Di Franco Gabici
Fotografando la diversa posizione delle stelle nel cielo prima e durante il fenomeno il 29 maggio 1919 Eddington provò sperimentalmente la teoria della relatività
Il 1919 fu per Albert Einstein un vero annus mirabilis. L’eclisse totale di Sole che si verificò quel 29 maggio di cent’anni fa, infatti, dimostrò che le previsioni della Relatività generale erano esatte. Andando ancora contro il senso comune anche questa volta Einstein l’aveva sparata grossa. La luce non sempre viaggia in linea retta ma in certe condizioni può essere deviata e per comprendere questa affermazione bisogna abbandonare il nostro tradizionale concetto di spazio.
Per Einstein i fenomeni avvengono nello “spaziotempo”, un qualcosa che ha quattro dimensioni e che, a differenza dello spazio normale, può essere deformato dalla presenza della materia allo stesso modo con cui una boccia da bowling può deformare un tappeto di gomma. Il Sole, allora, con la sua massa deforma lo spazio-tempo circostante e se un raggio di luce gli passa accanto dovrà inevitabilmente seguire la deformazione e abbandonare il percorso in linea retta.
Ma come può essere dimostrata una affermazione del genere? Semplicissimo. Basta fotografare una zona di cielo particolarmente ricca di stelle e poi fotografarla di nuovo quando in quella stessa zona si verrà a trovare il Sole durante una eclisse totale. E, se la teoria di Einstein è giusta, il confronto delle due fotografie mostrerà che le stelle vicine al Sole risultano leggermente spostate rispetto alla posizione che occupavano senza la presenza dell’eclisse.
Una eclisse totale di Sole, dunque, avrebbe fatto da banco di prova e prima del 1919 furono tentate alcune osservazioni a senza successo. Una spedizione che si era recata in Brasile nel 1912 per osservare l’eclisse del 17 aprile non riuscì a causa delle piogge. Due anni dopo, nel 1914, una spedizione tedesca si recò in Crimea per l’eclisse del 21 agosto, ma lo scoppio della guerra mandò a monte il progetto.
La guerra impedì anche una successiva missione in Venezuela. Ma finalmente, terminata la guerra, si presentò l’occasione dell’eclisse totale di Sole del 29 maggio 1919, un evento molto interessante perché il Sole avrebbe avuto come sfondo il ricco ammasso aperto delle Iadi composto da stelle di eccezionale luminosità e inoltre il fenomeno sarebbe durato 5 minuti quando il massimo di una eclisse totale di Sole è di 7 minuti e 31 secondi. A questo punto, per evitare che il maltempo mandasse all’aria tutto furono organizzate due spedizioni, una guidata da Arthur Eddington verso l’isola Principe davanti alla Guinea e l’altra, guidata da Andrew Crommelin verso Sobral, nel nord del Brasile.
Va ricordato che una parte importante nell’organizzazione delle spedizioni l’ebbe Arthur Eddington, uno dei più importanti astrofisici del Novecento, che fin da principio sostenne con grande entusiasmo la teoria di Einstein affascinato dalla sua eleganza matematica. ‘Indipendentemente dal fatto che la teoria si dimostrerà alla fine corretta oppure no – dichiarò Eddington – essa merita attenzione perché rappresenta uno degli esempi più belli della potenza insita nel ragionamento matematico’. L’entusiasmo di Eddington è riassunto da questa risposta che Edwin Cottingham diede a uno dei componenti di una missione che gli aveva chiesto cosa sarebbe accaduto se nessuna spedizione avesse dato conferma della teoria: ‘In questo caso Eddington impazzirà e lei dovrà tornare a casa senza di lui!’.
Per Eddington, purtroppo, le cose si misero subito molto male perché il 29 maggio si presentò con un grande acquazzone e gli astronomi della sua spedizione osservarono l’eclisse quando il fenomeno era già in corso. Indaffarato a scattare fotografie, Eddington riuscì a impressionare sedici lastre, quasi tutte però “disturbate” dalle nuvole, ma finalmente ne trovò una che concordava con la teoria di Einstein. Fu, come dichiarò lo stesso Eddington, «il punto culminante della sua vita ».
Ulteriori conferme, nel frattempo, erano giunte anche dall’altra spedizione. Ma la notizia non venne diramata subito. Solamente il 27 settembre, infatti, Einstein riceve da Lorenz un telegramma che lo informa del successo e Einstein reagisce con due comunicazioni. La prima è indirizzata alla rivista “Naturwissenschaften” per render noto il telegramma e la seconda è una cartolina inviata a sua madre Pauline che all’epoca era in ospedale in Svizzera: «Cara mamma, notizie liete oggi. H.A. Lorenz mi ha telegrafato che le spedizioni inglesi hanno effettivamente confermato la deflessione della luce da parte del Sole».
Il successo di quello straordinario esperimento venne divulgato urbi et orbi solamente ai primi di novembre quando il “Times” di Londra pubblicò per primo la grande notizia con un titolo che accennava anche all’episodio secondo il quale Einstein, presentando un suo lavoro agli editori, lo avvertì che non più di dodici persone al mondo lo avrebbero compreso. In realtà la dichiarazione di Einstein era riferita a una pubblicazione divulgativa sulla Relatività che aveva proposto alcuni anni prima, ma il cronista, per far colpo, la adattò per questa circostanza.
Questo il titolo: “La luce va storta in cielo – Gli scienziati pressoché sconvolti per i risultati dell’osservazione dell’eclisse – La teoria di Einstein trionfa – Le stelle non si trovano dove appaiono o nella posizione calcolata, ma non c’è da preoccuparsi – Un libro per dodici saggi – Non più di tanti in tutto il mondo possono comprenderlo, disse Einstein quando i suoi coraggiosi editori lo accettarono. E da quel 9 novembre Einstein divenne una star e, come scrive Abraham Pais, «non passò un solo anno senza che il suo nome comparisse su quel giornale, spesso in relazione alla scienza, più spesso in relazione ad altri argomenti». A quella data, dunque, si può far risalire la nascita del mito del grande scienziato.
Einstein, dunque, ancora una volta aveva visto giusto. E a chi gli chiese cosa avrebbe pensato se i dati rilevati dall’eclisse avessero sconfessato le sue previsioni rispose candidamente: «Mi sarebbe dispiaciuto per il buon Dio, perché la mia teoria è corretta ». Quando si dice la modestia!
Fonte: Avvenire.it