“Numerosi sono i fatti obiettivi che documentano come la situazione dei diritti civili in Egitto sia ampiamente compromessa”. A scriverlo i giudici della prima Corte d’Assise di Roma nell’ordinanza con cui danno il via libera all’acquisizione di una serie di verbali di testimoni egiziani sentiti sul caso Regeni e che per paura di ritorsioni non potranno essere ascoltati nel processo. In tema di diritti civili i giudici citano rapporti di Ong, Amnesty International’ e Human Rights Watch del 2024, così come pronunciamenti del Parlamento europeo e dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Viene citata anche la “scheda 2024 del ministero degli Esteri italiano che conclude nel senso che ‘l’Egitto è un Paese sicuro. Si ritengono, tuttavia, necessarie eccezioni per gli oppositori politici, i dissidenti, gli attivisti e i difensori dei diritti umani o per coloro che possono ricadere nei motivi di persecuzione, vale a dire per motivi di opinione politica …. indipendentemente dal fatto che il richiedente abbia tradotto tale opinione, pensiero o convinzione in atti concreti”. Nel provvedimento i magistrati aggiungono che “tutte le fonti citate pur da prospettive diverse e con fonti differenziate, concordano nella conclusione che il Paese egiziano è connotato da significative violazioni dei diritti umani sulla base di segnalazioni credibili, che si traducono in ‘esecuzioni arbitrarie o illegali, comprese esecuzioni stragiudiziali, sparizioni forzate, tortura o trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti da parte del Governo, condizioni carcerarie dure e pericolose per la vita; arresti e detenzioni arbitrarie …motivate politicamente, ovvero in relazione al diritto alla vita si assume che ‘L”Egitto è uno dei Paesi nei quali si pratica la pena di morte e nel quale il numero delle esecuzioni è tra i più alti’. “Questo stesso processo – anche al di là della stretta vicenda investigata e della sorte di Regeni – , ha già offerto riscontri significativi su pratiche egiziane di sparizioni forzate improvvise e di condizioni di detenzione, anche per fatti che nel nostro ordinamento sarebbero frutto di normale espressione del pensiero, assai distanti dai principi consolidati di garanzia, libertà e del rispetto del diritto di difesa, oltreché della soggezione delle forze di polizia a controlli esterni indipendenti”. (AGI)