AGI – Quattro milioni di api morte in soli due giorni, inspiegabilmente, almeno per adesso, in una fascia di territorio di circa 6 chilometri, tra le località bresciane di Villagana e Bompensiero, frazioni di Villachiara, Acqualunga (frazione di Borgo San Giacomo), e i comuni cremonesi di Azzanello e Genivolta.
La Coldiretti Brescia parla di una vera e propria catastrofe, vista l’importanza delle api, questi insetti impollinatori così rilevanti per la biodiversità e la produzione di alimenti di origine vegetale. Raccolgono ciò che serve per l’alveare, come il polline, l’acqua e il nettare, trasformano il nettare in miele e producono pappa reale, oltre a prodotti secondari come propoli e cera.
Cosa ha provocato tutto questo ancora non si sa. A tentare di fare luce su questa strana e repentina moria di api, che ha colpito 130 famiglie, sarà il Corpo Forestale e l’Ats di Brescia e Cremona, che hanno prelevato campioni di api e di miele.
Resta nel frattempo la preoccupazione degli apicoltori che in quelle zone sono particolarmente attivi. La provincia di Brescia, conta circa 119 imprese, per un totale di circa 30 mila alveari, custoditi da oltre 1.000 appassionati, che producono oltre 300mila tonnellate di miele, propoli, cera e derivati.
Quanto accaduto tra Brescia e Cremona non è comunque un fatto inedito. Secondo una rete di ricerca internazionale, coordinata dall’Istituto di apicoltura dell’Università di Berna, la morte in massa di api in Europa è un problema grave e in aumento di anno in anno. I dati disponibili evidenziano infatti un aumento dal 5% – 10% al 25% – 40% nelle morti invernali delle api e crescenti morie durante il periodo primavera-estate. Una specie su dieci di api e farfalle europee è minacciata di estinzione e una specie su tre vede la propria popolazione in declino.
Delle cifre allarmanti se si pensa che quasi il 90% delle piante selvatiche da fiore ha bisogno di impollinatori per riprodursi: api, vespe, farfalle, coccinelle, ragni, rettili, uccelli. Da sapere che nel processo di produzione alimentare, oltre il 75% delle principali colture agrarie beneficia dell’impollinazione, operata da decine di migliaia di specie animali, almeno 16 mila tra gli insetti.
In particolare, in Lombardia sono presenti circa 160 mila alveari, custoditi da oltre 6000 appassionati tra professionisti e hobbisti. In generale, una singola ape visita in media circa 7.000 fiori al giorno e ci vogliono 4 milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api; tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni, secondo la Fao.
In Italia, esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Nelle campagne italiane ci sono 1,5 milioni gli alveari curati da sessantamila apicoltori di cui circa due terzi produce per autoconsumo.
Vedi: Quattro milioni di api morte tra Brescia e Cremona, sul fenomeno indaga la Forestale
Fonte: cronaca agi