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Saman, sentenza che racconta un omicidio diverso

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Ergastolo per il padre Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen, 14 anni per lo zio Danish Hasnain e assoluzione per i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq. E’ una sentenza di non immediata interpretazione quella che pronuncia la Corte d’Assise di Reggio Emilia dopo dieci mesi di processo per l’omicidio di Saman e quattro ore di camera di consiglio. Danish, l’uomo indicato dalla Procura come l’esecutore materiale del delitto, colui che l’avrebbe strozzata, prende una condanna di molto inferiore rispetto a quella che tocca ai presunti mandanti, i genitori della ragazza uccisa a 18 anni la notte tra il 30 aprile e il primo maggio a Novellara. La spiegazione tecnica è perché sono cadute le attenuanti dei ‘motivi abietti e futili’ e della ‘premeditazione’ consentendogli così di ottenere lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato. Rito che la difesa aveva chiesto ma non era stato accettato proprio perché in presenza di quelle aggravanti non era possibile per quanto previsto dal ‘codice rosso’.
Ma oltre all’aspetto tecnico i giudici hanno ricostruito nel merito il delitto in modo diverso rispetto all’accusa che aveva chiesto due ergastoli per i genitori e 30 anni per Danish e i cugini. Come abbia ‘ridisegnato’ la scena lo spiegheranno le motivazioni il cui deposito è previsto tra 90 giorni ma fin d’ora si può dire che è caduta l’idea che l’omicidio sia stato il frutto di un piano organizzato da tempo, compreso lo scavo della buca in cui Saman è stata trovata un anno e mezzo dopo la morte. E anche il ‘finale’ non è quello immaginato dalla Procura secondo la quale genitori e cugini avrebbero seppellito la ragazza per nasconderne il corpo dal momento che i due giovani, per i quali è stata disposta l’immediata liberazione, sono stati assolti per non aver commesso il fatto.
Dal dispositivo si deduce che Danish Hasnain è stato condannato per omicidio e occultamento di cadavere, mentre i genitori per omicidio aggravato dal legame familiare. Anche per loro niente premeditazione né soppressione del corpo. Tutti sono stati assolti dal sequestro di persona. La sindaca di Novellara, Elena Carletti, esprime le sue perplessità. “Per tutti noi che abbiamo creduto in una rete familiare estesa che ha contribuito all’esecuzione e all’occultamento del corpo la sentenza è solo in parte quella che ci si poteva aspettare perché nulla la condanna a 14 anni dell’esecutore materiale”.
Esemplare invece – aggiunge – è la condanna all’ergastolo di padre e madre perché riconosce pienamente la responsabilità genitoriale ed è un segnale importantissimo”. Anche l’avvocata Elena Iannuccelli sembra delusa, anche perché il suo assistito, Saqib, non ha ottenuto alcun risarcimento, così come il fratello di Saman: “Rimane il dispiacere perché Saman avrà sempre 18 anni, per gli altri la vita continua, in carcere o fuori. Non comprendiamo l’ergastolo per i genitori che non hanno partecipato e 14 anni per l’esecutore materiale. Questo percorso processuale ha riservato una serie di colpi di scena dove sono state spazzate via testimonianze come quella del fratello, dichiarato indagabile”.
Ben altro lo stato d’animo della difesa dei due assolti. “E’ un momento di commozione, siamo tutti molto soddisfatti. Ikram si è sempre proclamato innocente e ce l’abbiamo fatta a provare la sua innocenza. Sarà liberato entro sera” afferma l’avvocato Maria Grazia Petrelli, legale di Ikram. L’avvocato Liborio Cataliotti annuncia che farà comunque ricorso in appello ritenendo innocente Danish. Prende tempo Enrico Della Capanna, uno dei difensori di Shabbar: “Le sentenze si commentano dopo avere letto le motivazioni. Shabbar non ha ovviamente accolto con grande favore il verdetto. Si è sempre dichiarato estraneo ai fatti, resto convinta che l’accusa di omicidio discenda da un equivoco”. Risarcimenti sono stati riconosciuti ad associazioni islamiche e contro la violenza sulle donne e al Comune di Novellara. La sentenza è arrivata il giorno dopo quello che sarebbe stato il ventunesimo compleanno di Saman. (AGI)