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Salute: in Italia 150mila infarti l’anno ma cala mortalità

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«Ci sono margini rilevanti per ridurre la mortalità post infartuale dei pazienti italiani e per tali ragioni abbiamo voluto guardare cosa succede dentro le nostre cardiologie e attivare un processo interno di verifica, valutazione e formazione volto a migliorare il governo clinico, l’attività delle strutture cardiologiche ospedaliere e la gestione del paziente con sindrome coronarica acuta – afferma Furio Colivicchi, Past President ANMCO, Direttore Cardiologia Clinica e Riabilitazione Ospedale San Filippo Neri, Roma e Coordinatore nazionale del programma Audit clinico di ANMCO. ANMCO ha trovato in questo progetto finalizzato alla salute pubblica e condotto secondo i criteri dell’Audit clinico, un alleato virtuoso come Amgen, sensibile a questi specifici temi. Da questa alleanza è nata la possibilità di realizzare un percorso di miglioramento della qualità delle cure che ad oggi non ha paragoni nel nostro Paese». Il ciclo dell’Audit è iniziato con la raccolta anonima e aggregata di informazioni attraverso cui è stato possibile ricostruire le modalità con cui i pazienti venivano gestiti nelle strutture. È seguita una fase di verifica e valutazione che ha permesso di identificare alcune criticità che potevano richiedere un intervento per essere migliorate. Ogni struttura ha ricevuto il report del suo operato ed è iniziata la fase di formazione, mirata a migliorare gli indicatori principali e la qualità complessiva delle cure. A chiusura del ciclo è stata condotta una ulteriore rilevazione che ha riscontrato come effettivamente si sia realizzato un notevole cambiamento e miglioramento degli elementi più deboli. Oltre a fornire importanti indicazioni in termini di epidemiologia clinica – evidenziando come i pazienti ricoverati per infarto siano molto più anziani che in passato, con molteplici fattori di rischio e spesso pregressi infarti – e di appropriatezza di intervento – la maggioranza dei pazienti è sottoposta ad angioplastica e la quasi totalità è sottoposta a coronarografia – l’Audit ha messo in luce anche la rivoluzione nell’approccio terapeutico dell’ipercolesterolemia: i cardiologi italiani hanno prontamente recepito l’indicazione della comunità cardiologica internazionale per l’utilizzo di terapie di combinazione e impiegano in misura crescente farmaci biologici innovativi, come gli anticorpi monoclonali anti PCSK9, per ridurre il colesterolo LDL nella fascia di pazienti più gravi e ad altissimo rischio di successivi eventi ischemici. I pazienti italiani con la diagnosi di Infarto Miocardico Acuto vengono seguiti nelle Cardiologie secondo standard di cura ottimali, attraverso procedure come l’angioplastica e coronarografia, che hanno contribuito a ridurre dal 16% al’8% la mortalità a 30 giorni dall’evento acuto. I cardiologi della Sanità pubblica utilizzano al meglio le risorse farmacologiche offerte dal SSN, avvalendosi delle più efficaci combinazioni di farmaci. Occorre però migliorare la gestione dei fattori di rischio e del percorso di cura, per ridurre l’incidenza dell’infarto e la mortalità durante e dopo il ricovero. Sono le principali indicazioni che emergono dell’Audit clinico condotto e promosso dall’ANMCO – Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri con il sostegno non condizionante di Amgen, presentato oggi nel corso del 55° Congresso Nazionale dell’Associazione. Si tratta della prima esperienza italiana di questo genere in ambito sanitario, realizzata all’interno di 50 Centri cardiologici ospedalieri distribuiti sul territorio nazionale con il coinvolgimento di 500-600 cardiologi, il 10% di tutti gli specialisti che operano nella Sanità pubblica. «Il Congresso nazionale è l’appuntamento più atteso nel panorama scientifico della cardiologia italiana che ha un ruolo sempre più centrale e attivo all’interno del Servizio Sanitario Nazionale – dichiara Fabrizio Oliva, Presidente ANMCO e Direttore Cardiologia 1 Ospedale Niguarda di Milano – siamo positivamente colpiti dai dati di Audit clinico che ha verificato l’operato di un cospicuo numero di strutture e operatori sanitari italiani, con un’attenzione particolare alla prevenzione secondaria dei pazienti con infarto miocardico acuto. Intervenire, laddove si presentino punti di debolezza nella presa in carico e assistenza di questi pazienti per migliorare le cure e ridurre la mortalità, è nostro dovere e missione di ANMCO». Ogni anno in Italia si registrano da 130.000 a 150.000 nuovi casi di infarto miocardico acuto: oltre 25.000 pazienti muoiono prima di arrivare al ricovero. L’8% dei pazienti ricoverati muore entro 30 giorni dalla dimissione dall’ospedale. E circa l’8-10% muore entro un anno. Complessivamente, dal 16 al 20% delle persone che sopravvivono a un infarto muore entro 12 mesi dal ricovero ospedaliero. Le tecniche di rivascolarizzazione hanno permesso di dimezzare la mortalità entro i 30 giorni, che in passato superava il 15%. La mortalità fuori ospedale, invece, non è migliorata, e questo evidenzia l’importanza di seguire i pazienti in modo adeguato sul territorio per assicurare la continuità delle terapie e della riabilitazione cardiologica. (AGI)
RED/PGI