Un team di ricercatori guidato dall’Università della California, Irvine, ha scoperto che un antiossidante presente nell’estratto del rosmarino può ridurre l’assunzione volontaria di cocaina, moderando la risposta di ricompensa del cervello. La scoperta, pubblicata sulla rivista Neuron, offre un nuovo obiettivo terapeutico per il trattamento della dipendenza. L’attenzione dei ricercatori dello studio si è focalizzata su una regione del cervello chiamata globo pallido esterno, che agisce come un gatekeeper che regola il modo in cui reagiamo alla cocaina. I ricercatori hanno scoperto che all’interno di questa regione cerebrale, i neuroni positivi alla parvalbumina svolgono un ruolo cruciale nel controllo della risposta alla cocaina, modificando l’attività dei neuroni che rilasciano la molecola del piacere, la dopamina. “Attualmente non esistono terapie efficaci per la dipendenza da psicostimolanti come la cocaina, che, insieme agli oppioidi, rappresentano un notevole problema per la salute”, afferma l’autore principale dello studio, Kevin Beier, professore associato di fisiologia e biofisica presso l’UC Irvine. “Il nostro studio approfondisce la nostra comprensione dei meccanismi cerebrali di base che aumentano la vulnerabilità ai disturbi correlati all’uso di sostanze e fornisce le basi per lo sviluppo di nuovi interventi”, aggiunge. I risultati ottenuti sui topi hanno rivelato che le cellule positive alla parvalbumina del globo pallido esterno, che influenzano indirettamente il rilascio di dopamina, diventano più eccitabili dopo essere state esposte alla cocaina. Questo ha causato un calo nell’espressione di alcune proteine che codificano i canali di membrana che solitamente aiutano a tenere sotto controllo l’attività delle cellule del globo pallido. I ricercatori hanno scoperto che l’acido carnosico, un isolato dell’estratto di rosmarino, si lega selettivamente ai canali interessati, offrendo una via per ridurre la risposta al farmaco in modo relativamente specifico. “Solo un sottoinsieme di individui è vulnerabile allo sviluppo di un disturbo da uso di sostanze, ma non possiamo ancora identificare chi sono. Se l’attività delle cellule del globo pallido può predire efficacemente la risposta alla cocaina, potrebbe essere utilizzata per misurare le probabili risposte e quindi fungere da biomarcatore per i più vulnerabili”, dice Beier. “Inoltre, è possibile che l’acido carnosico possa essere somministrato a soggetti ad alto rischio per ridurre la risposta alla cocaina”, aggiunge. I prossimi passi dei ricercatori includono la valutazione approfondita degli effetti collaterali negativi dell’acido carnosico e la determinazione del dosaggio e del momento ideali. Il team è anche interessato a testarne l’efficacia nel ridurre il desiderio di altre droghe e a sviluppare varianti più potenti e mirate. (AGI)