Sent. n. 21963 del 24 ottobre 2011 (ud. del 7 luglio 2011) della Corte Cass., Sez. I Civ. – Plenteda, Rel. Scaldaferri Fatto e diritto 1. Con atte spedito per la notifica il 15 novembre 2005 e ricevuto il 29 successivo, l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, ha proposto ricorso straordinario per cassazione avverso la sentenza del Giudice di Pace di Patti, resa, pubblica l’8 agosto 2005 e notificata il 23 agosto successivo, che ha condannato l’Agenzia stessa al pagamento in favore di G.A. della somma di Euro 547,88 oltre interessi legali, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale causatole dalla notifica da parte dell’Ufficio di Patti, nell’aprile 2003, di un avviso di accertamento di imposta per Euro 262,88 successivamente (nel gennaio 2034) annullato dalla stessa Amministrazione a seguito delle contestazioni espresse dalla A. tramite il proprio commercialista, il cui onorario costituiva per l’appunto il danno riconosciuto dal Giudice di Pace. 2. L’Agenzia ha dedotto due motivi: con il primo, lamenta, che la sentenza è stata emessa nei confronti dell’Ufficio locale di Patti dell’Agenzia, e quindi di un soggetto giuridico inesistente ai fini del processo civile (unico soggetto destinatario della vocatio in ius dovendo ritenersi essa Agenzia centrale delle Entrate con sede in Roma), con conseguente nullità assoluta ed insanabile della citazione e della sentenza per violazione dell’art. 156 c.p.c., n. 3 e art. 166 c.p.c. e ss.. Con il secondo motivo, denuncia la violazione/falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., deducendo che il giudice di merito,, ritenendo la Agenzia responsabile di colpevole ritardo nell’emettere il provvedimento di annullamento in autotutela dell’atto impositivo, aveva omesso di considerare la mancanza nella specie dell’elemento dell’ingiustizia del danno, giacché l’annullamento in autotutela non si configura come obbligo bensì come mera facoltà dell’Amministrazione, si che il privato non è titolare di alcuna posizione soggettiva giuridicamente qualificata al ritiro dell’atto impositivo, ancorché illegittimo, specie a fronte dell’inerzia, da parte sua, nell’attivazione degli strumenti di tutela accordatigli dalla legge. 3. L’intimata non ha svolto attività difensiva. 4. Il ricorso è privo di fondamento. 4.1 Quanto al primo motivo, la tesi sostenuta da parte ricorrente è stata superata dal più recente orientamento giurisprudenziale -condiviso dal collegio – che, muovendo (v. D.Lgs. n. 300 del 1999, artt. 61 e 66, e D.M. 28 dicembre 2000, in vigore dal 1.1.2001) dalla attribuzione delle funzioni statali concernenti i tributi erariali alla Agenzia delle Entrate come soggetto dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, rappresentata dal Direttore, e dalla attribuzione agli Uffici periferici dell’Agenzia della stessa capacità di stare in giudizio spettante, in base al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 10 e 11, agli Uffici finanziari che avevano emesso l’atto, ha ritenuto la sussistenza di una legittimazione concorrente ed alternativa al Direttore – simile alla preposizione institoria disciplinata dagli artt. 2203 e 2204 c.c. – in capo a detti Uffici periferici, quali organi dell’Agenzia che, al pari del Direttore, ne hanno la rappresentanza ai sensi e per gli effetti delle norme generali poste dall’art. 163 c.p.c., comma 2, n. 2, e dagli artt. 144 e 145 c.p.c., quindi anche nel processo civile ordinario (cfr. Sez. 3 n. 8703/2009; S.U. n. 3116/2006). Legittimamente, dunque, l’Agenzia delle Entrate di Patti è stata evocata in giudizio innanzi al Giudice di Pace per il risarcimento di danni provocati dall’attività da essa posta in essere. 4.2 La doglianza esposta nel secondo motivo non coglie la ratio decidendi espressa nel provvedimento impugnato, che non ha collegato la statuita responsabilità dell’Agenzia al ritardo nella rimozione dell’atto impositivo, bensì alla emissione di tale atto illegittimo, dalla quale è derivato il danno accertato. 5. Il rigetto del ricorse si impone dunque, senza provvedere sulle spese di questo giudizio di legittimità, non avendo l’intimata svolto attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima