Fu fatto passare come un provvedimento all’insegna della semplificazione burocratica. Ma la soppressione, decisa dal Consiglio dei ministri il 13 giugno del 2014 (governo Renzi), del Magistrato delle Acque di Venezia, l’organo che avrebbe dovuto verificare e supervisionare la costruzione delle cosiddette dighe mobili per la salvaguardia della città, fu anche la conseguenza inevitabile dell’inchiesta per corruzione avviata sui lavori del Mose.
Secondo la magistratura, che ottenne gli arresti degli ex presidenti dell’ente Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva, c’erano funzionari infedeli che, invece di controllare, prendevano soldi e altre utilità dal Consorzio Venezia Nuova, che era il concessionario dell’opera.
Nato nel 1500 e diventato poi, agli inizi del Novecento, un ufficio distaccato del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Mav, più in generale, aveva il compito di sovrintendere alla sicurezza idraulica nelle lagune di Venezia, Marano e Grado e, in alcune tratte, dei fiumi Tagliamento, Livenza e del torrente Judrio, nonché sull’operato del Consorzio Venezia Nuova, in stretta collaborazione con il Provveditorato Interregionale delle opere pubbliche.
Quei compiti, aveva previsto il Cdm, sarebbero passati per intero a partire dal primo ottobre del 2014 a un ufficio creato ‘ad hoc’ del Provveditorato Interregionale per i lavori pubblici di Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Un intervento più che altro di facciata, fu il commento della stampa dell’epoca, perché l’interim del Magistrato delle Acque, nell’agosto del 2013, era stato affidato all’ingegnere Roberto Daniele che contestualmente era stato nominato alla guida del Provveditorato. A lui successe, verso la fine del 2016, Roberto Linetti, ingegnere idraulico e dirigente di prima fascia del ministero delle Infrastrutture su nomina del ministro Del Rio.
Linetti, sentito il 12 settembre 2018 dalla Commissione Ambiente sullo stato di avanzamento delle opere e delle attività relative alla realizzazione del Mose, parlò di “cantieri fermi” in assenza di progettazioni e di “bassa produzione”: “Mancano circa 560 milioni di lavori da fare – disse un anno fa -, opere interamente finanziate, e un diagramma che va a zero è una anomalia che va assolutamente segnalata, anomalia che non puo’ essere solo dovuta a personale non capace e imprese che non hanno voglia. Ci sono molte difficoltà ma il commissariamento ormai dura da 4 anni”.
“Eppure – avvertì Linetti – i soldi ci sono. I finanziamenti statali in passato sono stati scaglionati, ma oggi ci sono tutti e sono anche superiori ai lavori da fare. I fondi disponibili ammontano a 1.047 milioni e bastano per terminare i lavori, rifare opere che si sono guastate o sono venute male e per avviare l’opera, oltre che per la manutenzione fino al primo anno di gestione. Le principali strutture sono già concluse, sono da terminare i lavori ambientali, di restauro e di impiantistica”. Andato in pensione il primo settembre scorso, Linetti potrebbe ritornare in corsa al Provveditorato come consulente per il Mose.
Nel frattempo, per legge si era stabilito che la nuova Città metropolitana di Venezia (insediata il 31 agosto 2015) assorbisse le funzioni e il personale dell’ex Magistrato alle acque “in materia di salvaguardia e risanamento della città di Venezia e dell’ambiente lagunare, di polizia lagunare e d’organizzazione della vigilanza lagunare, nonché di tutela dall’inquinamento delle acque”. Ma ora, passata la bufera giudiziaria, c’è chi, con una nuova amministrazione, auspica il ripristino del Magistrato delle Acque.
Vedi: Perché il governo Renzi soppresse il Magistrato delle Acque di Venezia
Fonte: cultura agi