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Quirinale: Mattarella in Giappone dal 3 al 9 marzo

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Sergio Mattarella volerà dal 3 al 9 marzo in Giappone: quarta potenza economica del mondo, toccata da qualsiasi cambiamento di registro si verifichi nel Pacifico e nel Mar Cinese. Paese, inoltre, membro del G7 la cui economia è orientata in modo particolare alle esportazioni. Facile immaginare con quanto interesse a Tokyo si segua l’evoluzione della politica commerciale internazionale.
Era dal 2009 che un Presidente italiano si recava al Palazzo Imperiale, seguendo un cerimoniale immutevole e delicatamente rigido. Il programma vede un arrivo a Tokyo, colloqui con l’Imperatore Naruhito – rigidamente al chiuso – e un intervento alla Confindustria locale. Quindi incontro con il premier Ishiba, trasferimento a Kyoto e ultima tappa a Hiroshima, dove Mattarella avrà un incontro con l’associazione dei sopravvissuti alla bomba atomica del 1945. Una associazione premiata lo scorso anno con il Nobel per la Pace. Vista da Roma, la visita ha il sapore della chiusura di un ciclo in cui si è prestata la dovuta attenzione al rafforzamento dei legami – diplomatici come economici – e che adesso diviene propedeutico ad un nuovo rilancio, come testimonia il business forum che dovrebbe tenersi a Roma alla fine della primavera. La presenza italiana in Giappone, peraltro, è assicurata da 150 imprese, mentre sono più del doppio i brand giapponesi che agiscono nella Penisola. Potenze commerciali ed esportatrici, Italia e Giappone stanno individuando settori di interscambio che vadano oltre il tradizionale: al design e all’agroalimentare ora si guarda addirittura alla tecnologia avanzata, un settore sempre in espansione ben rappresentato dal progetto Gcap per la realizzazione di un cacciabombardiere di sesta generazione. Partecipa all’impresa, oltre a Italia e Giappone, anche il Regno Unito.
Non è prevista la firma di protocolli o memorandum nel corso della visita. Il rilancio però si baserà in grande misura sul detto e il non detto dei colloqui, che inevitabilmente non potranno che essere influenzati dalla svolta protezionista decisa dagli Stati Uniti di Donald Trump. Economie simili, in questo frangente, significa rischi simili. Un approccio comune sarà, probabilmente, parte essenziale della nuova fase di relazioni economiche.(AGI)