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Vladimir Putin riscrive le linee della politica estera russa, revocando un decreto del 2012 che sollecitava lo sviluppo di buone relazioni con l’Ue, gli Usa e la Nato e prometteva tra l’altro di collaborare a una soluzione del problema della Transnistria nel «rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale» della Moldavia.
Contemporaneamente, con la visita dell’inviato cinese Wang Yi in Russia, Mosca rilancia l’asse strategico con Pechino, che ribadisce la sua intenzione di mediare una soluzione politica al conflitto ucraino.
L’intervento di Putin nella ridefinizione della politica estera è conseguente ai «profondi cambiamenti nelle relazioni internazionali», si spiega nel sito del Cremlino. A rileggere le istruzioni che il leader russo dava ai suoi diplomatici 11 anni fa sembra di vivere in un altro mondo.
Tra le aspirazioni di Putin c’era tra l’altro la creazione con l’Unione europea di «un unico spazio economico e umano dall’Atlantico all’Oceano Pacifico» e lo sviluppo delle «relazioni con la Nato». Ma anche, appunto, il riconoscimento dell’integrità territoriale moldava, messa in discussione dai separatisti filorussi della Transnistria, una fascia di territorio lungo il confine con l’Ucraina che ospita un contingente di circa 1’500 soldati di Mosca.
La revoca di questa parte delle linee guida è destinato ad aumentare le tensioni con la Moldavia, la cui presidente, l’europeista Maia Sandu, ha accusato recentemente la Russia di preparare un colpo di Stato a Chisinau per portare il Paese nella sua orbita, aprendo così un nuovo fronte ai confini dell’Ucraina.
Putin del resto oggi è tornato a spiegare l’intervento in Ucraina come una battaglia «ai nostri confini storici, per la nostra gente». Il presidente ha pronunciato queste parole per infiammare i russi accorsi allo stadio Lushniki di Mosca per un concerto patriottico per la festa dei Difensori della patria, cioè le forze armate.
Un tripudio di bandiere e canzoni contro il governo ucraino alle quali, secondo le stime ufficiali, avrebbero partecipato 200’000 persone, nonostante la temperatura intorno ai 15 gradi sotto lo zero. Un dato difficile da verificare, così come la spontaneità della partecipazione, viste le capacità organizzative delle autorità che hanno convogliato verso lo stadio a bordo di autobus molti dipendenti dello Stato.
L’incontro con Wang Yi
Prima di recarsi allo stadio, Putin ha incontrato Wang, il capo della diplomazia del Partito comunista cinese, inviato a Mosca dal presidente Xi Jinping con una proposta di mediazione sul conflitto ucraino. Al presidente russo, che ha detto di attendere una visita di Xi a Mosca, Wang ha espresso «apprezzamento» per quella che ha definito la volontà della Russia di «risolvere la questione dell’Ucraina attraverso il dialogo e il negoziato», e ha assicurato che la Cina svolgerà il ruolo di mediatore da «una posizione obiettiva ed equa». Ma allo stesso tempo le parti hanno ribadito l’intenzione di sviluppare la loro cooperazione strategica con l’obiettivo di costruire «un mondo multipolare in opposizione a ogni forma di comportamento unilaterale e prepotente». Vale a dire la politica dell’Occidente.
A questo proposito Pechino è tornata a stigmatizzare le accuse che le sono state indirizzate di voler armare Mosca. «Gli Stati Uniti e altri Paesi della Nato stanno diffondendo costantemente l’idea che la Cina possa fornire armi alla Russia, uno stratagemma che è stato usato e smontato all’inizio della crisi ucraina», ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin.
Le due camere del Parlamento russo hanno intanto approvato oggi a tempo di record e all’unanimità la sospensione del trattato New Start con gli Usa per la limitazione delle armi nucleari, annunciata ieri da Putin. Ma per la Russia, ha sottolineato il vice ministro degli Esteri Serghei Ryabkov, una guerra atomica rimane «inammissibile».
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