con un pezzo di teatro di memoria in cui danno voce a chi, quella notte di trentuno anni fa, era nei paraggi di via dei Georgofili ed è sopravvissuto, magari rimasto ferito. Dopo di loro è la volta del liceo artistico di Porta Romana a Firenze, con un breve video documentario. Parlano ed intervengono anche i rappresentanti del Parlamento degli studenti: Katy Wang per l’ufficio di presidenza e Shasika (Sole) Weeransinghem, portavoce regionale delle consulte studentesche. Giovani indifferenti e non informati? “Come studenti – rispondono – vogliamo essere informati e conoscere la storia contemporanea. Vogliamo anche lottare contro le mafie e la criminalità: ben venga dunque un percorso integrato sulla cultura della legalità dentro gli istituti scolastici”. Che non può che partire dalla conoscenza, da un approccio critico senza già avere una risposta in tasca e non ultimo, come ricorda Di Girolamo, da un’informazione libera e senza condizionamenti.