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Regina D’Antigny (Regina Bianchi)

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Lecce 1921 – Roma 2013

Di Emanuela Catalano

Durante tutta la mia carriera, io ho seguito sempre la mia scuola, la mia tecnica, e mi sono trovata bene con tutti i registi con cui ho lavorato, anche dopo Eduardo.

La scuola che Regina Bianchi ha frequentato, alla quale si è formata, è quella del palcoscenico, dove è salita neonata ed è rimasta sino ai sedici anni, nella compagnia teatrale dei suoi genitori, Raffaele Merola e Maria D’Antigny.

Regina, che nacque durante l’intervallo tra il primo e il secondo spettacolo del giorno, festivo, di Capodanno, fin dalla nascita ha un posto, un ruolo e un lavoro in teatro. A otto giorni è già in scena nella parte di un neonato e così, sempre nella sua vita, “a tutte le età, ho sempre lavorato”. Compare sul cartellone col suo cognome anagrafico, D’Antigny, la compagnia invece è quella di Italo Bianchi, nome d’arte del padre. Nel 1935 dopo essere stata convocata in questura Regina assume, anche lei come il padre, il cognome Bianchi, che in realtà è quello della nonna paterna, Emilia, nonché il ricordo di Brigida Bianchi (1613-1703) attrice della commedia dell’Arte, poeta e scrittrice.

Nella compagnia di famiglia capisce “che quella non era una forma di teatro che mi potesse dare un binario, un inquadramento, per un altro tipo di teatro che io, invece, intendevo fare”. E così, a sedici anni, lascia la compagnia paterna.

Dopo essere stata un anno nella compagnia di Domenico “Mimì” Maggio (padre di Dante, Rosa, Virgilio e Pupella), nell’estate del 1938 si presenta a casa di Raffaele Viviani “con le treccine e i calzini bianchi arrotolati” e chiede di entrare a far parte della compagnia. Viviani vuol sapere perché il padre non l’avesse accompagnata. “Papà non voleva interferire… conosceva un po’ tutti… ma in famiglia abbiamo sempre detestato le raccomandazioni. Così erano le nostre generazioni!”

Nella stagione 1938-1939 l’attrice è nella compagnia di Raffaele Viviani dove riceve il suo primo applauso a scena aperta, nell’unica scena recitata; Viviani medesimo, con un gesto affettuoso, la riporta davanti al pubblico per questa prima ovazione.

Inizia a lavorare nel cinema, il suo primo film nel 1939, Il ponte di vetro, con Rossano Brazzi, ha la regia di Goffredo Alessandrini, regista già affermato. Ancora oggi l’attrice ritiene di aver avuto un esordio cinematografico particolarmente fortunato.

Nel 1940 Italo Bianchi riceve una telefonata di Eduardo De Filippo: ”Ho bisogno che mi mandi Regina”. La giovane attrice inizia quindi a lavorare per i De Filippo, ma sono anni travagliati, quelli tra il 1940 e il 1944. Regina è continuamente pressata dal suo compagno, Goffredo Alessandrini, a ritirarsi dal lavoro per crescere le loro due figlie nate nel 1941 e nel 1942, per cui entra ed esce dalla compagnia, fino a quando, durante le prove al Teatro Diana nel 1944, scoppia la tremenda lite tra i due fratelli De Filippo che porterà alla frattura dei loro rapporti per moltissimi anni.

Regina Bianchi, testimone del litigio, nel trambusto susseguito alla divisione della compagnia teatrale, e per via dei suoi personali impegni familiari, rientra a Roma e, nell’anno 1944-45, sarà nella compagnia di Peppino, stanziata in quella città.

Poi l’attrice lascerà il teatro per quattordici anni, per accudire le figlie. Riprenderà nuovamente a lavorare con la compagnia di Eduardo iniziando nell’estate del 1959 con la partecipazione a un’edizione radiofonica del dramma Dolore sotto chiave, proseguendo sulle tavole del palcoscenico nella successiva stagione, sostituendo Titina in tutti i ruoli da protagonista del teatro di Eduardo, fino a culminare nella superba interpretazione di Filumena Marturano e, nel 1962, alle registrazioni televisive.

La naturale modestia dell’attrice la faceva sentire a disagio nel ruolo che era stato creato per Titina De Filippo, ma questa, con una gesto di profondo spessore umano, le scrisse una lettera per darle coraggio.

So che una mia parola può farvi bene, e non esito a dirla…So che siete preoccupata per il personaggio di Filumena che Eduardo intende assegnarvi. State tranquilla, amica mia: se Eduardo non avesse avuto fiducia nelle Vostre possibilità, non Vi avrebbe esposta ad un insuccesso! Studiate bene la parte, ascoltate religiosamente Eduardo, e vedrete che dopo lo sforzo c’è il successo! Un bacio affettuoso Titina.

In compagnia con Eduardo Regina Bianchi, questa volta, rimane sette anni, dal 1959 al 1966, sono gli anni delle lunghe tournée all’estero, memorabile quella a Mosca.

Dal 1968 Eduardo scrittura Pupella Maggio, Regina inizia a lavorare con altri registi, e soprattutto affronta il teatro in lingua italiana. Lavora sulle scene italiane, diretta dai registi più autorevoli e accompagnata da interpreti di alto spessore, portando al successo testi teatrali diversissimi ma tutti egualmente importanti. Roberto Guicciardini, Luca Ronconi, Orazio Costa, Giorgio Prosperi, Bruno Cirino, Mariano Rigillo, Lamberto Pugelli, Ugo Gregoretti, Luigi Squarzina, Franco Zefirelli, Mario Monicelli, Maurizio Scaparro, sono tra i registi che l’hanno scelta per allestire testi di autori di rilievo, da Goldoni a Brecht, da Garcia Lorca a Pirandello. L’attività artistica di Regina Bianchi si interrompe solo nel 1999, quando dà l’addio alle scene ne Il figlio di Pulcinella di Eduardo, ma ancora recita per cinema e televisione.

In Rai Regina Bianchi lavora già nel 1939, canta canzoni napoletane, nelle sperimentazioni. Negli anni Sessanta sarà la protagonista televisiva del primo ciclo di commedie che lo stesso Eduardo registrerà; e parteciperà a sceneggiati televisivi come I Grandi Camaleonti (Letizia Bonaparte) di Federico Zardi e, più recentemente, a produzioni televisive come Padre papà (1995, di Sergio Martino), Elisa di Rivombrosa (2003) e Donna Detective (2007), entrambe di Cinzia Th. Torrini e Butta la luna (2006) di Vittorio Sindoni.

Non si può dimenticare la carriera cinematografica, proseguita, non a margine, ma a completamento della vita di palcoscenico. Anche nel cinema le occasioni si presentano con nomi importanti: 1961 Un giorno da leoni di Nanni Loy e Il giudizio universale di Vittorio De Sica; 1962 Le quattro giornate di Napoli ancora di Nanni Loy, I giorni contati di Elio Petri e Una storia milanese di Eriprando Visconti; 1966 Spara forte, più forte … Non capisco! di Eduardo De Filippo; 1977 Gesù di Nazareth di Franco Zefirelli; 1982 Stangata napoletana di Vittorio Caprioli; 1984 Kaos dei Fratelli Taviani; 1993 Il giudice ragazzino di Alessandro di Robilant e L’orso di peluche di Jacques Derain; 1995 Camerieri di Leone Pompucci, e Les allumettes suedoises di Jacques Artaud; 2008 Ci sta un francese, un inglese e un napoletano di Edoardo Tartaglia.

Nella sua bella carriera Regina Bianchi ha ricevuto due nastri d’Argento, nel 1963 e nel 1996, sempre nel 1996 è stata nominata Grande Ufficiale della Repubblica Italiana ed infine nel 2000, al Teatro Mercadante di Napoli, ha ricevuto il premio Napoletani Illustri.

La critica fin dagli esordi si è occupata di questa attrice con attenzione, il grande talento e la forza dell’impegno professionale hanno da subito inchiodato anche le penne più “cattive” all’ incessante riconoscimento di una “virtù” teatrale in continuo miglioramento, sempre nutrita di attenzione e devozione totale.

Ci piace ricordare una frase semplice che illustra perfettamente la donna, l’artista e la professionista

Io sono sempre stata molto riservata: non ho mai fatto vita mondana… facevo sempre teatro/casa o teatro/albergo!

Per quanto abbia lavorato con testi di ogni genere, guidata dai più egregi registi, il nome di quest’artista rimarrà sempre legato al personaggio di Filumena Marturano di cui lei stessa, in un’intervista informale a Valeria Paniccia, amica e collega, ha formulato un breve, intenso ricordo “[…] io ho fatto una Filumena Marturano che è stata una cosa bella per me”. A prescindere da ogni altra considerazione, è doveroso osservare che, dopo l’edizione televisiva di Filumena Marturano, nell’immaginario collettivo dell’italiano medio, Regina Bianchi è Filumena Marturano. Una sorta di proiezione del suo corpo in un’anima umana creata dal genio di Eduardo; la sua bellezza, la sua adesione, per talento, e per avere di Filumena le “fisique du role”, hanno permesso questa identificazione.

Sempre del teatro di Eduardo, un’altra, diversissima e indimenticabile interpretazione, ci permette di apprezzarla. In Ditegli sempre di sì Regina è Teresa, la sorella del protagonista Michele, “pazzo”, piena di manie e, seppur “perfettemente” normale e integrata nella società, non meno pazza di lui.
In questo personaggio, lontanissimo dai ruoli di Rosa, Amalia e Filumena, Regina Bianchi è strepitosa: scrolla maniacalmente inesistenti briciole dagli abiti e chiama la cameriera con voce “gridata”, dal timbro metallico di vecchio grammofono. Questi vezzi, ha dichiarato l’attrice, li ha colti da una vecchia zia che dava una nota di irresistibile comicità alle riunioni di famiglia.