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Processo Vaticano: difesa mons.Carlino, accuse inconsistenti

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CdV, 21 nov. – “Sono accuse inconsistenti”, “che non hanno alcun fondamento”. “Chiedere la condanna di monsignor Carlino è davvero incomprensibile. L’accusa nei suoi confronti ha un significato oggettivamente mistificatorio: perché significa far credere che esisteva un nugolo di funzionari della Segreteria di Stato che poteva pilotare le cose, questa è un’immagine devastante per l’immagine stessa del Vaticano”. A parlare è l’avvocato Salvino Mondello, uno dei legali di monsignor Mauro Carlino, già segretario prima del sostituto della Segreteria di Stato Angelo Becciu, allora arcivescovo, e poi del suo successore monsignor Edgar Pena Parra, alla 78esima udienza del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato che ruota attorno alla compravendita di un immobile di lusso a Londra. La difesa chiede la assoluzione perché “il fatto non sussiste” e “per non aver commesso reato”.

Monsignor Carlino è accusato di estorsione e abuso di ufficio. Per l’accusa, ha ricordato Mondello, il sacerdote leccese – non presente in aula per motivi di salute – sarebbe colpevole di estorsione per “aver rafforzato il proposito criminoso di Gianluigi Torzi”, il broker, imputato, che ha costretto la Segreteria di Stato a pagargli 15 milioni di euro per recuperare il controllo del palazzo in Sloane Avenue 60 a Londra, “concorrendo moralmente con lui, per non averlo ostacolato”. Inoltre, per “aver assunto responsabilità come intermediario” nella trattativa della Segreteria di Stato con Torzi.
Entrambe, per Mondello, sarebbero “impostazioni viziate clamorosamente da errori giuridici”. Il vizio di fondo dell’accusa, per il difensore di Carlino, è il “non aver accertato una divergenza di interessi tra Torzi e Carlino”. Perché se Torzi era comunque determinato all’azione di rivalsa contro la Segreteria di Stato, l’opera di Carlino non è stata certo di concorso, e quindi non ha potuto né rafforzare l’azione del broker, né ostacolarla. Tutti in Segreteria di Stato, ha sostenuto il legale, “ritenevano i 15 milioni non dovuti, ma si sono trovato costretti a pagare per non rischiare danni economici maggiori”.
Sulle responsabilità di Carlino come intermediario, il legale ha sottolineato che era convinzione della Segreteria di Stato e del funzionario, un semplice officiale di settimo livello, che teneva l’agenda del sostituto, “che Torzi stesse operando illecitamente”. E che l’opera di intermediazione di Carlino è stata “nell’interesse esclusivo della vittima, come nei casi di sequestro di persona, quindi non c’è stato certo concorso nell’estorsione”. Oltretutto, ha ribadito Mondello, il segretario dell’arcivescovo Pena Parra era solo un “emissario, che agiva per conto della Segreteria di Stato, che si è inserito nella vicenda su incarico del sostituto, non motu proprio. E il suo fine non è stato mai il tornaconto personale”. “Non si può gabellare quella che è stata un’azione di Stato difficile, complessa, drammatica per un reato commesso da un funzionario di second’ordine”.

“Con quale coscienza si può affermare – ha continuato il legale di monsignor Carlino – che una persona che non ha tratto profitto né vantaggio, non fosse animata da un fine solidaristico? Qual era il concorrente interesse di Carlino rispetto a quello della Segreteria di Stato. Le parole del sostituto Pena Parra sono tombali per qualunque accusa a Carlino”. E anche il sequestro dei conti del sacerdote, per Mondello sarebbe uno sfregio, anche perché dimostrerebbe “che il concorrente di un reato contro il patrimonio non ha avuto vantaggi economici”. Il legale ha quindi sottolineato che i legali della Segreteria di Stato, che si è costituita parte civile, abbiano confermato che “Carlino era l’interfaccia del sostituto nella trattativa con Torzi” e che Pena Parra “non è mai stato ai margini e non informato”.
Mondello ha ricordato molti passaggi della testimonianza dell’arcivescovo venezuelano del 16 marzo 2023, nella quale il sostituto ha spiegato che Torzi non voleva più trattare con l’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, e quindi con monsignor Perlasca e Fabrizio Tirabassi (che è tra gli imputati), e quindi ha incaricato Carlino a trattare, quando si era già deciso di dare 20 milioni di euro al broker perché cedesse alla Santa Sede le sue mille azioni con diritto di voto e quindi il controllo del palazzo. Nella trattativa successiva, Carlino, secondo il suo legale, riesce a ridurre l’esborso della Segreteria di Stato a 15 milioni.
Nel corso dell’udienza, Pena Parra, ha detto Mondello, aveva sottolineato che monsignor Perlasca, “non si era comportato fedelmente, non solo per aver sottoscritto un contratto senza averne la procura, che con inganno poi la Segreteria di Stato era stata indotta a ratificare” e di aver eluso “le richieste di chiarimento del sostituto”. Così questo sceglie Carlino per la trattativa “perché aveva bisogno di una persona di fiducia”. E una prova, per il legale, è in una chat tra il sostituto e Pelasca del marzo 2019. Pena Parra “ricorda a Perlasca la sua proposta di non pagare Torzi e di fargli causa, e gli chiede di inviare un testo con i pro e i contro della soluzione legale. Una proposta che Perlasca non invierà mai”. Per Mondello quindi “non si può processare una trattativa”, anche perché la decisione drammatica di trattare con Torzi “l’ha presa il sostituto, e l’ha rivendicata, non si è mai tirato indietro”.