“Il modello italiano è un buon esempio di come i proventi del crimine possono essere destinati alla riparazione del danno causato alle vittime e alla società; di come possano servire alla ricostruzione del bene comune” . Lo scrive Papa Francesco in un messaggio ai partecipanti al convegno sul tema promosso dall’Organizzazione contro le mafie “Libera” e ospitato alla Casina Pio IV in Vaticano. Il Pontefice sottolinea che il crimine organizzato “attenta al bene comune” e che “gli Stati, attraverso le loro istituzioni, non solo devono indagare” e giudicare la mafia, ma “anche collaborare tra loro per identificare i suoi beni e recuperarli”, e ciò per “rendere impossibile la prosecuzione” degli illeciti.
Francesco sottolinea che “dinanzi alla ferita che implica per la società la criminalità organizzata transnazionale”, deve esserci “la volontà politica di affrontare un problema mondiale con una reazione mondiale”, come ha indicato nella Convenzione Onu di Palermo del Duemila l’allora segretario generale Kofi Annan. “La criminalità organizzata, che si profila come un gruppo strutturato che si stabilizza nel tempo e agisce in modo congiunto per commettere reati” per avere dei benefici materiali o economici, e che avendo “carattere transazionale, abbraccia tutti i grandi traffici”, in pratica “attenta al bene comune”, a discapito di “milioni di uomini e donne che hanno diritto a vivere la propria vita e a crescere i propri figli con dignità e liberi dalla fame e dal timore della violenza, dell’oppressione o dell’ingiustizia”.
Inoltre approfitta delle persone socialmente emarginate che sono particolarmente vulnerabili alle sue attività. E per questo, per il Pontefice, “non è possibile né tollerabile dimenticare queste vittime” ed è solo tenendole presenti che “si può comprendere il danno provocato dalla criminalità organizzata”, valutando in che modo avere riguardo agli aspetti essenziali nel risolvere conflitti e trovare soluzioni pacifiche.(AGI)