Claudia Fresta – resp. nazionale parità di genere
Le immagini che ritraggono Ilaria Salis, insegnante di una scuola elementare di Monza, arrestata lo scorso febbraio in Ungheria, riempiono il cuore di sgomento e rabbia. La Solis appare in Tribunale legata mani e piedi, tenuta per una catena come se fosse un guinzaglio, scortata da agenti penitenziari con indosso giubbotti antiproiettile e passamontagna. Accusata di lesioni gravi, si dichiara non colpevole e le viene negata la possibilità di visionare i filmati delle telecamere di sorveglianza, che, a detta dell’accusa, la ritrarrebbero a volto coperto aggredire due manifestanti neonazisti in occasione del Giorno dell’Onore, un raduno di militanti di estrema destra che ha luogo ogni anno in Ungheria a febbraio. Le viene negata anche la possibilità di conoscere a pieno i reati di cui è accusata, essendo gli atti dell’accusa non tradotti né in italiano né in inglese. Le viene addebitata anche l’affiliazione a un gruppo tedesco (Hammerbande) che si propone di assaltare i militanti fascisti e la procura di Budapest richiede undici anni di reclusione.
Le immagini che la ritraggono in quell’ aula di Tribunale non sembrano provenire da un Paese che fa parte dell’Unione Europea, né tantomeno da uno Stato che aderisce alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che ovviamente vieta ogni tipo di tortura e trattamento inumano e degradante. Trattamento riservato purtroppo alla nostra connazionale. L’obiettivo per la difesa sono gli arresti domiciliari, già negati una volta. Fermo restando che ogni detenuto, europeo e non, deve godere di tutele e diritti, il trattamento disumano a cui è stata sottoposta Ilaria Salis richiede una ferma condanna da parte del Governo e un’azione repentina che salvaguardi e riporti a casa la nostra connazionale e, più in generale, garantisca la dignità umana a ogni livello. Se questa e’ Europa.