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REGIME FORFETTARIO SOPPRESSIONE O AMPLIAMENTO

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di Eugenio Maria Pisano

Il Forfettario è un regime fiscale agevolato, destinato alle persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni.

Le ultime modifiche introdotte dalle legge di bilancio 2020 hanno riguardato, introducendo, tra l’altro, un nuovo requisito di accesso, una nuova causa di esclusione e un sistema di premialità per incentivare l’utilizzo della fatturazione elettronica.

Al regime forfetario accedono i contribuenti che nell’anno precedente hanno, contemporaneamente, conseguito ricavi o percepito compensi non superiori a 65.000 euro e sostenuto spese per un importo complessivo non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e compensi a collaboratori.

Sono esclusi dal regime forfettario: le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini Iva o di regimi forfettari di determinazione del reddito; i non residenti; i soggetti che effettuano operazioni di cessione di fabbricati, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi; gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a società di persone, associazioni professionali o imprese familiari ovvero che controllano direttamente o indirettamente società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione; le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta; coloro che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e/o assimilati di importo superiore a 30.000 euro, tranne nel caso in cui il rapporto di lavoro dipendente nell’anno precedente sia cessato.

Chi applica il regime forfetario determina il reddito imponibile applicando, all’ammontare dei ricavi conseguiti o dei compensi percepiti, il coefficiente di redditività previsto dal legislatore per l’attività esercitata.

Dal reddito determinato forfetariamente si deducono i contributi previdenziali obbligatori.

Al reddito imponibile si applica un’unica imposta, nella misura del 15%, sostitutiva di quelle ordinariamente previste (imposte sui redditi, addizionali regionale e comunale, Irap).

L’imposta sostitutiva è ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività ed in presenza di determinati requisiti.

Fatta questa breve analisi, in queste settimane si è ampiamente discusso se sia il caso di sopprimere tale regime agevolato o attuare un ampliamento, così come previsto dalle legge di bilancio del 2019.

Prevedeva, un’estensione del forfettario, con aliquota al 20% per lo scaglione di ricavi dai 65.001 fino a 100.000 euro. Tale estensione è stata abolita dalla legge di bilancio 2020, mantenendo il regime forfettario per i ricavi fino a 65.000 euro e rimandando la discussione ai giorni nostri.

Il Mef, d’altronde, sta lavorando ad una riforma organica della tassazione rendendo il fisco snello e al passo con i tempi, da qui come non parlare, anche, di regime forfettario. La preoccupazione per le Partite Iva riguarda le dichiarazioni rilasciate dalla Direttrice generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, che così ha sentenziato “La sottrazione alla progressività dell’imposta è assai discutibile sul piano dell’equità orizzontale, considerando che soggetti che percepiscono redditi dello stesso ammontare e di altra natura, quali lavoro dipendente o pensione, subiscono un livello di tassazione superiore”. Da qui la proposta: “Qualora si volesse salvaguardare la semplificazione degli adempimenti prevista – ha aggiunto Lapecorella –  un disegno coerente dell’imposta dovrebbe suggerire, anche in questo caso, di fissare l’aliquota dell’imposta sostitutiva al livello della prima aliquota dell’Irpef in luogo dell’attuale aliquota pari al 15%”. Quindi portarla dal 15% al 23%.

I rilevi della dirigente del Mef però non sono isolati, prima di lei altri organismi tecnici si erano già espressi a favore di una revisione del sistema nel complesso, giudicato non equo e con confacente con il sistema progressivo della nostra fiscalità, senza penalizzare le semplificazione per le partite iva.

Ma a rassicurare le partite iva, spegnendo le preoccupazione di una maggiore tassazione, nella figura della sottosegretaria all’Economia, Maria Cecilia Guerra, intervenuta sul tema oggetto di diatriba dichiarando “La professoressa Lapecorella non ha suggerito delle linee di intervento, limitandosi a valutazioni che attengono alla minore o maggiore efficacia di alcune forma di prelievo e immaginando possibili forme evolutive di alcuni regimi di tassazione”.

La sottosegretaria all’ipotesi di un incremento di aliquota dal 15% al 23%, così come paventavo dai tecnici del Mef, ha recentemente dichiarato che “La suddetta ipotesi di incremento non rappresenta una proposta di lavoro in questo momento”.

Semplici valutazioni e non linee di intervento, dunque, per le partite iva che optano per il regime forfettario non si attendono novità, tranne che per l’obbligo della fatturazione elettronica. La Corte dei Conti suggerisce di renderla obbligatoria, al fine di rendere più efficace la lotta all’evasione fiscale e per agevolare la compilazione automatica delle dichiarazioni fiscali.