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Salute: dalla ricerca un nuovo approccio contro l’obesità

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La modulazione degli endocannabinoidi nel cervello potrebbe rappresentare un approccio promettente contro l’obesità. Lo suggerisce uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, condotto dagli scienziati del centro di ricerca ospedaliero affiliato all’Université de Montréal (CRCHUM). Il team, guidato da Stephanie Fulton, David Lau e Stephanie Tobin, ha analizzato i meccanismi del sistema nervoso che controllano la necessità di mangiare e svolgere attività fisica, e il modo in cui il loro metabolismo influenzi l’umore. I ricercatori hanno utilizzato un modello murino per dimostrare che il controllo del peso corporeo è fortemente modulato dai neuroni del nucleo accumbens, una regione del cervello ricca di endocannabinoidi. Quest’area, sostengono gli esperti, aiuta a regolare la ricompensa alimentare e l’attività fisica. In particolare, riportano gli autori, l’enzima ABHD6 degrada una molecola endocannabinoide chiave nota come 2-arachidonoilglicerolo (2-AG). L’inibizione di questo enzima protegge dal diabete e riduce il peso corporeo. “Ci aspettavamo che l’aumento dei livelli di 2-AG avrebbe stimolato l’assunzione di cibo – afferma Fulton – in realtà abbiamo osservato che gli animali tendevano a essere meno interessati a mangiare e più propensi a svolgere attività fisica”. Iniettando un inibitore mirato dell’ABHD6 nel cervello dei topi, i ricercatori hanno osservato un effetto protettivo nei confronti dell’aumento di peso. La capacità di indirizzare specifici percorsi neuronali nel cervello per controllare il peso è cruciale per gli scienziati di oggi. A seconda dell’area del cervello mirata, l’inibizione di ABHD6 può avere effetti contrastanti. Nel 2016, il gruppo di ricerca ha scoperto che il blocco dell’ABHD6 in alcuni neuroni ipotalamici rendeva i modelli animali resistenti alla perdita di peso. Nel nuovo lavoro, invece, è emerso che l’inibizione di questa molecola a livello cerebrale ha l’effetto netto di ridurre l’aumento di peso associato a una dieta ricca di grassi. “Non abbiamo osservato segni di ansia o depressione – commenta ancora Fulton – il che è molto importante, dato che il Rimonabant, un farmaco dimagrante che agisce sui recettori dei cannabinoidi nel sistema nervoso centrale, è stato ritirato dal mercato alla fine degli anni 2000 dopo che i soggetti che assumevano il farmaco avevano segnalato gravi effetti come depressione e tendenze suicide”. “Questo lavoro – conclude – apre la strada a nuove terapie volte a contrastare l’obesità e i disturbi metabolici come il diabete di tipo 2. Nei prossimi step, sarà fondamentale valutare se gli effetti derivanti dall’inibizione dell’enzima siano similari anche negli esseri umani”. (AGI)