AGI – Avanti con il sì al referendum, nonostante l’impasse sulla legge elettorale. Il Partito Democratico difende la linea fin qui tenuta e con il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio, spiega che esiste ancora la possibilità di mettere in campo una riforma rispettosa del dettato costituzionale.
Dopo aver ricordato il patto fra tutte le forze di maggioranza sottoscritto a dicembre e che prevede un sistema elettorale proporzionale con soglia di sbarramento nazionale al 5%, Delrio sottolinea che quello stesso accordo prevedeva altri interventi finalizzati ad assicurare la rappresentatività territoriale e politica anche dopo il taglio dei parlamentari: “In Senato sono in discussione, ed entro il 20 settembre potranno andare in Aula, l’allineamento elettorale attivo (18 anni) e passivo (25 anni) del Senato a quello della Camera. Anche la modifica della base regionale per elezione Senato per superare i problemi di rappresentanza delle minoranze nelle regioni più piccole potrà essere calendarizzato alla Camera entro il 20 settembre”, spiega Delrio: “Vi è inoltre in esame alla Camera in questi giorni anche la riduzione di un terzo dei delegati regionali nella platea degli elettori del Presidente della Repubblica per rispettare le proporzioni tradizionali”. Da qui il richiamo alla “coerenza”, vera parola chiave del Pd in questo momento.
Nel partito non mancano le voci critiche, tanto che la prossima settimana dovrebbe tenersi una direzione ad hoc per fare il punto sulla linea da tenere. Matteo Orfini, uno dei più critici nei confronti della segreteria Zingaretti, si richiama all’insegnamento della scuola politica del Pci, quando si diceva che le vicende istituzionali non andavano confuse con quelle politiche e di partito. Da qui l’appello di Orfini a votare per il No al taglio dei parlamentari: “Un taglio secco del numero dei parlamentari, inserito in un sistema elettorale maggioritario come quello di oggi, rischia di dare pieni poteri a una maggioranza relativa. Senza contare che si creerebbe il terribile vulnus di togliere rappresentanza a interi territori”, spiega Orfini per il quale è stato il M5s a “violare i patti”. “Di conseguenza – tira le conclusioni Orfini – se siamo un partito serio, non possiamo che votare No al referendum. E si decida presto, visto che finora non si è avuto il bene di convocare gli organismi dirigenti”.
Ad Orfini risponde il responsabile Lavoro del Pd, Marco Miccoli, ricordando la posizione di Orfini – allora presidente del partito – in occasione occasione del referendum sulla riforma Renzi-Boschi: “Al di là del merito, che discuteremo in direzione dove esporrò la mia posizione, è sul metodo che vorrei capire come ci si comporta in un partito. Come Orfini nel 2016 o come Orfini nel 2020? Frattocchie (la scuola politica del Pci a cui aveva fatto riferimento Orfini, ndr.) vale a corrente alternata?”. Al partito del No al referendum, oltre ad Orfini, si iscrivono altri dirigenti come il senatore Tommaso Nannicini e il sindaco di Bergamo Giorgio Gori.
Nel complesso, tuttavia, le aree con il maggior peso nel partito, da Areadem a Base Riformista, rimangono sulla linea del Sì. Tanto che anche il capogruppo dem al Senato, l’ex renziano Andrea Marcucci, annuncia il suo Sì sebbene accompagnato da non pochi dubbi e con l’auspicio che, sul voto, si contempli la libertà di coscienza: “Il taglio lineare dei parlamentari non è un’eresia e neanche una cura. Voterò sì al referendum confermativo perché questo tema è frutto di un accordo sottoscritto per formare il nuovo governo, un accordo di cui tutti erano consapevoli, ma per il mio sì non ricorrerò alla gran cassa”.
Infatti, per Marcucci, “essere arrivati al referendum senza aver ancora approvato i correttivi richiesti è indubbiamente un limite fortissimo. Sono certo però che tutti i partiti di maggioranza daranno il loro voto positivo alle modifiche regolamentari, alla legge elettorale e ai nuovi equilibri costituzionali. Apprezzo il dibattito che si è aperto soprattutto dentro il Pd e ritengo scontato che il partito contempli anche la libertà di coscienza per il voto”.
Vedi: Referendum: dubbi nel Pd, ma regge la linea del Sì
Fonte: politica agi