CdV, 1 sett. – Papa Francesco sarà il primo Pontefice a recarsi in Mongolia, terra di grandi steppe e contrasti climatici e urbanistici. La comunita’ cattolica li’ conta circa 1.450 battezzati su circa 3,5 milioni di abitanti (il 2%). L’importanza della visita apostolica e’ naturalmente la sua dimensione geopolitica, in quanto il Paese asiatico confina con la Russia e la Cina.
Lo scorso anno il Pontefice ha creato il primo cardinale, il giovane missionario Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulan Bator. In altre occasioni, Francesco aveva espresso l’intenzione di visitare il Paese. E il desiderio di recarsi in Mongolia, Francesco lo ha manifestato anche durante l’Angelus di ieri, nel quale ha sottolineato che arrivera’ come “fratello di tutti”.
Si tratterà del 43esimo viaggio apostolico internazionale del pontificato. Marengo in diverse interviste in occasione del Concistoro del 2022 aveva parlato della vivacita’ del “piccolo gregge” di fedeli mongoli, della loro testimonianza silenziosa in uno spirito di fraternita’. Poco meno di duemila fedeli per una Chiesa, come quella cattolica, nata nel 1992 dopo settant’anni di regime comunista. I primi missionari inviati appartenevano alla Congregazione del Cuore Immacolato di Maria ed erano i padri Gilbert Sales, Robert Goessens e Wenceslao Padilla, che fu il responsabile della Missione sui iuris dal 1992, e poi il primo prefetto apostolico di Ulan Bator fino alla sua morte, nel 2018.
Nel 2003 sono arrivati i Missionari della Consolata, famiglia religiosa fondata dal beato Giuseppe Allamano nel 1901, concentratisi in particolare ad Arvaiheer, nella regione di Uvurkhangai. Al momento i missionari sono 77, tra sacerdoti, religiose e laici. Lo scorso anno hanno celebrato insieme a salesiani e altre piccole realta’ ecclesiali il 30 anniversario di presenza della Chiesa Cattolica in Mongolia e hanno celebrato una Messa sulla tomba di Padilla.
Il buddismo rimane la religione maggioritaria in Mongolia, sebbene, in seguito ai decenni di ateismo di Stato, oltre il 30% della popolazione si dichiari tuttora non religiosa. Un dualismo come tanti che segnano il tessuto sociale e religioso della Mongolia, tanto che il cardinale Marengo in una vecchia intervista parlava di “due Mongolie”, quella della capitale – evoluta, tecnologica, dallo stile di vita urbano e le costruzioni moderne – e poi “tutto il resto”, cioe’ i grandi villaggi di periferia, con gli allevamenti, le distese, le tradizioni antiche, ma anche la poverta’ (un terzo del totale della popolazione vive al di sotto della soglia di poverta’), l’isolamento, il vuoto.
Da non dimenticare, infine, la dimensione geopolitica di questo Paese di missione, confinante con la Russia e la Cina. “L’importanza e’ evidente, vuol dire che il Papa ha una attenzione particolare a quest’area del mondo e crede molto nella capacita’ dei popoli dell’Asia di convivere pacificamente, di trovare soluzioni non violente e sagge anche ai conflitti”, diceva Marengo a Vatican News e altri media in un incontro prima del Concistoro. “L’Asia – aggiungeva – e’ la culla delle grandi religioni del mondo, percio’ il tema del dialogo interreligioso, della convivenza pacifica, dell’aiuto reciproco tra esponenti di varie fedi e’ una realta’ di tutti i giorni. E’ prima una realta’ che una teoria, e quindi questo puo’ dire molto alla Chiesa e al mondo”.