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Spagna: elezioni in Catalogna, voto test per governo ed europee

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Domenica la Catalogna andrà alle urne per scegliere i 135 deputati del nuovo Parlamento regionale, in un voto che rappresenta un test importante per la tenuta dell’esecutivo nazionale e per le elezioni europee di giugno. I tre partiti politici a confronto in Catalogna – senza prospettiva di accordi o alleanze tra loro – sono gli stessi su cui poggia il governo socialista di Pedro Sanchez. Se il prossimo Parlamento catalano si prospetta come frammentato, a Madrid il premier governa ancora grazie all’appoggio esterno dei partiti indipendentisti catalani. Gli ultimi sondaggi per le elezioni catalane – pubblicati lo scorso 6 maggio – danno come vincitore il candidato del Partito socialista catalano (PSC), Salvador Illa, ex ministro della Sanità nonché amico di Sanchez. Secondo i risultati diffusi in settimana, i socialisti dovrebbero riuscire a incrementare i consensi e ottenere la maggioranza semplice, quindi senza maggioranza assoluta non saranno in grado di governare da soli. Uno scenario che ricorda in parte le votazioni del 2021, quando, in assenza di maggioranza, i filo-indipendentisti di centrosinistra del presidente uscente Pere Aragones, della Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc, progressista), erano riusciti a rimanere al potere. Anche questa domenica l’Erc sarà in lizza per il secondo posto, ma dovrà fare i conti con ‘Insieme per la Catalogna’ (JxCat, indipendentisti di centrodestra) del leader indipendentista Carles Puigdemont, tornato sulla scena politica dopo le sue convulse vicende giudiziarie. Al voto i due si giocano la leadership del fronte indipendentista. In base ai sondaggi, Puigdemont si troverebbe in una situazione di pareggio tecnico con l’Erc di Aragones o, secondo alcuni, potrebbe essere in leggero vantaggio. A ogni modo, la lotta per la seconda posizione tra Junts e l’Erc è molto intensa in quanto entrambe le formazioni sono immerse in uno scenario politico complesso, dove la strategia verso l’indipendenza e la gestione della crisi sanitaria sono questioni cruciali. La leadership di Puigdemont a Junts e il percorso dell’Erc sotto il governo di Aragonès sono fattori che influenzano questa competizione. In gara c’è anche l’anticapitalista Candidatura di Unità popolare (Cup), pro indipendenza. Da parte sua, il candidato socialista ha assicurato che non ci potrà essere un accordo con Puigdemont perché l’ex presidente della Generalitat è “il blocco”. Il suo ritorno nel consiglio politico della Catalogna è un altro degli incentivi in queste elezioni catalane: il leader di JxCat continua a ribadire che sull’indipendenza della Catalogna il “lavoro va finito”. In ballo domenica c’è anche il futuro dello stesso Puigdemont, che ha già dichiarato che se non vincerà e non avrà margine di manovra per articolare una maggioranza parlamentare, non sarà a capo dell’opposizione e abbandonerà la vita politica. L’incertezza sui possibili patti tra i partiti è stato uno dei temi principali della campagna elettorale, surclassando anche quello che storicamente caratterizza la vigilia dell’appuntamento con le urne: il referendum sull’indipendenza e il posizionamento nei confronti del governo di Madrid. Di fatto lo spettro di una ripetizione delle elezioni aleggia nell’aria e il leader socialista catalano ha ammesso la possibilità di un “blocco” alla sua investitura alla presidenza. Nel dibattito hanno preso quota, invece, questioni gestionali, come la siccità che affligge la Catalogna, il finanziamento regionale, le infrastrutture, l’immigrazione, l’istruzione e la sanità. Oggi è l’ultimo giorno di una campagna elettorale in cui i candidati indipendentisti hanno colto l’occasione per attaccare incessantemente il socialista Illa. E’ stata particolarmente movimentata dopo che il presidente del governo centrale Sanchez ha contemplato possibili dimissioni – mai avvenute – dopo la denuncia a carico della moglie Begona Gomez da parte dell’associazione “Manos limpias” – vicina all’estrema destra – per presunta corruzione e traffico d’influenza. Domani in Catalogna sarà invece una giornata di silenzio e riflessione prima del voto, in cui al momento le incognite sono più delle certezze. In effetti, con i sondaggi più che serrati, gli indecisi rappresentano l’ago in grado di far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Secondo il Center for Opinion Studies, nei giorni scorsi il 35% delle persone non aveva ancora deciso per quale partito voterà il 12 maggio. Inoltre, il 40% degli indecisi esita fra i partiti PSC, Esquerra o Junts. Dopo le elezioni di domenica, il Parlamento catalano dovrà essere nuovamente ricostituito entro 20 giorni lavorativi e il margine per formare il nuovo governo regionale è di due mesi dopo il primo voto di investitura. A ogni modo, qualunque sarà il risultato, i riflessi sulla governabilità della Spagna saranno evidenti per il doppio filo che lega Sanchez ad Erc e JxCat. Secondo il quotidiano ‘El Pais’, diverse fonti dei vertici del Partito socialista operaio spagnolo (Psoe) hanno negato che il candidato Illa possa essere “sacrificato” per salvaguardare la stabilità dell’esecutivo nazionale, sottolineando che la presidenza della Catalogna resta la “priorità”. In effetti una vittoria del candidato socialista sarebbe utile a controbilanciare in parte il potere territoriale del Partito popolare (Pp), che governa in 12 regioni su 17, dopo il successo elettorale dello scorso anno. Una vittoria dei socialisti in Catalogna potrebbe rappresentare, inoltre, una spinta rilevante per il partito di Sanchez in vista delle elezioni europee del 9 giugno. (AGI)
VQV/RED