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Quel 'campo largo' del Centrosinistra che seduce anche i liberal

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AGI – Il giorno dopo le elezioni nei Comuni è corsa al Partito Democratico. Dal Movimento 5 Stelle a Italia Viva, passando per Azione di Carlo Calenda sono in molti a mettersi in fila per salire sul pullman del ‘campo largo’ di cui il segretario Enrico Letta è ormai considerato il federatore.

Le scaramucce della campagna elettorale, a leggere i commenti e gli appelli dei leader, sembrano già alle spalle. Carlo Calenda, ad esempio, mette da parte i toni bellicosi con cui invitava Letta a prendere metaforicamente “a pedate nelle chiappe” la sardina Mattia Santori (risultato il più votato nelle liste Pd a Bologna) o se la prendeva con il leader dem per aver scelto la strada delle primarie. Tutto alle spalle.

La crisi di gennaio ha salvato l’Italia ma ha salvato anche il Pd

Oggi il leader di Azione interviene su Twitter con un grafico che riporta i risultati del voto nei comuni con popolazione superiore agli 80 mila abitanti e in cui spicca il 9,3 per cento conquistato da Italia Viva, +Europa e Azione, riunite sotto la denominazione di Liberali. “Io credo che al netto di Roma sia arrivato il momento per il Pd di fare una scelta riformista e abbandonare i 5S al loro destino. Vale anche per coloro che davvero si richiamano ai valori dei popolari europei e che non vogliono morire sovranisti. Avanti!”, scrive Calenda.

A guardare il grafico proposto dall’ex ministro dello Sviluppo Econmico dei Governi Renzi e Gentiloni, però, i risultati delle liste M5s, di quelle di sinistra e di centrosinistra appaiono più consistenti: la società che ha prodotto il grafico, sondaggi BiDiMedia, assegna infatti un 10,2 per cento alle liste civiche di centrosinistra, 8,1 ai Cinque Stelle (da soli), 3,2 alle civiche Cinque Stelle, 2,4 a Sinistra Italiana, 2,0 a Europa Verde, 1,9 ad altri di centrosinistra.

Ancor più accorato l’appello di Matteo Renzi che, nella sua Enews, rivendica di aver “salvato il Pd”. Scrive Renzi: “Il Pd liberato dall’abbraccio dei Cinque Stelle vince. Altro che Conte o morte. Se il Pd è riformista se la gioca, se il Pd insegue i populisti perde”. Quindi, la conclusione: “La crisi di gennaio ha salvato l’Italia ma ha salvato anche il Pd”.

C’è un grande spazio politico con cui è prioritario dialogare

Sembrano lontanissime le primarie di Bologna, con i renziani a sostegno di Isabella Conti e contro il candidato del segertario dem, Matteo Lepore o il tira e molla sul sostegno di Italia Viva a Letta per le suppletive di Siena. “Se ieri era difficile un accordo, oggi è improbabile” diceva il capogruppo in Consiglio regionale di Italia Viva Stefano Scaramelli: “Se sono disponibili a ritirare il nome di Letta io personalmente non avrei problemi a scegliere un candidato insieme al Pd”, aggiungeva.

Fatto sta che anche il senatore dem Andrea Marcucci, amico di lunga data di Matteo Renzi, indica nei liberaldemocratici “l’area di evoluzione più naturale del centrosinistra. Lo straordinario risultato romano di Carlo Calenda”, aggiunge Marcucci, “conferma che c’è un grande spazio politico con cui è prioritario dialogare”.

Da una parte i liberaldemocratici, dall’altra il Movimento 5 Stelle. Il presidente della Camera, Roberto Fico, esprime tutta la sua soddisfazione per la vittoria di Napoli, con l’elezione di Gaetano Manfredi che sembra spingere il Movimento a proseguire sulla strada delle alleanze con il Pd, guardando alle politiche del 2023: “Alla vittoria politica qui a Napoli deve corrispondere una vittoria del buon governo e della buona amministrazione.

È su questo che costruiremo in modo più saldo il campo largo nazionale per il 2023. Con il Pd e con chi condivide i valori ambientali, la transizione ecologica, la difesa dei diritti umani”, spiega in una intervista il presidente della Camera. Quello di cui nel Movimento non si parla volentieri è il ‘caso Roma’: Virginia Raggi si è ricandidata senza attendere che si formalizzasse un accordo con il Pd. Anzi, in aperto dissenso con la linea di alleanze con chi, durante il suo mandato in Campidoglio, ha condotto una opposizione dura e pura contro la sua giunta: “Il Pd non è cambiato, con Gualtieri ci sono ancora gli accoltellatori di Ignazio Marino”, accusava Raggi che, pure, di Marino è stata la spina nel fianco da capogruppo M5s in Aula Giulio Cesare.

Il Pd, per i Cinque Stelle e per Conte in particolare, potrebbe rappresentare un rifugio in attesa di ripartire dopo quella che Chiara Appendino chiama “la fine della fase espansiva” del Movimento. Raggi, e con lei alcuni esponenti ed ex esponenti (come Alessandro Di Battista), potrebbe scegliere strade diverse se in plancia di comando dovesse rimanere Giusepe Conte.

Di sicuro, la sindaca uscente farà pesare il suo ruolo nel Comitato di Garanzia M5s, dove e’ stata eletta pochi giorni fa assieme allo stesso Roberto Fico e a Luigi Di Maio. Non è detto, tuttavia, che Enrico Letta debba per forza scegliere tra liberal e Cinque Stelle. nelle dichiarazioni fatte subito dopo la certificazione della vittoria, il leader dem parlava di allargamento tout court, prefigurando un dialogo anche con forze presenti al di là del campo di centrosinistra.

E se con il M5s la “convergenza è naturale”, Letta guarda anche alla sua destra: “A Calenda parlerò di futuro, perché le nostre strade dovranno convergere”, spiega il segretario: “Il mio compito è di convincere tante persone a stare insieme, con sfumature differenti, ma l’unità e la convergenza è l’unico modo per una coalizione progressista che sia vincente e Carlo Calenda è un interlocutore”.

Parole benedette anche dal padre nobile del pd, Romano Prodi: “Parole perfette, io vinsi quando allargai la coalizione”, dice il Professore che, sui passaggi di questo allargamento, aggiunge: “Oggi sono mutati i rapporti di forza, cioè non è più il problema di una alleanza tra uguali, ma e’ un problema, di alleanza o meno, tra due partiti che hanno ormai una differenza enorme. I Cinque Stelle al nord sta scomparendo e quindi la responsabilità del Partito Democratico nei rapporti con il M5s e’ completamente diversa da quella che era ieri”. Un Pd che, secondo l’ex premier, e’ “ora un perno, e adesso il rapporto con il M5s puo’ essere portato avanti in modo completamente diverso. E’ tutto un altro rapporto oggi”.

Source: agi


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