Ogni procedimento di condono non può che valutarsi rispetto alla disciplina cui afferisce la domanda, senza che sia evocabile alcuna automatica estensione di altre distinte e diverse successive discipline, ancorché afferenti in astratto al medesimo istituto del condono
L’attuale normativa edilizia (il d.P.R. n. 380/2001, c.d. Testo Unico Edilizia) limita le possibilità di sanatoria agli abusi di tipo formale sui quali è possibile dimostrare la doppia conformità dell’intervento. Altro capitolo riguarda la sanzione alternativa alla demolizione che in un solo caso (art. 38 del TUE, Interventi eseguiti in base a permesso annullato) comporta gli stessi effetti del permesso di costruire in sanatoria (art. 36 del TUE).
Condono edilizio: 3 leggi e 3 finestre temporali
Procedure ordinarie a parte, in Italia sono state pubblicate 3 leggi speciali che hanno consentito, su richiesta dell’interessato, la concessione o l’autorizzazione in sanatoria di costruzioni e di altre opere eseguite:
senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse;
in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o amministrativa.
Stiamo parlando delle seguenti norme:
la Legge 28 febbraio 1985, n. 47, utilizzabile sulle opere ultimate entro l’1 ottobre 1983 (art. 31) e con istanza presentata al Comune entro il termine del 30 novembre 1985 (art. 35) successivamente prorogata;
la Legge 23 dicembre 1994, n. 724 che ha riaperto il condono alle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi (disposizioni applicabili anche alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria);
la Legge 24 novembre 2003, n. 326 che ha nuovamente riaperto il condono alle opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi (applicabile alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi).
Condono edilizio: interviene la Cassazione
Sull’utilizzo del condono ai sensi di una delle tre possibilità offerte dalla normativa nel corso degli anni, si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza 18 dicembre 2023, n. 50318 che ha chiarito un importante aspetto.
Nel caso di specie viene presentato ricorso per l’annullamento di un’ordinanza del tribunale che aveva rigettato l’istanza di revoca di un ordine di demolizione emesso a seguito di revoca di una richiesta di condono edilizio avanzata ai sensi della Legge n. 47/1985 (primo condono edilizio).
La richiesta era stata rigettata sul rilievo che l’opera non sarebbe stata ultimata al rustico (ossia con struttura tamponata esternamente e solaio di copertura) alla data di ultimazione prevista dalla legge cui afferirebbe la domanda di sanatoria. Secondo il ricorrente, però, il termine per l’avanzata richiesta di condono sarebbe stato procrastinato in avanti con leggi successive a quella del 1985.
Tesi rigettata dalla Cassazione per la quale ogni procedimento di condono non può che valutarsi rispetto alla disciplina cui afferisce la domanda, la quale appare allo stato degli atti quella di cui al cd. primo condono ex Legge n. 47/1985, senza che sia evocabile alcuna automatica estensione – non prevista – di altre distinte e diverse successive discipline, ancorché afferenti in astratto al medesimo istituto del condono.
Secondo gli ermellini, a ulteriore conferma della autonomia delle domande inerenti le tre diverse discipline di condono ad oggi intervenute, è sufficiente rimarcare, il principio di tipicità degli atti e procedimenti amministrativi, che impone una correlazione tra domanda, relativa disciplina e decisione finale.
L’autonomia funzionale dei 3 condoni edilizi
A sostegno poi della esclusione, per la domanda in questione, della diversa disciplina del cd. terzo condono evocata dalla difesa per portare “in avanti” il termine ultimo di completamento al rustico previsto con la prima disciplina di condono del 1985, la Cassazione sottolinea che l’art. 32, comma 32 del D.L. n. 269/2003, convertito con modificazioni nella predetta Legge n. 326/2003, stabilisce che “la domanda relativa alla definizione dell’illecito edilizio, con l’attestazione del pagamento dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, è presentata al Comune competente, a pena di decadenza, tra l’11 novembre 2004 e il 10 dicembre 2004, unitamente alla dichiarazione di cui al modello allegato e alla documentazione di cui al comma 35”. Espressione questa, che, all’evidenza, sancisce una chiara autonoma connotazione – sia temporale che per requisiti – della domanda diretta ad ottenere il condono di cui alla predetta ultima disciplina del 2003.
Relativamente all’autonomia della domanda funzionale al terzo condono edilizio, rileva anche il contenuto del comma 15, art. 32 del citato D.L. n. 269/2003, che disciplina specificamente anche l’autonoma istanza di condono avanzata su area dello Stato, a mente del quale:
“La domanda del soggetto legittimato volta ad ottenere la disponibilità dello Stato alla cessione dell’area appartenente al patrimonio disponibile ovvero il riconoscimento al diritto al mantenimento dell’opera sul suolo appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato deve essere presentata, tra l’11 novembre 2004 e il 10 dicembre 2004, alla filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dell’attestazione del pagamento all’erario della somma dovuta a titolo di indennità per l’occupazione pregressa delle aree, determinata applicando i parametri di cui alla allegata Tabella A, per anno di occupazione, per un periodo comunque non superiore alla prescrizione quinquennale. A tale domanda deve essere allegata, in copia, la documentazione relativa all’illecito edilizio di cui ai commi 32 e 35. Entro il 30 aprile 2005, inoltre, deve essere allegata copia della denuncia in catasto dell’immobile e del relativo frazionamento”.
Terzo condono edilizio: i requisiti
La Cassazione, nella sua disamina, conferma anche l’inutilità (ai fini della richiesta di annullamento) della citazione dell’art. 32, comma 25 secondo cui:
“Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall’articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi”.
Questa disposizione si limita a stabilire la disciplina applicabile per il nuovo condono (terzo), richiamando la disciplina ritenuta utile e già dettata per i precedenti due condoni (anche con progressive modificazioni), da considerarsi ovviamente nel quadro delle ulteriori peculiari condizioni fissate nello stesso art. 32 per la nuova disciplina.
Circostanza che, di converso, lascia comprendere come rispetto ai due precedenti condoni rimangono inalterate e soprattutto immutate le previsioni tipicamente dettate per ciascuno di essi, a conferma della autonomia di ciascun condono, delle relative domande, dei requisiti e decisioni finali.
In tal senso depone anche il combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art. 32 citato, per cui:
“1. Al fine di pervenire alla regolarizzazione del settore è consentito, in conseguenza del condono di cui al presente articolo, il rilascio del titolo abilitativo edilizia in sanatoria delle opere esistenti non conformi alla disciplina vigente.
3. Le condizioni, i limiti e le modalità del rilascio del predetto titolo abilitativo sono stabilite dal presente articolo e dalle normative regionali”.
Si tratta di disposizioni che lasciano chiaramente intendere il riferimento ad un nuovo autonomo istituto, quello del cd. “terzo condono”, connotato di proprie ” condizioni, i limiti e le modalità del rilascio.
In definitiva, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Fonte: https://www.lavoripubblici.it/