AGI – La campagna di scavi avviata nel 2017 a Civita Giuliana, l’area suburbana Nord di Pompei, riserva nuove sorprese.
Nella villa che ha già restitutito al mondo il carro da parata e per riti religiosi con finissime decorazioni di argento e bronzo, un unicum al mondo perché in perfetto stato di conservazione e sfuggito ai tombaroli che hanno scavato cunicoli intorno all’ambiente in cui era, forse preparandosi a portarlo via, spunta la stanza degli schiavi.
In questa villa, sigillata dalla cinerite frutto dell’eruzione pliniana del Vesuvio del 79 d.C., nel quartiere servile, era anche venuta nel 2018 alla luce una stalla con i resti di 3 equini, di uno dei quali è stato possibile realizzare il calco.
L’ambiente destinato agli addetti alla pulizia e alla manutenzione della villa, e anche probabilmente a occuparsi del carro e degli animali, offre uno spaccato rarissimo a detta degli archeologi della realtà quotidiana di chi vi viveva, grazie allo stato di conservazione eccezionale dell’ambiente e alla possibilità di realizzare calchi in gesso di letti e altri oggetti in materiali deperibili che hanno lasciato la loro impronta proprio nel materiale fine che ha coperto le strutture antiche.
Il rinvenimento è avvenuto non lontano dal portico dove a gennaio scorso fu scoperto il carro, ora al centro di interventi di consolidamento e restauro. La stanza presenta tre brandine in legno e una cassa, pure lignea, contenente oggetti in metallo e in tessuto che sembrano far parte dei finimenti dei cavalli. Inoltre, appoggiato su uno dei letti, è stato trovato un timone di un carro, di cui è stato effettuato un calco.
I letti, in questo ambiente di 16 metri quadrati, sono composti da poche assi lignee sommariamente lavorate che potevano essere assembrate a seconda dell’altezza di chi doveva usarli. Infatti, due hanno una lunghezza pari a 1,70 metri circa, mentre un letto misura appena 1,40 metri, per cui potrebbe essere di un ragazzo o di un bambino. La rete dei letti è formata da corde di cui le impronte sono parzialmente leggibili nella cinerite. Al di sopra di queste erano state messe coperte in tessuto, anch’esse giunte fino a noi come impronta nel terreno e restituite attraverso calchi.
Al di sotto delle brandine si trovavano pochi oggetti personali, tra cui anfore che forse servivano a mo’ di cassetti, brocche in ceramica e un vaso da notte.L’ambiente era illuminato da una piccola finestra in alto e non presentava decorazioni parietali. Oltre a fungere da dormitorio per un gruppo di schiavi, forse una famiglia come lascerebbe intuire la brandina più piccola, l’ambiente serviva anche da ripostiglio, come dimostrano otto anfore posizionate in angoli lasciati appositamente liberi.
Anche in questo ambiente, una parte del patrimonio archeologico è andato perduto a causa dei cunicoli scavati dai tombaroli che, in tutta la villa, hanno creato un danno complessivo che è stato stimato in quasi due milioni di euro.
“Ancora una volta uno scavo nato dall’esigenza di tutela e salvaguardia del patrimonio archeologico, grazie a una proficua collaborazione con la procura di Torre Annunziata retta da Nunzio Fragliasso, ci permette di aggiungere un ulteriore tassello alla conoscenza del mondo antico“, sottolinea Massimo Osanna, direttore generale dei Musei del Mic. “Pompei è la prova che quando l’Italia crede in sé stessa e lavora come una squadra raggiunge traguardi straordinari ammirati in tutto il mondo. Questa nuova incredibile scoperta a Pompei, modello di studio unico al mondo, dimostra che oggi il sito archeologico è diventato non soltanto una meta tra le più ambite al mondo, ma anche un luogo dove si fa ricerca e si sperimentano nuove tecnologie”, ribadisce il ministro della Cultura, Dario Franceschini.
Source: agi