AGI – “Più cibo italiano sulle tavole di tutto il mondo. L’effetto della pandemia, nei due anni tra 2020 e 2021, ha consentito all’agroalimentare made in Italy di incrementare la propria presenza meglio di quanto abbiano fatto molti avversari commerciali”. È quel che sottolinea l’incipit di un servizio del nuovo numero del settimanale economico del Gambero Rosso, “TreBicchieri”, dedicato all’agrifood. Nel ripensare all’incredibile blocco delle merci italiane alle fronitiere con l’esplosione della pandemia, nel 2020.
La testata calcola invece che il mondo abbia scelto proprio il made in Italy quale prodotto di qualità. Superstar delle esportazioni sono stati prodotti come la pasta, l’olio extravergine d’oliva, i formaggi, il vino, quest’ultimo definito come un “vero alfiere e protagonista” di una performance che lo ha portato a totalizzare bel oltre i 7 miliardi di euro.
Tant’è che la sesta edizione del forum Agrifood monitor promosso da Nomisma con Crif, sistemi di informazioni creditizie, parla addirittura di performance “sorprendente” per il settore dell’agroalimentare. Specie nel corso del 2021, che sara’ ricordato come “un anno straordinario per l’export italiano” secondo il giudizio di Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma, a suo avviso proprio “grazie ad una crescita che ha coinvolto tutti i prodotti, portando a incrementi della quota di mercato dell’Italia in molti mercati mondiali”.
Nel dettaglio, i dati dicono che il nostro Belpaese ha visto aumentare nel corso del 2021 e rispetto al 2019 il suo peso a valore all’interno dei più importanti Paesi importatori, passando da 15,4% a 16% in Svizzera, da 7,8% a 8,7% in Germania, da 8,3% a 8,7 % in Francia, da 5,6% a 6,3% in Uk, da 4,4% a 4,7% in Australia, dal 3,1% al 3,5% in Russia. Stabili gli Usa (3,5%) mentre si perde qualcosa nel rapporto con la Cina, che passa dal 2% all’1,9%, soprattutto perché i cinesi, che hanno incrementato l’import in periodo pandemico di oltre il 45%, hanno acquistato in prevalenza commodity agricole, che non rappresentano il core business italiano, fatto invece di prodotti trasformati e lavorati.
Ma passando dalla suddivisione percentuale ai dati assoluti, il quadro complessivo è questo: l’export agroalimentare nel 2021 ha raggiunto livelli record attestandosi sopra i 50 miliardi di euro (nel 2015 era poco sopra i 30 mld), grazie a una crescita a valore del 15% rispetto al 2019 e dell’11% sul 2020.
I prodotti che hanno fatto da traino sono stati vino, salumi e formaggi. Il vino si conferma il bene italiano in assoluto piu’ esportato, con una quota del 14% e un incremento a valore del 12,7% sul 2020 e del 10,3% sul 2019. Pertanto l’Italia, nell’agrifood, ha fatto meglio di altri importanti Paesi europei, come Francia e Germania, rimasti sotto il 10% (con crescite rispettive di +8% e +4%). Il nono posto, invece, l’Italia se lo aggiudica per valore dell’export agroalimentare mondiale, in una classifica che vede ai primi 5 posti gli Usa (148,6 mld), i Paesi Bassi (103,1%), il Brasile (83 mld), la Germania (75,4 mld) e la Francia (68,3 mld).
E tra 2019 e 2021 chi ha fatto meglio del Belpaese sono paesi come il Canada, il Brasile, gli Usa, cresciuti di oltre il 20%. Ora però si guarda con molta apprensione al fronte russo-ucraino e al conflitto in corso, anche perché se da un lato la performance dell’Italia è stata ottima, dall’altro abbiamo sì incrementato le esportazioni, tuttavia le imprese vedono ridursi i margini economici a causa dell’effetto dell’aumento dei costi, in prevalenza di quelli energetici, cresciuti di circa cinque volte.
Dichiara al settimanale economico del Gambero Rosso il presidente del Comitato scientifico di Nomisma ed europarlamentare Paolo De Castro, rispetto alla guerra in Ucraina: “Eventuali sanzioni nell’agroalimentare in Russia genereranno difficoltà sia dirette, come i blocchi sull’export, sia indirette, nel senso che quei Paesi che perderanno un’importante via di sbocco come la Russia riverseranno nei confini Ue i propri prodotti”.
In ogni caso, ora con la guerra in Ucraina si attendono conseguenze devastanti per tutti, soprattutto perché il conflitto arriva dopo due anni di una pandemia globale, che ha già messo alla prova la resistenza e le economie di tutti i Paesi.
Source: agi