È dedicata a Dino Buzzati – del quale, nel 2022, sono stati celebrati i cinquanta anni dalla scomparsa, avvenuta a Milano il 28 gennaio 1972 – la puntata di “L’altro ‘900”, in onda lunedì 7 agosto alle 22.30 su Rai 5 per “Sciarada, il circolo delle parole”. Un’opera, quella di Buzzati, “interamente incentrata sulla morte”, come specifica Lorenzo Viganò, massimo esperto e biografo di Buzzati. Ne dà conto il percorso del filmato punteggiato da brani letti dall’attore Alessio Vassallo tratti da “Il Deserto dei Tartari” (1940), il capolavoro buzzatiano, da “Un amore” (1963), romanzo innovativo e “scandaloso”, dai “Sessanta racconti” (1958 – premio Strega), dal libro d’esordio “Bàrnabo delle montagne” (1933) e dalla favola immaginifica e ambientalista “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” (1954), divenuta di recente film grazie all’artista Lorenzo Mattotti, ospite del programma.
Chiave della puntata è quella visiva di luce e ombra, che definisce l’opera multiforme di Buzzati, a partire dalla formazione e dall’impronta della famiglia, della madre soprattutto: le letture giovanili (Zweig, Kafka, Mann, von Hoffmansthal), l’interesse per i misteri dell’antico Egitto e il mondo orfico, condiviso con l’amico Illa, gli studi di musica e la pratica degli sport della montagna, tutti elementi che ci portano a definire i molti talenti di Dino Buzzati.
Ma è l’approdo al Corriere nel periodo della laurea che salda profondamente il rapporto di Buzzati con la scrittura: la gavetta dei primi anni, poi la cronaca nera affrontata con passo perfetto e degno di alta letteratura, gli elzeviri. Una vita non sempre facile nelle stanze di via Solferino quella di Dino Buzzati, nato a San Pellegrino, nel Bellunese, il 16 ottobre 1906, ma milanese per educazione e formazione.
E di sicuro una vita scontornata da un forte sentimento di solitudine, come puntualizza lo scrittore Marco Missiroli. Solitario il suo Drogo, nella forteza Bastiani affacciata sul Deserto dei Tartari; solitario l’architetto Dorigo, ossessionato dall’amore malato per la giovanissima e perversa Laide; solitarie e misteriose le montagne che nell’iconografia di Buzzati pittore si assimilano alle guglie del Duomo meneghino.
Mistero, visività immaginifica, passione per il mondo orfico, ma anche Dolomiti popolate da presenze fiabesche rintracciate nel mondo animale e vegetale: il pittore, l’illustratore, lo scenografo, il librettista, il musicista, il cronista, lo scrittore Buzzati si nutre di questa materia multiforme per il suo periplo intorno alla morte in un intreccio indistricabile tra biografia personale e arte. (AGI)
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