“Un docufilm contro le guerre, contro l’orrore di quello che lascia una guerra. Attraverso le storie di queste vite rendiamo noto il prezzo che si paga, il vuoto e la distruzione dell’animo di chi subisce le conseguenze di un conflitto”. Cosi all’AGI la regista Francesca Comencini presenta il suo “Tante facce della memoria”, in sala sabato alla Festa del Cinema di Roma e che racconta la vita di sei donne, familiari di altrettante vittime delle Fosse Ardeatine. Il film si basa sulle registrazioni dello storico Alessandro Portelli raccolte per il libro “L’ordine è stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria”. Il docu-film è prodotto da Kavac film, e NACNE, e interpretato da Lunetta Savino, Carlotta Natoli, Bianca Nappi, Mia Benedetta, Simonetta Solder, Chiara Tomarelli.
“L’idea – ha spiegato la regista – era quella di trasmettere le vite, i dolori e le fatiche di queste sei donne, parenti delle vittime delle fosse Ardeatine. E dalle registrazioni è nata l’idea di fare uno spettacolo nel 2015 con sei attrici che impersonano le protagoniste reali. Una scenografia molto semplice cosi come la drammaturgia, con una sorta di coro a sei voci per raccontare le stesse cose ma da sei diversi punti di vista. Allestito questo spettacolo, fatto girare anche con un po’ di fatica in vari palcoscenici, ci siamo poi interrogati sulla forza di questi racconti e sulla necessità di imprimere ancora più forza alla loro memoria. E quindi abbiamo fatto le riprese dello spettacolo. E adesso siamo qui, molto emozionate e onorate del fatto che questo docu – film venga presentato qui alla Festa del Cinema di Roma. Nella città dove si sono svolti i fatti”.
Le attrici hanno accettato con grande entusiasmo? ” Sì, – sottolinea la regista – hanno subito risposto e lavorato con impegno. Sono state una vera e propria locomotiva”.
Sei vite, sei storie: ce ne è una che ha colpito di più l’animo di Francesca Comenicini? ” Sono tutte storie estremamente commoventi, potenti e forti. Forse mi ha impressionato di più il racconto di Vera Simoni – ricorda la regista – che è la figlia di uno dei martiri delle Fosse. Suo padre era un generale dell’esercito italiano che era stato a Caporetto, un uomo con molte medaglie e onorificenze. Un militare, un conservatore e anche un uomo vecchio, un mutilato di guerra che si è arruolato in tarda età nella resistenza. Era a via Tasso e da lì, fu portato alle Fosse Ardeatine. La storia mi ha colpito per il modo di agire di quest’uomo. La sua vicenda è un patrimonio che appartiene a tutto il Paese e non solo ad una parte politica specifica dell’Italia. La figura di questo generale, mi ha davvero colpito molto. Credeva nell’esercito, nei valori della divisa. Un conservatore che però, a un certo punto, ha detto basta. Ed entrando nella resistenza ha pagato fino alla fine anche con l’estremo sacrificio. Pur essendo un eroe di guerra”.
Quanto è importante il valore della memoria considerando anche il contesto in cui viviamo? “Non sono uno storico, non pretendo di realizzare un’opera con un fine pedagogico. Sono una regista – risponde Comencini- e mi sono impegnata a trasmettere questi racconti che sono dettagli di vita. Mentre si ascoltano le donne, sembra di sentire l’odore della loro cucina, della loro quotidianità. E in questo modo, riusciamo a far vedere quanto tutto questo è vicino a noi, molto più di quanto pensiamo. Perché le guerre in questo momento ci sono. Noi abbiamo iniziato nel 2015 e oggi siamo arrivati a questo punto. Alle guerre. Con quest’opera vogliamo rendere omaggio a queste donne che sono state troppo poco ringraziate. E attraverso il loro dolore e il loro vissuto rappresentiamo la ferocia e l’orrore della guerra per chi la paga in prima persona e per chi resta”.
Lo storico Alessandro Donzelli ha raccolto le testimonianze di centinaia di donne e uomini protagonisti del dramma dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. Comencini sulla scena ha restituito le “tante facce” della memoria, le voci di tre gappiste e di tre donne legate alle vittime della strage, dando vita a uno spettacolo teatrale basato su racconti reali e cristallizzato in un film affinché quella memoria continui ad essere tramandata.
Lunetta Savino, Mia Benedetta (che ha curato la drammaturgia insieme alla regista) Carlotta Natoli, Bianca Nappi, Simonetta Solder e Chiara Tomarelli, nel 2015 hanno messo in scena un racconto corale e personale allo stesso tempo, nell’omonimo spettacolo che negli anni scorsi è stato presentato a Roma al Teatro Argentina e all’India, nel carcere di Regina Coeli, alla Camera dei Deputati, alla Casa della Memoria e al Memoriale delle Fosse Ardeatine. E ancora, a Milano al Teatro Franco Parenti e in tante piazze italiane.
Ore e ore di voci registrate dal vivo, ascoltate da Comencini e Benedetta e poi annodate l’una all’altra. Le protagoniste si incontrano in un dialogo che si incrocia, si sfiora o si sovrappone. Sedute su sei sedie, un palco vuoto, raccontano ciò che accadde in quei drammatici giorni. Il coraggio e la paura delle partigiane che resistevano all’occupazione di Roma: Carla Capponi (interpretata da Chiara Tomarelli), Marisa Musu (Bianca Nappi) e Lucia Ottombrini (Mia Benedetta) e delle madri, mogli o figlie delle vittime: Ada Pignotti (Lunetta Savino), Gabriella Polli (Carlotta Natoli) e a Vera Simoni (Simonetta Solder).Voci dell’intelligenza popolare, smarrite di fronte alla perdita improvvisa, alla rabbia verso le mistificazioni nazifasciste, al pianto nascosto delle madri e alle domande senza risposte delle figlie. (AGI)