AGI – Mario, nome di fantasia, ha 11 anni, è vivace e con molti interessi e amici. Mario è seguito con amore dai suoi genitori, due liberi professionisti napoletani, gioca a calcio e ha il suo profilo social, che gestisce sotto la supervisione di madre e padre.
Ma capita anche a Mario di fare più cose contemporaneamente, e di essere distratto. Ed è quello che accade una sera di dicembre dello scorso anno. Sta sfidando gli amici on line, utilizzando la tv di casa, quando Instagram gli notifica un messaggio da un profilo che non riconosce ma che sembra scritto da un suo amichetto che invece conosce bene.
“Ho perso il cellulare – legge – ti contatto qui perché tu mi dia di nuovo il tuo numero di telefono”. Mario non ci pensa due volte e lo fa, accogliendo anche il nuovo profilo tra i suoi follower, per tornare subito a giocare. Non sa che sta dando inizio a una vicenda che lo turberà e che ora lo porta a dubitare dell’efficacia della tutela ai cittadini da parte dello Stato, un valore fondante della sua educazione, considerato anche che il padre è un avvocato.
Pochi minuti dopo che ha scritto il suo numero, gli arriva un messaggio in chat, un “Come stai”, seguito dall’esplicita richiesta di masturbarsi davanti all’obiettivo e di inviare il video al nuovo numero del suo amico; incredulo, risponde a quello che ritiene un suo compagno di giochi e chi chiede se sta scherzando, ma si vede reiterare la richiesta e poi ancora, con la promessa che, se lo farà, riceverà una videochiamata per rifarlo insieme. Mario è nel panico, capisce di essere finito in una storia più grande di lui, blocca il numero.
Poi ha paura della reazione dei suoi genitori, teme rimproveri per essere stato leggero nel rispondere a qualcuno senza accertarsi di chi fosse. Ricorda bene le ‘prediche’ prima di avere il permesso di ingresso nel mondo dei social. Pensa che deve raccogliere prove di quanto accaduto, per dimostrare ai genitori di non avere colpa, e sblocca i numero. Arrivano decine di messaggi subito, tutti dello stesso tenore del primo. Di nuovo panico e agitazione. Mario non sa che fare e questo lo tormenta fino a notte fonda, quando, piangendo, si decide a svegliare mamma e papà per raccontare tutto.
Nessun rimprovero, solo incoraggiamenti, l’assicurazione che chiunque sia il suo stalker pedofilo sarà chiamato a rispondere delle sue azioni. L’indomani va con il padre dalle forze dell’ordine e sporge denuncia. Fornisce tutto: copia dei messaggi anche audio, screenshot con le utenze coinvolte, etc. Non cambia la sim del telefonino proprio perché si possano compiere tutti gli adempimenti.
Il fascicolo in procura è aperto, la legge parla chiaro, entro tre giorni dalla denuncia un pm dovrà ascoltarlo. Invece è gennaio, e nulla è successo. Ogni mattina Mario si sveglia e domanda alla madre o al padre: “Mi hanno chiamato? Perché non mi chiamano? Hanno scoperto qualcosa?”. “Sicuramente gli inquirenti sono al lavoro – dice il padre di Mario all’AGI – e certamente la sua vicenda non ha avuto risvolti cruenti come altre. Ma forse è l’ora di dare più celermente rassicurazioni a chi sporge denuncia”. Intanto, i genitori hanno avvertito i compagni di classe e quelli della scuola calcio, temendo che lo stalker usi l’amicizia social con Mario per circuire anche i suoi follower.
Vedi: Storia di Mario, mancata vittima di un possibile pedofilo a 11 anni
Fonte: cronaca agi