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Rosa Balistreri: una siciliana ribelle da vivere e commemorare.

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di Patrizia Orofino.

La cantastorie siciliana per eccellenza, Rosa Balistreri fu un personaggio che segnò un’ epoca. Nata a Licata nel 1927 da famiglia poverissima, si sposa da ragazza, appena sedicenne come da usanza popolare e poco dopo diviene madre della sua unica figlia. Un matrimonio sbagliato, un marito padre padrone col vizio dell’alcol e del gioco che, coinvolse la Balistreri nella vita quotidiana e che la fece patire e soffrire. Era analfabeta Rosa, imparò a scrivere e leggere a trent’anni quando dopo la definitiva separazione dal marito, si trasferì con la sorella, il fratello e la figlia in Toscana e lì avvenne il cambiamento. Conobbe il pittore: Manfredi Lombardi e convive con lui dodici anni. Questo le permise di conoscere e far parte del mondo degli intellettuali fiorentini di allora, scrisse canzoni popolari di protesta e con la sua chitarra partecipò ad uno spettacolo ideato e condotto da Dario Fo; Rosa, cantava e “cuntava,” cioè raccontava la vita e le collusioni ad esempio tra “mafia e parrini” (il titolo di una delle sue canzoni) oppure svegliare la sua gente con un brano dal titolo: “terra ca nun senti” cercando di scuotere le coscienze del popolo siciliano che, viveva rassegnato ad essere stereotipato da coloro i quali rallentavano il suo sviluppo, sia dal punto di vista culturale, quindi scolastico e soprattutto lavorativo. Rosa, fu e sarà sempre d’esempio per come seppe lottare non arrendendosi alla realtà ma cambiandola. Il suo folk creò un nuovo modo di fare musica. Rosa morì il 20 settembre del 1990 a Palermo.