Diciassette maggio 1953, alla presenza del presidente della Repubblica Luigi Einaudi viene inaugurato lo Stadio Olimpico di Roma, un impianto gigantesco capace di ospitare centomila spettatori che l’Italia ha dovuto costruire per poter chiedere (e poi ottenere) di organizzare le Olimpiadi del 1960. Le immagini del cinegiornale dell’Istituto Luce riportano indietro di settant’anni, quando 90mila persone sfidarono il grande caldo per accorrere all’inaugurazione dello stadio e assistere alla partita di calcio tra la nazionale italiana di capitan Giampiero Boniperti e del ct Giuseppe Meazza e la fortissima Ungheria di Ferenc Puskas, partita decisiva per la Coppa Internazionale. Una grande giornata di sport per il debutto dell’impianto romano: la partita di calcio e a seguire l’arrivo della sesta tappa del 36esimo Giro d’Italia.
Per la cronaca, gli azzurri furono sconfitti con un netto 3-0 dai fortissimi magiari (doppietta di Puskas), mentre i corridori del Giro arrivarono in due tronconi: tra i ciclisti in fuga vinse in volata Minardi davanti a Magini, mentre il gruppo con i più forti, tra cui Coppi, Bartali, Koblet, Bobet, vide tagliare per primo il traguardo al romano Monti davanti a ‘Ginettaccio’.
Settant’anni fa, dunque, Roma ebbe il suo stadio, all’epoca il più grande d’Italia e successivamente superato in capienza solo dallo stadio milanese di San Siro.
Uno stadio ospitato nel complesso monumentale del Foro Italico, i cui lavori furono iniziati il 28 dicembre 1950, costruito sulle vestigia di altri stadi.
Il nuovo impianto, infatti, sorse dove c’era lo Stadio dei Cipressi, costruito nella ‘cittadella dello sport’ voluta da Benito Musolini su progetto dell’architetto Enrico De Debbio che diresse i lavori tra le pendici di Monte Mario, i colli della Farnesina e l’ansa del Tevere. Uno stadio che era stato inaugurato 1932 e chiamato così per gli alberi che contornavano l’impianto per integrarlo con l’attiguo paesaggio natura. Lo Stadio dei Cipressi era pensato per ospitare sia per l’atletica sia il calcio, così concepito dagli ingegneri Angelo Frisa e Arrigo Pittonello sotto la super visione dell’architetto Luigi Moretti nuovo direttore tecnico che nel 1937 aveva fatto costruire le tribune e un primo anello di gradinate in elevazione. Con l’ampliamento dello Stadio era aumentata anche la capienza che ha determinato il nuovo nome: Stadio dei Centomila. Nel 1939 lo stadio assunse ufficialmente anche la funzione di stadio di atletica leggera con l’inaugurazione della pista a 6 corsie. L’area del Foro Italico successivamente allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale venne occupata dai soldati americani, che la trasformarono in un punto di ristoro e ne mantennero il diretto controllo fino al 1950 quando iniziano i lavori per uno nuovo stadio progettato dagli architetti Annibale Vitellozzi e Cesare Valle e dall’ingegnere Carlo Roccatelli. Il campo da gioco resta interrato come il progetto originale ma le gradinate raggiungono un’altezza superiore a 12 metri e la capacità degli spettatori è di 80.000 spettatori, di cui 55.000 seduti e 25.000 in piedi: sfruttando gli spazi liberi di sosta la capienza totale arriva a 100.000 spettatori. Queste misure permettono agli alberi di alto fusto precedentemente piantati intorno di restare per mitigare l’impatto visivo. La struttura portante è in cemento armato interamente rivestita in travertino sia nelle parti esterne che in quelle interne. Il nuovo Stadio, cosiddetto Olimpico, presentava una pianta ovoidale, simmetrica rispetto gli assi, con il campo di gioco più basso del piano stradale. Elemento singolare, nel quadro d’insieme del nuovo Stadio, fu il belvedere che dalle pendici di Monte Mario dominava l’ampia mole dell’edificio sportivo. Il belvedere dominò così l’intero ovoide, piuttosto schiacciato dello stadio, lungo 319 metri sull’asse longitudinale e 186 su quella trasversale per un totale di 800 metri di perimetro. L’intero processo costruttivo può essere diviso in due parti: l’opera a monte e lo Stadio. Per sviluppare il primo processo fu necessario considerare il problema urbanistico, perché le pendici di Monte Mario snodandosi dolcemente verso il Tevere, a piccole quote irregolari, componevano un naturale anfiteatro, quindi il problema urbanistico, già individuato da Del Debbio nella progettazione del primo stadio (dei Cipressi), non fu del tutto risolto: si trattava di creare un anfiteatro in un anfiteatro con esigenze tecniche di notevole difficoltà. Fu necessario incavare l’ovale dello Stadio, senza rompere l’armonia dell’assieme, rendendolo comunque super capiente nonostante il terreno della base si presentava composto prevalentemente da scorrevole argilla. La soluzione fu la realizzazione di un’opera a monte propriamente detta che consisteva in muro di grandi dimensioni per uno sviluppo oltre 500 metri, che in alcuni tratti raggiungevano l’altezza di 6 metri, con una piastra di fondazione appoggiata su una rete di pali spinti fino a 22 metri di profondità. Il piano intermedio fu trasformato in strada di accesso per le Autorità, facendo capo ad un ascensore che conduceva al sottostante stadio. L’opera a monte ebbe un’impostazione architettonica orizzontale in sintonia con il contorno della parte nord. Il processo costruttivo dello Stadio consistette nella realizzazione di una struttura ossea in calcestruzzo armato di due emicicli e del primo ordine di gradinate. La struttura dello Stadio – rivestita in masselli di travertino, fuori e dentro, esistenti nell’ambito del Foro Italico – si temperava con il verde dei sedili e col grigio dei cancelli in lega metallica inossidabile. L’unico elemento decorativo che venne introdotto furono le quattro fontane poste alla base delle quattro torri portapennoni, chiamate torri, anche se a livello con la struttura dello Stadio, per la lieve sporgenza sulla facciata e per la loro funzione. Tra le due torri del corpo principale, lato Monte Mario, fu collocata una pensilina agile – in ferro, a sbalzo, rivestita di alluminio con una lucida tettoia – per le cabine radio, considerate dei veri e propri studios per le capacità di collegamento oltreoceano, rafforzate poi per Roma 1960. All’interno delle cabine radio fu collocato un corpo centrale destinato al Salone d’onore con antisala, accessori, ingresso al parco presidenziale, oltre ai servizi stampa. I pavimenti furono realizzati in gomma a onde per assicurare la massima silenziosità, dovendo ospitare 565 giornalisti e 42 cabine radio. Lo Stadio fu arredato con sedili in legno sia in tribuna che in curva. Le scale e corridoi di accesso furono progettati ampi per lo smistamento, dividendo i settori fondamentali, le curve e le tribune, con lastre in cristallo temperato. Per l’area di gara, distanziata dagli spettatori mediante un fosso di guardia profondo 2 metri, furono previsti una pista olimpica di 400 metri per le gare di atletica e il campo da calcio con tappeto erboso sempre verde, composto da graminacea molto ben curata. L’intera opera fu realizzata, in soli 28 mesi, dal Centro Studi Impianti Sportivi del Coni che curò sia il progetto che l’esecuzione. L’attuale Stadio Olimpico fu inaugurato il 17 maggio del 1953 e iniziò a ospitare le partite delle due squadre di calcio della Capitale, la Roma e la Lazio che prima giocavano allo Stadio Flaminio. In occasione dei Giochi di Roma ’60 furono effettuati diversi adeguamenti per le gare olimpiche, potenziati i posti dei radiocronisti e tutti i collegamenti telefonici, realizzati i pannelli divisori in cristallo “securit” e aumentati i punti di sfogo per l’uscita del pubblico (alla fine della cerimonia di apertura dei Giochi lo svuotamento si completò in soli 9 minuti e mezzo). Dal ’60 a oggi lo Stadio Olimpico ha subito altre ristrutturazioni e, in alcuni casi, addirittura degli stravolgimenti. Nel 1980, in occasione dei campionati di calcio europei l’Olimpico è stato uno dei quattro stadi italiani scelti per ospitare le gare: Il 22 giugno va in scena la finale Germania Ovest-Belgio (2-1) e, per l’occasione, furono installati i seggiolini singoli al posto delle gradinate multiposto Nel 1987, in occasione dei Mondiali di atletica leggera che avrebbero visto come grande protagonista internazionale Carl Lewis, con quattro ori, e gli italiani Panetta e Damilano, furono installati per la prima volta due maxischermi montati all’intento delle curve NeIl primo grande stravolgimento avvenne in occasione dei lavori per i mondiali di calcio Italia ’90. I lavori furono affidati a un’imponente squadra di progettisti, fra cui lo stesso progettista originario Annibale Vitellozzi, l’architetto Maurizio Clerici, l’ing. Paolo Teresi e l’ing. Antonio Michetti (strutture). Dal 1987 al 1990 il piano di intervento subì numerose modifiche con conseguente lievitazione dei costi (alla fine la spesa passò dagli 80 miliardi previsti a 212 miliardi di lire). In definitiva, l’impianto fu quasi interamente demolito (venne abbattuto tre quarti dello stadio ) e ricostruito in calcestruzzo armato, con l’eccezione della Tribuna Tevere, che resta ancora oggi fedele all’originale del 1953 , sopraelevata con l’aggiunta di ulteriori gradinate. Le curve furono avvicinate al campo di nove metri. Tutti i settori dello stadio furono integralmente coperti con una tensostruttura bianca in fibra di vetro spalmata con PTFE prodotta progettata dallo studio Zucker insieme allo studio Enginnering Consulting Services. Di grande impatto ottico e televisivo furono i seggiolini senza schienale in plastica azzurra. Al termine dei lavori la nuova versione dell’Olimpico raggiunse i 82.922 posti, divenendo così il ventinovesimo stadio al mondo per numero di posti (e il secondo in Italia, di poco inferiore allo stadio Meazza di Milano). Dopo il debutto nel 1953 e la ristrutturazione del 1990, la ‘terza vita’ dell’Olimpico, iniziò nel 2007 quando fu avviato un vasto piano di ristrutturazione interna dello stadio, per renderlo conforme alle norme Uefa in vista della finale di Champions League in programma il 27 maggio 2009 (si contesero il titolo Barcellona e Manchester United, con i catalani che vinsero 2-0). I lavori, conclusi nel 2008, costarono circa 17 milioni di euro e contemplarono la messa a norma delle strutture, con miglioramenti per la sicurezza, l’adeguamento di spogliatoi e sala stampa, la sostituzione completa dei sedili, l’installazione di nuovi maxischermi digitali ad alta definizione, l’arretramento delle panchine, la parziale rimozione delle barriere in plexiglas tra spalti e terreno di gioco, e una riduzione dei posti fino alla capienza attuale di 70.634 posti. I lavori comportarono anche l’aumento dei punti di ristoro e l’adeguamento dei servizi igienici. Questi interventi permisero allo Stadio Olimpico di rientrare in “categoria 4” nella classificazione degli stadi Uefa ed è uno dei quattro stadi italiani (assieme all’Olimpico Grande Torino e all’Allianz Stadium, entrambi di Torino, e al Giuseppe Meazza di Milano) a rientrare in questa categoria Uefa, cioè quella con maggior livello tecnico. Gli ultimi lavori allo Stadio Olimpico risalgono al 2021, fatti per permettere all’impianto di ospitare la gara di inaugurazione dell’Europeo di calcio (e altre due partite del girone dell’Italia), rinviato di un anno a causa del Covid19. Lo Stadio venne ammodernato e adeguato ai requisiti Internazionali. E’ stato realizzato un nuovo impianto di illuminazione e nell’anello superiore della tribuna Monte Mario sono state realizzate 448 nuove postazioni dei giornalisti tutte munite di dotazioni impiantistiche in linea con le più avanzate esigenze tecnologiche.
Ora, grazie all’impegno di Sport e Salute che lo gestisce, per lo Stadio che ‘visse tre volte’ assistiamo a una nuova stagione di gloria non solo sportiva: l’11 novembre 2021 è stato infatti inaugurato il Tour dello Stadio Olimpico, una esperienza coinvolgente attraverso l’utilizzo di tecnologie innovative e all’avanguardia. Un progetto sviluppato in collaborazione con As Roma, Ss Lazio e la Figc, che consente di rivivere i grandi eventi di questo impianto ed i loro protagonisti, permettendo ai visitatori di vivere un’esperienza unica ed indimenticabile. Un viaggio che parte da un passato glorioso, rappresentato dalla sua inaugurazione nel 1953, per passare alle Olimpiadi del 1960, gli Europei ed i Mondiali di Atletica (rispettivamente nel 1974 e 1987), i Mondiali di calcio del 1990, le grandi vittorie dell’AS Roma e della SS Lazio e arriva al presente con la grande varietà di eventi, compresi i grandi concerti. Un grande progetto apre le porte dello Stadio Olimpico, così da vedere da vicino i suoi luoghi più segreti (dagli spogliatoi al campo di gioco), gli oggetti legati ai grandi protagonisti (dalle maglie ai trofei in versione olografica), nonché rivivere i grandi momenti in un ambiente fortemente esperienziale. (AGI)