Circa 66 mila miliardi di dollari, ovvero circa il 63% del Pil globale. Ecco il costo annuo dell’inazione rispetto alle grandi questioni socio-economiche del nostro tempo – come il cambiamento climatico, l’invecchiamento della popolazione, la polarizzazione della ricchezza. È quanto emerge dalla ricerca Deloitte ‘Globalizzare la solidarietà’ presentata nel corso dell’evento ‘Giubileo 2025 – 100 giorni all’apertura della Porta Santa’ nella sede Deloitte di Via Veneto a Roma.
Cambiamento climatico, invecchiamento della popolazione, polarizzazione della ricchezza, guerre e instabilità politica, pandemie e crisi sanitarie, povertà e analfabetismo, fame nel mondo, discriminazioni e migrazioni forzate sono problematiche sociali che oltre ai risvolti etici comportano dei costi enormi per l’umanità. L’impatto sull’economia in termini di costi di queste grandi problematiche mondiali, infatti, è pari a circa 66 mila miliardi di dollari all’anno, equivalenti a circa il 63% del Pil mondiale. Non intervenire equivale ad arrecare un costo per la collettività di circa 1,1 milioni di miliardi di dollari nei prossimi 30 anni.
Dall’indagine demoscopica (condotta in Italia, Francia, Germania, Spagna, UK e USA) che è parte dello studio Deloitte emerge che oggi circa 8 persone su 10 (91% nel caso dell’Italia) pensano che la nostra epoca sia caratterizzata da una maggiore complessità rispetto al passato. Rispetto alle sfide del nostro tempo, meno di una persona su due ritiene che si stia facendo il possibile a livello internazionale per porre rimedio. A fare da contraltare a questo percepito, però, c’è anche la convinzione del 65% secondo cui la situazione è ancora recuperabile.
Interrogati sulle grandi sfide del nostro tempo, gli intervistati italiani pensano che quelle più preoccupanti siano “guerra e instabilità politica” (92%), “povertà” (93%) e “migrazioni forzate”. Anche negli altri Paesi analizzati emerge grande preoccupazione per la guerra e l’instabilità politica, un tema che è considerato prioritario dall’83% delle persone in UK, dall’84% dei francesi, dal 91% degli spagnoli, dall’82% dei tedeschi e dall’86% degli statunitensi. Quanto alla “fiducia in un mondo migliore”, invece, emerge una significativa tendenza per cui questa diminuisce all’aumentare dell’età, con una quota di “ottimisti” pari al 63% tra i GenZ, 53% tra i Millennial, 38% tra i Gen X e 29% tra i Baby Boomer. (AGI)