Con la Finanziaria del governo Meloni a partire dal 2025 verranno meno alla Sicilia 2.662.500.000 euro e l’Isola si avvierà verso la “catastrofe sociale”. Lo afferma la Cgil Sicilia, in un rapporto sulle ricadute della manovra nazionale e sullo stato della spesa del Pnrr, del Fondo di sviluppo e coesione e del Fondo sociale Europeo plus.
L’analisi parte dai fondi europei: “Tra inadempienze degli enti attuatori, primo tra tutti la Regione – sostiene la Cgil – e malagestione si rischia di sprecare una straordinaria occasione, perché la Sicilia non avrà più a disposizione 40 miliardi”. “La Finanziaria nazionale – ha detto il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino – rischia di determinare il deserto economico e produttivo. Si intaccano infatti i pilastri su cui si era costruito un minimo di ripresa nel silenzio del governo regionale. La gestione inadeguata dei fondi europei, inoltre, non consentirà i necessari cambiamenti del modello economico e sociale che queste risorse avrebbero potuto contribuire a determinare”. “Quale fosse l’atteggiamento del Governo verso il Mezzogiorno – ha sostenuto Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil nazionale – era già chiaro al momento dell’approvazione della Legge Calderoli. Ma la situazione è perfino peggiorata. Non si rendono conto, evidentemente, – ha sottolineato Ferrari – che senza sostenere il sistema produttivo meridionale si danneggia l’intera economia nazionale, che non ha nessuna possibilità di agganciare una ripresa solida e duratura se non si rilancia la domanda interna, a partire dai luoghi dove è più bassa”. Quanto ai tagli della manovra nazionale, il report della della Cgil dà conto dei risultati del Superbonus edilizio, che verranno cancellati dall’abolizione della misura. Dal 2020 a ottobre di quest’anno il Superbonus ha generato investimenti per oltre 6,7 miliardi (1 miliardo e 650 milioni l’anno) e un incremento annuo di 8.000 lavoratori edili e di 1.500 in settori collegati. “Tutto questo salterà”, sottolinea il sindacato. Si aggiunge il ridimensionamento degli sgravi contributivi per le imprese che assumono. Col taglio alla Sicilia saranno destinati 350 milioni contro 1 miliardo e 200 milioni della precedente decontribuzione. Si perderanno 4 miliardi, sarà “catastrofe occupazionale”, dice il report del sindacato. Secondo i calcoli della Cgil su uno stipendio lordo di 1.500/1.600 euro in rapporto al quale i contributi sarebbero 600 euro lo sgravio sarebbe inferiore al 20% che diventa 15% per uno stipendio di 1.800 euro. Inciderà negativamente anche il taglio lineare del 5% delle spese dei ministeri, che per la Sicilia “si applica a quelle ordinarie e a quelle trasferite dallo stato – sottolinea lo studio -con una riduzione significativa dei finanziamenti in vari settori e in attività di competenza regionale”.
Al netto dei trasferimenti per la sanità, la Sicilia nel 2025 subirà una riduzione complessiva dei trasferimenti di 177,5 milioni di euro. Tagli pure alle Università, alle quali vengono meno 35 milioni. “A politiche nazionali che non faranno crescere il paese e il Mezzogiorno e che aumenteranno il disagio sociale – ha detto Mannino – si aggiungono le scelte negative del governo regionale che mostrandosi inconsapevole della profondità della crisi ha peraltro varato una Finanziaria regionale che aumenta i centri di spesa e quindi apre alle clientele, non prevedendo invece investimenti per lo sviluppo”. “Si conferma – ha aggiunto – che si sta sempre più snaturando la funzione di ente di programmazione e indirizzo della Regione”. Ed è il governo regionale – è l’atto di accusa della Cgil – che quale principale soggetto attuatore “ha fatto perdere alla Sicilia 338 milioni del Fondo sviluppo e coesione e 975 milioni destinati alle infrastrutture. Mentre oltre 2 miliardi tra Fsc, Ese+ er Pnrr sono oggi a rischio”. “Sul Fondo di sviluppo e coesione – ha detto Francesco Lucchesi, componente della segreteria regionale Cgil – sono stati cancellati progetti per 338 milioni a causa della mancanza di obbligazioni giuridicamente vincolanti. Non sono in pratica state avviate le procedure per l’assegnazione dei lavori”. Rischiano analoga sorte le risorse, oltre un miliardo, del Fse+, destinate a politiche sociali, per mancata o tardiva pubblicazione degli avvisi. Non va meglio con il Pnrr “rispetto al quale- ha osservato Lucchesi- la Sicilia si è rivelata meno preparata di altre regioni già nella capacità di attrarre risorse, con un gap in media della spesa pro capite di 109,73 euro”. Qualche dato in proposito: con la scadenza della rendicontazione alle porte, è scritto nello studio della Cgil, la Regione- ente attuatore di 1.763 progetti molti dei quali ancora non appaltati- ha impegnato circa il 33% delle risorse, ma ha pagato solo il 4,6% delle somme assegnate, creando anche grandi problemi alle imprese esecutrici. “Mentre la sanità regionale è in ginocchio -ha sottolineato Mannino – tanti dei 767 interventi della Missione salute ( 980 milioni di finanziamento) rischiano di non partire. Solo due case di comunità su 156 previste sono state inaugurate e un ospedale di comunità sui 43 previsti”.
Non va meglio, per il sindacato, per le politiche sociali : solo 200 assistiti in più con l’Adi a fronte dell’incremento previsto di 39.121 assistiti. “Se l’autonomia differenziata dovesse essere confermata dal referendum- ha detto Mannino- la Sicilia sarebbe allo sbando. Tra i tagli del governo nazionale e la mancanza di un’idea di sviluppo del governo regionale – ha sostenuto- la situazione è critica, anche perché i fondi europei non stanno attivando l’auspicata trasformazione dell’apparato produttivo e del welfare”. “ Noi- ha affermato Ferrari- abbiamo già organizzato lo sciopero generale del 29 novembre e non abbiamo nessuna intenzione di fermarci. La nostra mobilitazione proseguirà sia in vista della stagione referendaria della prossima primavera- ha sottolineato- sia per ottenere dal Governo e dalle controparti risposte all’altezza delle aspettative di lavoratori, pensionati, giovani e donne che stanno subendo più di chiunque altro le conseguenze di una crisi sociale che solo la Presidente del Consiglio continua a ignorare”. (AGI)