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Riforme: oggi ddl in Cdm; Meloni,di pari passo con autonomia

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Il primo passaggio delle Camere al ddl sulla riforma costituzionale e il primo via libera al ddl sull’autonomia: maggioranza e governo guardano all’appuntamento delle Europee con l’obiettivo di iniziare a mettere a terra entro la prossima primavera alcuni dei punti principali contenuti nel programma con il quale il centrodestra si è presentato alle elezioni. Riforme e autonomia viaggiano di pari passo, ha sottolineato la premier Meloni. L’autonomia sia legge nel 2024, ha rimarcato il presidente della Regione Veneto Zaia che poi sulle riforme ha fatto notare: “Sarebbe davvero anacronistico se il premier eletto non avesse limite di mandati, mentre i presidenti di Regione e i sindaci sì”.
Sul testo che il ministro delle Riforme Casellati illustrerà domani in Consiglio dei ministri si è arrivati ad una sorta di compromesso, con l’introduzione della cosiddetta norma ‘anti-ribaltone’ che è stata modificata anche nelle ultime ore. “Qualora il Governo nominato non ottenga la fiducia e negli altri casi di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio subentrante, il presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”, l’aggiunta arrivata nel pre-Consiglio dei ministri al testo che punta all’introduzione dell’elezione “popolare diretta del Presidente del Consiglio” e alla “razionalizzazione del rapporto di fiducia”.
Con l’articolo 1 si modifica l’articolo 59 della Costituzione: viene abrogato il secondo comma secondo il quale spetta al presidente della Repubblica nominare i cinque senatori a vita. Viene modificato poi l’articolo 88 che prevede che il presidente della Repubblica “può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse”. Al primo comma sono soppresse le parole “o anche una sola di esse”. Con l’articolo 3 del testo si cambia l’articolo 92 della Costituzione: “Il presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo e nomina, su proposta del presidente del Consiglio, i ministri”. Il presidente del Consiglio è eletto – nella Camera nella quale ha presentato la sua candidatura – a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni. “Le votazioni per l’elezione del presidente del Consiglio e delle Camere avvengono tramite un’unica scheda elettorale. La legge – si legge nella bozza del testo – disciplina il sistema elettorale delle Camere secondo i principi di rappresentatività e governabilità e in modo che un premio, assegnato su base nazionale, garantisca il 55 per cento dei seggi nelle Camere alle liste e ai candidati collegati”. Questo è uno dei passaggi sui quali si concentrerà maggiormente l’attenzione delle forze parlamentari che – secondo le intenzioni della maggioranza – dovranno aprire il cantiere della legge elettorale dopo il primo semaforo verde delle Aule.

Inoltre, con il ddl Casellati viene modificato l’articolo 94 della Costituzione. Il terzo comma viene sostituito così: “Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia. Nel caso in cui non venga approvata la mozione di fiducia al Governo presieduto dal Presidente eletto, il Presidente della Repubblica rinnova l’incarico al Presidente eletto di formare il Governo. Qualora anche quest’ultimo non ottenga la fiducia delle Camere, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”.
Ed ecco la ‘norma anti-ribaltone’: “In caso di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio eletto, il Presidente delle Repubblica può conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare che è stato candidato in collegamento al Presidente eletto, per attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici su cui il Governo del Presidente eletto ha ottenuto la fiducia. Qualora il Governo così nominato non ottenga la fiducia e negli altri casi di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio subentrante, il Presidente della Repubblica procede allo scioglimento delle Camere”. Infine, la norma sull’abolizione dei senatori a vita: restano in carica quelli nominati.
Sulla norma ‘anti-ribaltone’ restano ancora dei dubbi nella maggioranza. Sarà poi il Parlamento a decidere. Il testo che arriva sul tavolo del Consiglio dei ministri prevede che la sostituzione di un premier possa avvenire soltanto una volta all’interno di una legislatura ma aumenta la spinta tra le forze politiche che sostengono l’esecutivo affinché si arrivi alle urne nel caso di cessazione dell’incarico del premier.
Il treno della riforma costituzionale viaggerà di pari passo con l’autonomia differenziata. “Le due cose si tengono insieme”, ha sottolineato il presidente del Consiglio. “Oggi il grande vulnus – ha argomentato – è dato dal fatto che le regioni hanno un’autorevolezza e una stabilità che mancano al governo centrale, perché il presidente del Consiglio non è eletto direttamente. Se vuoi dare ulteriori poteri alle regioni virtuose, devi avere i giusti contrappesi. Noi potremo trasferire altre risorse e competenze nel rapporto bilaterale con le regioni che lo meritano, a patto di non togliere nulla alle altre. Perciò è indispensabile stabilire la soglia dei servizi essenziali sotto la quale nessuna regione può andare”. Il ddl Calderoli è all’esame della Commissione Affari costituzionali del Senato. Il ministro nel Consiglio federale della Lega non ha escluso – secondo quanto riferiscono fonti parlamentari – che possa arrivare in Aula prima di Natale, dopo il voto sugli ultimi cinquanta emendamenti. Ma a palazzo Madama i riflettori sono puntati intanto sulla legge di bilancio. Tra le forze d’opposizione è solo Renzi ad aprire: “Un premier piu’ forte e’ interesse dell’Italia”. (AGI)
RED/GIL